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De bortoli

Il ruolo della nutrizione nel reflusso gastroesofageo

Nicola de Bortoli, professore associato di Gastroenterologia all’Università di Pisa, intervistato al recente congreso nazionale della SINuC, mette in luce il ruolo di un corretto approccio nutrizionale al reflusso gastroesofageo. Un supporto importante per migliorare i sintomi, limitare il ricorso ai farmaci o ridurre dosi e durata della terapia farmacologica.

Gli ultimi studi mettono in evidenza che il rapporto tra reflusso gastroesofageo e nutrizione è probabilmente è più stretto di quello che pensiamo.

I dati acquisiti sono che una perdita di peso corporeo di almeno il 10% con una dieta restrittiva ed esercizio fisico aerobico è sufficiente per migliorare i sintomi e, come abbiamo dimostrato in un recente studio, possiamo avere un 50% di riduzione di soggetti che prendono inibitore di pompa protonica, che è un obiettivo importante sia per il MMG che per lo specialista.

Sicuramente gli studi ci dicono che sono da evitare bevande gasate, cibi troppo speziati (pepe nero, peperoncino), una dieta con un eccessivo apporto di grassi e soprattutto l’uso quasi esclusivo di carne per l’apporto proteico.

Un altro studio interessante, fatto dal mio gruppo di Pisa, ha dimostrato che un’alimentazione con proteine di derivazione animale confrontata con una dieta con proteine di derivazione vegetale mostra due trend di reflusso diversi.

Con uno studio di Ph-impedenziometria che è un test che serve per quantificare il reflusso gastroesofageo si è visto che la quantità di reflusso dopo un pasto con proteine vegetali si riduce di almeno un terzo rispetto di quello dopo l’assunzione di proteine di origine animale.

Lo stress psicofisico gioca un ruolo nel reflusso, ma probabilmente più nella percezione dei sintomi che nella genesi della malattia, come finora ci dicono la maggior parte dei dati.

Anticipare il pasto serale e fare una cena non troppo ricca di grassi può essere utile per migliorare la qualità del riposo notturno e quindi diminuire lo stress durante il giorno

Se è necessario ricorre alla terapia farmacologica il mio consiglio è quello di far partire il trattamento con i farmaci insieme con cambiamenti della dieta e dello stile di vita con la perdita di peso corporeo, se necessario. Questo perché i benefici dei farmaci possono far sentire la persona più libera da punto di vista alimentare, ma se inizia i farmaci adeguatamente motivata dal medico si può arrivare a quello che è un obiettivo a livello internazionale ossia ridurre le dosi e i tempi di assunzione degli inibitori di pompa protonica.

Coi sono trial interessanti che dimostrano che pazienti adeguatamente supportati con la dieta possono ridurre l’assunzione anche a due volte la settimana che li metterebbe allo stesso livello di rischio di chi non prende farmaci.

 

A chi soffre di reflusso consiglio di rivolgersi sempre al proprio medico di medicina generale e ove necessario allo specialista. Personalmente raccomando di fare una gastroscopia almeno una volta nella vita, soprattutto se si sono superati i 55-60 anni di età.

 

In questo modo si può verificare se ci si trova in una condizione con i sintomi del reflusso, ma senza lesioni e allora si possono curare i sintomi oppure se invece ci sono lesioni che meritano attenzione. Anche perché ci sono delle condizioni a rischio come l’esofago di Barrett e l’adenocarcinoma dell’esofago che sono condizioni che anche se ancora di nicchia epidemiologicamente (5 su 100mila abitanti) hanno un trend in aumento e quindi non vanno trascurate.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.