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Tai Chi e cardiopatie, un aiuto per il corpo e per la mente

“A chi ha avuto un infarto o un ictus o un altro problema cardiologico, consiglio vivamente di aggiungere il Tai Chi ai programmi di recupero e riabilitazione”. Il consiglio viene da Ruth Taylor-Piliae dell’Università dell’Arizona, che ha pubblicato su questo tema una ricerca sull’European Journal of Cardiovascular Nursing, una rivista della Società europea di cardiologia (ESC).

Un grave evento cardiologico o una cardiopatia cronica implicano importanti limitazioni funzionali e spesso una difficile situazione psicologica. I sintomi depressivi colpiscono circa il 20% dei pazienti con una malattia coronarica, il 20% dei pazienti con insufficienza cardiaca, il 27% di quelli con ipertensione e oltre un terzo (35%) dei sopravvissuti all’ictus. La pratica del Tai Chi aiuta a recuperare l’efficienza fisica con conseguenze positive sul piano psicologico.

Questa antica disciplina consiste in una sequenza di movimenti, accessibili anche a chi ha limitazioni funzionali, che richiedono concentrazione, rilassamento e controllo del respiro.

Il nuovo studio

Diverse ricerche hanno evidenziato i benefici di questa e altre pratiche, come lo yoga, nel recupero funzionale e psichico. Questo studio ha analizzato i dati disponibili sugli effetti del Tai Chi negli adulti con malattia coronarica, insufficienza cardiaca, ipertensione e ictus. Nell’analisi sono stati inclusi un totale di 1.853 pazienti provenienti da 15 studi clinici. L’età media dei partecipanti era di 66 anni e il 44% erano donne.

L’analisi ha mostrato che la pratica del Tai Chi è in grado di ridurre lo stress psicologico, con una significativa riduzione della depressione, mentre non c’è un dato statisticamente significativo sull’ansia, probabilmente a causa di un numero insufficiente di pazienti. In generale i pazienti che hanno praticato il Tai Chi hanno migliorato la qualità della vita sia dal punto di vista fisico (capacità di muoversi e svolgere le attività quotidiane) che mentale (tono dell’umore, socializzazione, ecc.). Dall’analisi non è emerso  un impatto significativo del Tai Chi sul benessere dei sopravvissuti all’ictus. Secondo l’autrice dello studio: “Esistono molte ricerche sul Tai Chi nei sopravvissuti all’ictus, ma quasi tutti hanno esaminato le funzioni fisiche come l’equilibrio e l’andatura. Non è stato approfondito l’impatto sulla qualità di vita di questi pazienti”.

Secondo Taylor-Piliae gli effetti benefici della pratica sono da attribuire alla sinergia tra posture e respirazione. L’autrice ha consigliato cautela a chi inizia la pratica basandosi solo su filmati on line,  poiché posizionamenti errati dei piedi potrebbero causare dolore al ginocchio.

Taylor-Piliae ha concluso: “Il Tai Chi è adatto a persone di qualsiasi età o capacità di esercizio e può essere adattato in modo sicuro a chiunque. Le persone con bassa tolleranza all’esercizio fisico o ai problemi respiratori possono farlo su una sedia. Le lezioni di gruppo per gli altri con malattie cardiovascolari sono un luogo positivo per il supporto sociale e il cameratismo – non c’è giudizio; fai solo quello che puoi. “

 

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.