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Covid-19, cancellati 28 milioni di interventi chirurgici nel mondo

La pandemia da SARS-CoV-2 e la conseguente emergenza sanitaria ha avuto pesanti ripercussioni sul funzionamento dei sistemi di assistenza e cura. La mobilitazione per la cura dei pazienti COVID-19 e le misure di prevenzione per limitare il contagio negli ospedali e negli ambulatori medici hanno inevitabilmente modificato l’erogazione delle cure in tutti i settori. Dopo i dati allarmanti che riguardano gli accessi ritardati al pronto soccorso per le emergenze cardiologiche , cominciano a comparire stime a livello globale sugli effetti della pandemia nei diversi settori dell’assistenza sanitaria. Si tratta ovviamente di modelli statistici che rielaborano dati reali parziali o non sempre disponibili, tuttavia non è un semplice esercizio accademico. Riuscire a valutare che cosa è successo a un sistema sanitario durante la pandemia è necessario per capire in quali tempi e con quali risorse è possibile recuperare i livelli assistenziali precedenti.

Uno dei settori più esposto alle conseguenze dell’emergenza sanitaria è quello della chirurgia. Le modifiche all’organizzazione dell’ospedale richieste dall’emergenza e l’alto rischio di contagio che implica una procedura chirurgica ha costretto gli ospedali a modificare la programmazione, annullando molti interventi non indispensabili.

Lo studio

Una ricerca a livello globale, pubblicata dal British journal of Surgery, applicando un modello statistico a una serie di dati reali raccolti in tutto il mondo è arrivata a stimare che, nel mese di marzo, più di 28 milioni di interventi chirurgici potrebbero essere stati annullati a causa della pandemia da Covid-19.

La ricerca si basa su una serie di interviste ad esperti responsabili della chirurgia in 190 paesi, a cui è stato chiesto quali interventi sarebbero stati posticipati nel picco dell’epidemia. Con un’elaborazione dei dati  è risultato che in media sarebbero stati annullati il 72,3 % degli interventi non indispensabili, che corrisponderebbe a un totale di 28.404.603 operazioni a livello globale. Il 90,2% delle operazioni annullate sarebbe legato a una patologia benigna, l’ 8,2% sarebbe rappresentato da interventi chirurgici per un tumore e l’1,6% da interventi ostetrici come taglio cesareo elettivo.

Una situazione che potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla salute pubblica. “L’accesso ritardato alla chirurgia metterà i pazienti ad un aumentato rischio di disabilità o morte evitabile”, ha affermato il co-autore dello studio Dmitri Nepogodiev, dell’Università di Birmingham nel Regno Unito.

Il limite maggiore dello studio è che si basa su una maggioranza di dati presunti, ossia su stime degli intervistati in paesi in cui la pandemia era appena arrivata o comunque non aveva raggiunto il picco. Il ogni caso se fosse reale questo scenario, secondo gli esperti, una volta finito il picco della pandemia i diversi sistemi sanitari impiegherebbero non meno di 45 settimane per recuperare gli arretrati e in alcuni casi potrebbero arrivare fino a 90 settimane.

Il problema della sicurezza

Il 29 maggio The Lancet ha pubblicato i risultati di uno studio internazionale multicentrico condotto in 235 ospedali di 24 paesi. Lo studio ha incluso tutti i pazienti sottoposti a intervento chirurgico con infezione da SARS-CoV-2 confermata entro 7 giorni prima o 30 giorni dopo l’intervento. In totale si tratta di 1128 pazienti che hanno subito un intervento chirurgico tra il 1 ° gennaio e il 31 marzo 2020, di cui 835 (74,0%) hanno subito un intervento di emergenza e 280 (24,8%) hanno avuto un intervento chirurgico elettivo.

L’infezione da SARS-CoV-2 è stata confermata prima dell’intervento in 294 pazienti (26,1%). La mortalità a 30 giorni è stata del 23,8% (268 su 1128). Complicanze polmonari si sono verificate  nel 51,2% dei pazienti. La mortalità a 30 giorni in questi pazienti è stata del 38,0% (219 su 577). In questo gruppo di pazienti la mortalità è stata più alta nel sesso maschile, nelle persone con un’età di ≥70 anni, negli interventi d’urgenza rispetto alla chirurgia elettiva e nella chirugia maggiore rispetto alla minore.

Gli autori concludono che: “Le complicanze polmonari postoperatorie si verificano nella metà dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2 perioperatoria e sono associate ad alta mortalità. Le soglie per l’intervento chirurgico durante la pandemia di COVID-19 dovrebbero essere più elevate rispetto alla pratica normale, in particolare negli uomini di età pari o superiore a 70 anni. È necessario prendere in considerazione il rinvio delle procedure non urgenti e la promozione di trattamenti non operativi per ritardare o evitare la necessità di un intervento chirurgico.”

 

 

 

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.