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Latte, sette buoni motivi per non eliminarlo

Il consumo di latte degli italiani è in calo. Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI su un campione rappresentativo di 5.500  italiani solo il 41% degli italiani consuma latte tutti i giorni della settimana, con un calo di ben 14 punti percentuali, in quattro anni (si è passati dal 55% nel 2012 al 41% nel 2016).

Secondo Andrea Poli, Presidente di NFI Nutrition Foundation of Italy la spiegazione sta nella “scarsa conoscenza dell’alimento-latte e nella diffusione tra il grande pubblico di falsi miti sui possibili effetti negativi del consumo del latte sulla salute umana”.

Queste convinzioni emergono anche nello studio sul consumo di latte degli italiani. Il 25% degli intervistati ha dichiarato di aver eliminato o ridotto il consumo di  latte negli ultimi anni, indicando come motivazione di questa scelta: per il 47% la non digeribilità, per il 24% l’intolleranza, per il 16% il fatto che faccia ingrassare e per il 13% la sua componente iper proteica.

In sintesi il 41% degli italiani consuma latte quotidianamente, il 40% saltuariamente o mai e il 14% ritiene di soffrire d’intolleranza al lattosio.

Secondo Giuseppe Fatati – Presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio: “In questi ultimi anni è cresciuto il numero di pazienti che dichiara di soffrire di improbabili allergie e/o intolleranze. Ma è molto probabile che il dilagare di allarmismi infondati dipenda da uno scorretto metodo di informazione e diagnosi, che non può assolutamente essere quello del fai da te. Dati come questi, uniti alla tendenza sempre più evidente di ricorrere appunto all’autodiagnosi (la percentuale aumenta dal 5% nel 2010 al 25% nel 2016) evidenziano la necessità di affermare con forza il ruolo primario degli enti di riferimento affinché la diagnosi di reali patologie sia ricondotta al medico”.

Con l’intento di fare maggiore chiarezza sul ruolo del latte nell’alimentazione delle persone sane, nel corso di un simposio organizzato da NFI con la partecipazione di diverse  Società Scientifiche di ambito nutrizionale o clinico è stato elaborato un documento finale che fissa sette punti chiave

  1. Il latte vaccino è un alimento con caratteristiche nutrizionali peculiari e interessanti per il mantenimento di un buon equilibrio nutrizionale in tutte le età della vita e in condizioni fisiologiche specifiche, come la gravidanza e l’allattamento o durante l’allenamento per lo sportivo;
  2. Per il suo contenuto di calcio, il rapporto tra consumo di latte (o di prodotti della filiera) e massa ossea è determinante per tutto l’arco della vita, in particolare durante le prime fasi di crescita del bambino;
  3. Il latte vaccino, consumato secondo le indicazioni delle linee guida e nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata, è in grado di facilitare il raggiungimento degli obiettivi nutrizionali di alcuni macronutrienti (proteine) e micronutrienti (vitamine e minerali);
  4. Non esiste una connessione verificata tra il consumo di latte e il rischio di insorgenza di sovrappeso, obesità, diabete, o di sviluppo di malattie cardiovascolari.
  5. Le evidenze disponibili in letteratura scientifica suggeriscono che la larga maggioranza delle associazioni tra consumo di latte e salute sia favorevole;
  6. Non esistono attualmente motivi per bandire o limitare il consumo alimentare di latte, al di fuori delle condizioni di allergia alle proteine del latte (da affidare esclusivamente allo specialista) e delle intolleranze sintomatiche al lattosio (gestibili peraltro in maniera adeguata, scegliendo il latte e derivati delattosati);
  7. E infine, il suo consumo regolare si associa al mantenimento dell’abitudine a fare la prima colazione: una consuetudine i cui favorevoli effetti metabolici e sul benessere generale dell’organismo sono ben riconosciuti.
Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.