Uno studio italiano ha analizzato l’attività delle unità di cura per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD) durante la fase di blocco per la pandemia da Covid-19 e nella fase post-lockdown. Dalla ricerca emergono indicazioni utili per la gestione di questi pazienti in periodi in cui l’assistenza sanitaria deve ristrutturarsi a causa dell’emergenza.
I ricercatori hanno effettuato un sondaggio online in due fasi (aprile e giugno 2020) a livello nazionale tra le unità affiliate al Gruppo Italiano per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (Italian Group for Inflammatory Bowel Diseases, IG-IBD).
Lo studio
Sono state verificate le misure preventive, la possibilità di continuare le visite, le procedure diagnostiche e le terapie programmate durante l’emergenza Covid e il modo in cui le unità hanno ripreso le attività nella fase successiva al blocco.
Hanno partecipato alla ricerca 42 centri di riferimento per l’IBD in tutta Italia.
I risultati dell’indagine, pubblicati sull’United European Gastroenterology Journal, mostrano che durante il blocco per il Covid-19 il 36% delle prime visite e il 7% delle visite di follow-up sono state effettuate regolarmente, mentre >70% delle visite programmate di follow-up e il 5% delle prime visite sono state eseguite virtualmente.
È stato eseguito circa il 25% delle endoscopie programmate e delle ecografie intestinali. Più dell’80% delle terapie biologiche sono state eseguite come programmato. Rispetto alla situazione di pre-blocco, il 95% dei centri ha modificato la gestione dell’attività ambulatoriale, il 93% delle endoscopie, il 59% delle ecografie gastrointestinali e il 33% delle terapie biologiche. La ripresa delle attività dopo la fase di blocco può richiedere da tre a sei mesi per normalizzarsi.
Conclusioni
Gli autori concludono che : “la ristrutturazione delle unità IBD in Italia ha consentito di mantenere standard di qualità accettabili nella cura delle IBD, nonostante l’enorme impatto della pandemia Covid-19 nel paese e le restrizioni imposte dal blocco nazionale, e può servire da modello per IBD unità in altri paesi. In particolare, la gestione delle terapie biologiche e delle attività urgenti sia nel periodo di lockdown che in quello di fase 2 ha sostanzialmente mantenuto gli standard di cura pre-pandemici per i pazienti IBD. Tuttavia, le riduzioni del numero di visite, endoscopie e altri test osservate nella fase 2 potrebbero compromettere gli standard di cura a lungo termine e richiedere un periodo di tempo più lungo per tornare ai livelli pre-pandemici. Le cliniche virtuali e le unità IBD dedicate con strutture adeguate e il numero di operatori sanitari identificati sembrano svolgere un ruolo chiave nella fase successiva al blocco e dovrebbero essere mantenute o implementate anche dopo la fine della pandemia COVID-19.”



