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Tumore della mammella, l’importanza delle Breast Unit

  • Alessandro Visca
  • Sanità

Uno studio su 25.000 donne ha dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni, nelle pazienti con tumore della mammella, aumenta del 9% negli ospedali che trattano più di 150 casi, rispetto a quelli che ne curano meno di 50. La soglia minima dei 150 casi l’anno è quella stabilita a livello europeo per la definizione di Breast Unit, l’unità specializzata nel trattamento del cancro del seno, che in Italia è il più frequente fra le donne in tutte le fasce d’età, con 50.500 nuove diagnosi stimate nel 2017. Tuttavia nel nostro Paese delle 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per questa neoplasia, solo 123 (27%) presentano volumi di attività superiori a 150 interventi annui.

Per questo dal XIX Congresso nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) arriva l’appello alla piena realizzazione di queste Unità, che devono essere parte integrante delle Reti Oncologiche Regionali.

“È dimostrato da molti studi che, dove si concentra più esperienza, si riduce il numero degli interventi demolitivi e aumenta quello degli interventi conservativi – spiega Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Anche le percentuali di ricostruzioni immediate sono maggiori in centri ad alto volume di attività. I buoni risultati che si ottengono in una Breast Unit devono essere attribuiti non soltanto a una migliore chirurgia ma anche al giusto integrarsi delle varie discipline. Questo è particolarmente evidente nei casi più complessi e avanzati in cui si stanno affacciando armi innovative. Alla chemioterapia, all’ormonoterapia, ai farmaci anti-HER2 si è aggiunta una nuova classe di farmaci che intervengono nel rallentare la progressione del tumore del seno in fase metastatica, inibendo due proteine chiamate chinasi ciclina-dipendente 4 e 6 (CDK-4/6). Più farmaci da collocare e inserire nella strategia di cura della patologia neoplastica della mammella. Grazie all’istituzione dei Centri di Senologia le pazienti possono accedere in modo più agevole a percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali di eccellenza per tutte le fasi di diagnosi e cura in coerenza con le linee guida nazionali”.

“La multidisciplinarità è l’elemento fondante del Centro di Senologia – ribadisce Stefania Gori, presidente eletto AIOM -. La formazione di un team coordinato favorisce il raggiungimento di un alto livello di specializzazione delle cure, dallo screening fino alla riabilitazione psico-funzionale, ottimizzando qualità e tempistica delle prestazioni, con l’obiettivo principale di prolungare e migliorare la vita delle pazienti. Il lavoro efficiente di un gruppo multidisciplinare produce appropriatezza, coerenza e continuità dei percorsi diagnostico-terapeutici, traducendosi in un miglioramento dell’utilizzo delle risorse umane ed economiche”.

Risale al 2014 un protocollo d’intesa tra Governo e Regioni che recepisce una sollecitazione del Parlamento Europeo a organizzare le Breast Unit entro il 2016. “A oggi però in Italia una percentuale ancora troppo alta di neoplasie al seno viene trattata in centri poco specializzati e da personale che effettua pochi interventi l’anno” sottolinea Elisabetta Iannelli, Segretario Generale FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). Diverse Regioni italiane hanno deliberato la costituzione dei Centri di Senologia. In Toscana, ad esempio, la riorganizzazione della rete senologica è stata stabilita nel 2014 (Delibera n. 372) prevedendo una serie di azioni. “Lo scenario in Italia – evidenzia il presidente Pinto – però è ancora eterogeneo e richiede un radicale processo di omogeneizzazione per evitare disuguaglianze e garantire pari opportunità di cura alle pazienti.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.