Fibromiomi uterini, come evitare le isterectomie inutili
I dati epidemiologici attualmente disponibili sul fibromioma uterino ci dicono che il problema in Italia riguarda più di 3 milioni di donne (una su quattro di quelle in età fertile). Il 33% delle pazienti ha tra 40 e 60 anni, il 18% tra 30 e 40 e il 4% tra 20 e 30 anni.
Altrettanto preoccupanti sono i dati sulle isterectomie. Secondo il Piano Nazionale Esiti 2016 (PNE) degli ultimi 5 anni, delle circa 70.000 procedure di isterectomia effettuate in Italia ogni anno, il 75% sono state fatte per malattie benigne come metrorragie o miomi, meno frequentemente per prolasso (7%) e meno del 18% per un cancro. Inoltre, i dati evidenziano un incrementarsi dei casi nei piccoli centri, in famiglie di basso ceto sociale e nel Sud Italia.
L’argomento è stato al centro di una Tavola Rotonda promossa dal Consiglio Regionale del Lazio e da Arbor Vitae, Centro di Endoscopia Ginecologica. Al termine dell’incontro sono stati proposti dieci “capisaldi” per un modello di best practice, prima nella Regione Lazio e poi in tutto il territorio nazionale.
Gli esperti fanno notare che in questi anni si è fatta attenzione solo a ridurre il numero dei cesarei, ma non il numero delle isterectomie inutili. Considerando il costo di una miomectomia per ogni paziente, che si aggira tra i 3.700 euro e i 4.200 (senza considerare il costo sociale del ricovero post intervento e l’assenza dal lavoro), il risparmio annuo per il Servizio Sanitario Nazionale sarebbe di circa 194 milioni di euro, a cui ovviamente sarebbe da detrarre il costo della terapia alternativa.
Secondo Ivan Mazzon, presidente di Arbor Vitae, è importante “fermare il dilagare di isterectomie improprie e interventi chirurgici inutili, salvaguardare l’utero e procedere al trattamento solo di casi sintomatici. Quindi, largo alle tecniche più innovative ma conservative come la chirurgia isteroscopica o la miomectomia ad ansa fredda. Laddove si debba invece per forza procedere con un’isterectomia, l’invito è a ridurre quelle in via laparotomica e aumentare quelle in via endoscopica”.
Un approccio di questo tipo caratterizza anche le Linee Guida/Raccomandazioni sulla diagnosi e trattamento delle Fibromiomatosi, realizzate dall’Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani), con il coordinamento della Fondazione C. Ragonese.
“Si tratta di una pubblicazione di circa 70 pagine, con raccomandazioni su come inquadrare le diverse situazioni cliniche – spiega Enrico Vizza, il segretario regionale Aogoi che ha coordinato il panel di esperti – e procedere per ogni singolo caso con un approccio personalizzato, tenendo conto dei continui aggiornamenti della ricerca medica e farmacologica”.
Ermanno Greco del Centro di Medicina della Riproduzione dello European Hospital ricorda che ”scegliere l’iter di cura più adatto vuol dire non compromettere la capacità riproduttiva della donna e specie dopo tecniche di fecondazione in vitro non mettere a rischio le capacità di impianto degli embrioni.”
I dieci capisaldi di un modello virtuoso per il fibro-mioma uterino
- Indagine epidemiologica sul fenomeno
- Apertura di un tavolo tecnico sul tema dei fibromi
- No ad isterectomie improprie e ad interventi chirurgici inutili. Sì ad intervenire solo su casi sintomatici
- Condivisione, adesione e diffusione delle linee guida sul trattamento dei fibro-miomi uterini realizzate da AOGOI, AGUI e SIGO, con il coordinamento della Fondazione C. Ragonese
- La scelta finale sulla terapia da adottare spetta al medico
- Preferenza a tecniche innovative che tutelano l’integrità dell’utero e della donna
- Ridurre le isterectomie inutili e gli sprechi per la sanità
- Avvio di una Campagna di informazione
- Istituzione di una giornata di prevenzione sui fibro-miomi uterini
- Ideazione di un sito web dedicato al tema con percorsi guidati diagnostico-terapeutici