Sangue cordonale: oltre 30mila i trapianti a livello mondiale
Sangue cordonale: oltre 30mila i trapianti a livello mondiale nello scorso anno, una testimonianza concreta della validità di questa tecnica per la cura di patologie importanti. Il trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale ormai è ben consolidato e mostra tassi di successo paragonabili all’espianto di midollo osseo da donatore vivente (ben più invasivo). Il trapianto di sangue cordonale ha alle spalle 25 anni di esperienza sul campo e si è dimostrato una valida fonte alternativa di cellule staminali: l’approvvigionamento di queste cellule è relativamente facile e non comporta rischi per madre e neonato, e inoltre grazie alla loro immaturità si prestano ad avere alti profili di istocompatibilità.
Un aspetto poco noto è che al momento il 57 per cento dei campioni è stato utilizzato per curare pazienti adulti; questo perché la versatilità delle staminali cordonali permette anche di usare più di un campione e avere quindi la quantità di cellule necessaria per curare gli adulti.
Secondo i dati dei Registri internazionali nel 59 per cento dei casi le staminali estratte da cordone sono state usate per curare leucemie acute, nel 20 per cento sindromi mielodisplastiche e mieloproliferative, nel 14 per cento linfomi; i rimanenti casi comprendono tumori solidi, patologie del midollo osseo, disordini autoimmuni e malattie rare. Sono attualmente 80 le malattie che possono beneficiare del trapianto di staminali cordonali.
Eppure nel nostro Paese quasi la totalità dei cordoni ombelicali viene buttata. “In Italia oltre il 95 per cento dei cordoni viene gettato come un rifiuto speciale, sprecando letteralmente un preziosissimo materiale biologico dalle enormi potenzialità terapeutiche”, sottolinea il prof. Francesco Zinno, dell’Università di Roma Tor Vergata. “È come gettare nel contenitore dei rifiuti ospedalieri un qualunque organo potenzialmente utilizzabile per un trapianto. Solo nel nostro Paese, ogni anno si ammalano di leucemia circa 5 bambini ogni 100.000 abitanti e i linfomi rappresentano il 15 per cento di tutti i tumori nei bambini di età compresa tra 0 e 14 anni. Questi piccoli pazienti potrebbero guarire grazie alla lungimiranza dei propri genitori o alla generosità di altri”.