
Diabete in Italia, ancora troppi obesi soprattutto tra le donne
Per la prima volta in Italia diminuisce la quota dei pazienti diabetici obesi, ma sono ancora il 40% del totale. Il dato è contenuto nell’ultima edizione degli Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi ), un’indagine periodica sulla qualità dell’assistenza diabetologica in Italia, presentata al 22° Congresso Nazionale AMD, da poco conclusosi a Padova.
L’indagine ha coinvolto 33.172 pazienti con diabete tipo 1 e 462.600 con tipo 2, seguiti da 255 servizi di diabetologia su tutto il territorio nazionale, pari a più di un terzo del totale.
“Il 53% del campione ha un’emoglobina glicata ‘a target’ (< 7%), oltre il 63% ha il colesterolo LDL (cattivo) nella norma, ma bisogna ancora lavorare sulla pressione arteriosa e sugli stili di vita; per la prima volta diminuisce la quota di soggetti obesi, ma sono comunque ancora troppi (40%) – spiega Valeria Manicardi, Coordinatore del Gruppo Annali AMD.
“Sul fronte dei trattamenti – aggiunge Manicardi – il 32% dei pazienti con diabete di tipo 2 utilizza insulina, da sola o associata ad altra terapia, l’impiego di sulfaniluree e glinidi scende sotto il 20% e crescono i farmaci più innovativi. Gli inibitori del DPP4 passano, infatti, dal 18% della rilevazione precedente (2016) al 21% di quest’ultima; gli inibitori SGLT2 dal 4 arrivano al 9,6%, mentre gli agonisti del GLP1 salgono solo dal 3,7 al 5,8%. SGLT2i e GLP1-RA hanno dimostrato di proteggere cuore e reni e quindi di salvaguardare meglio la salute delle persone con diabete, pertanto ci saremmo attesi un aumento più consistente. Tra i pazienti con diabete di tipo 1 aumentano quelli che utilizzano i microinfusori, che passano dal 12 al 17%”.
Le differenze di genere
AMD ha pubblicato anche due monografie che analizzano come cambia la qualità di cura del diabete nelle Regioni italiane e a seconda del genere, sulla base dei dati della Campagna Annali 2018.
“Per quanto riguarda le differenze di genere – riassume Manicardi – i dati disponibili non hanno evidenziato un problema di sotto-trattamento delle donne rispetto agli uomini (come segnalato dalla letteratura internazionale) ma, a parità di trattamento, le prime hanno esiti peggiori: sono più obese, hanno un peggiore compenso del diabete e soprattutto un peggiore profilo lipidico – quindi un peggiore profilo di rischio cardiovascolare – oltre a una peggior funzionalità renale. Questo suggerisce che vi siano differenze biologiche e di risposta ai farmaci, che dovranno essere approfondite nell’ambito della ricerca”.