Medicina Generale, la continuità delle cure allunga la vita
La continuità assistenziale è uno dei temi centrali del dibattito sui nuovi modelli di sanità, soprattutto in relazione alle cure primarie e al ruolo del medico di famiglia. Ci sono pochi dubbi sui vantaggi di mantenere un rapporto con lo stesso medico per quanto riguarda soddisfazione del paziente, la maggiore aderenza alle terapia e il miglior rapporto medico-paziente.
Uno studio inglese, recentemente pubblicato su British Medical Journal Open ha cercato di verificare se la continuità assistenziale influisca sull’efficacia dell’approccio medico anche in termini di riduzione della mortalità. A questo scopo i ricercatori dell’Università di Exeter (UK) hanno compiuto una metanalisi sistematica su articoli scientifici, pubblicati in inglese, che riportano dati sulla continuità delle cure con generalisti e specialisti di diversi paesi correlata alla mortalità.
Nel periodo 1996-2017 sono stati identificati 726 articoli di cui 22 soddisfano i criteri di ammissibilità. Gli studi provenivano da nove paesi (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Croazia, Israele, Olanda, Corea del Sud, Taiwan) con culture e sistemi sanitari molto diversi tra di loro. Questa eterogeneità non ha reso comparabili gli studi, tuttavia 18 studi (81,8%) hanno riportato riduzioni statisticamente significative della mortalità, con una maggiore continuità delle cure. In 16 di questi la riduzione era di mortalità per tutte le cause. Altri tre non hanno mostrato alcuna associazione tra i due fattori e uno ha dimostrato risultati misti.
La riduzione della mortalità si è riscontrata sia con medici generalisti sia con specialisti. “Storicamente – scrivono gli autori – la continuità delle cure è stata considerata una caratteristica della pratica dei medici generalisti. Gli studi recenti compresa questa review hanno rilevato che la continuità delle cure è associata a una ridotta mortalità anche con medici specialisti, psichiatri e chirurghi”.
Gli autori concludono che: “Questa prima revisione sistematica rivela che una maggiore continuità delle cure è associata a tassi più bassi di mortalità. Anche se si tratta solo di uno studio osservazionale i pazienti, al di là delle diversità culturali sembrano beneficiare della continuità delle cure sia con medici generalisti che specialisti. Nonostante i sostanziali progressi tecnici in medicina, i rapporti interpersonali tra medico e paziente rimangono importanti”.
“Negli ultimi 200 anni, – aggiungono gli autori dello studio – i progressi della medicina sono stati principalmente tecnici e impersonali e hanno ridotto l’attenzione al lato umano della medicina. Questa revisione sistematica rivela che, nonostante i numerosi progressi tecnici, la continuità delle cure è una caratteristica importante della pratica medica e potenzialmente una questione di vita o di morte”.