Asse intestino-cervello, il microbiota e la qualità del sonno
Nel corso del 2020, da febbraio a ottobre, la serie di convegni ECM “Ansia, stress e disturbi del sonno: come il microbiota intestinale influenza la nostra salute mentale” (1), iniziata in presenza e proseguita online, si è focalizzata sull’influenza che il microbiota esercita sulle funzioni neuro-psichiche, una connessione che ha visto negli anni accumularsi studi che riguardano patologie di grande impatto sociale come i disturbi del sonno, cefalee, autismo (2) sclerosi multipla (3), stroke (4), malattia di Alzheimer, Parkinson (5 – 6) e altro.
Tra le ricerche più interessanti in questo ambito ci sono gli studi che riguardano la relazione tra la salute del microbiota e la qualità del sonno.
Sonno: il probiotico che migliora la qualità del riposo
L’interesse per il link intestino-cervello è stato riacceso dal recentissimo studio su animali da laboratorio pubblicato su Frontiers of Behavioural Neurosciences dai ricercatori della Colorado University (7) in cui emerge che il probiotico Lattobacillo rhamnosus sarebbe in grado di migliorare il riposo notturno incrementando il sonno REM, grazie a un’aumentata produzione di acidi grassi a catena corta (8) come l’acido butirrico che controlla l’espressione dei geni preposti ai ritmi sonno-veglia.
Tale batterio risulta peraltro protettivo anche nei confronti dello stress, sia in termini di profilassi, che di recupero post-traumatico. Al contrario il sonno peggiora se, come indica uno studio dell’Università di Verona pubblicato su Frontiers of Psychiatry (9), nel microbiota si riduce la quota di bifidobatteri.
Apnee del sonno: il ruolo del microbiota
Nel capitolo delle possibili correlazioni tra disturbi del sonno e microbiota va segnalato uno studio appena pubblicato sul Journal of Experimental Neurology dall’Università del Missouri (10) che indica come riequilibrando la flora intestinale sia possibile migliorare anche l’apnea morfeica che presenta un microbiota alterato (11).
Questo disturbo, noto con la sigla OSA, (acronimo di obstructive sleep apnea), che colpisce 18 milioni di soggetti in USA e 6 milioni in Italia, riconosce come causa eziologica l’abbassamento nel sonno dei tessuti faringei del fondo buccale, con riduzione del passaggio di ossigeno nelle vie aeree. Oltre un certo valore soglia il soggetto si sveglia per pochi secondi, trascorrendo così una notte di microrisvegli che neppure ricorda, ma che, a causa dell’ipossigenazione cerebrale, induce col tempo disturbi dell’attenzione, della memoria, depressione, e altri disturbi.
Il principale rimedio è la cosiddetta CPAP (continuous positive airway pressure), cioè pressione positiva continua delle vie aeree, approvata dalla FDA anche per il russamento, disturbo per molti aspetti simile all’OSA (12). La CPAP è una mascherina di ventilazione meccanica che fornisce ossigeno a pressione desiderata. Tuttavia solo il 40% dei pazienti la tollera e così la FDA ha approvato un altro rimedio più confortevole e pratico: uno speciale byte da applicare di notte (in sigla OAs acronimo di oral applications) suggerito nelle linee guida 2015 dall’American Academy of Dental Sleep Medicine (13): spinge la mandibola in avanti sollevando la base linguale così da mantenere pervio l’imbocco delle vie aeree superiori. Ciò elimina il russamento e il collasso dei tessuti che provocano lo sviluppo di OSA.
Depressione: ceppi batterici e neurotrasmettitori
Con la riduzione della varietà di batteri che caratterizza un microbiota intestinale in buona salute possono aumentare anche i disturbi ansiosi e quelli dell’umore perché a livello intestinale viene demolita una maggior quota di triptofano, principale fonte della serotonina, neurotrasmettitore la cui carenza ha un ruolo di primo piano nelle sindromi depressive.
In uno studio pubblicato nel 2109 su Nature Microbiology (14) Jeroen Raes e coll. del Leuven Center for Brain & Disease Research avevano peraltro già individuato altri due ceppi batterici implicati nel disturbo depressivo: Coprococco e Dialister. La loro riduzione nel microbiota favorisce la malattia agendo però sulla concentrazione di un altro neurotrasmettitore, la dopamina, notoriamente implicata nella regolazione della motivazione tramite i meccanismi del drive, del rinforzo e dell’omeostasi psichica (11).
Lo studio belga, noto con la sigla FGFP (Flemish Gut Flora Project), ha valutato 1.054 soggetti ricavando una coorte di 1.063 pazienti con depressione maggiore farmacoresistente, portatori di un microbiota dove i ceppi Coprococco e Dialister erano depleti. Il riscontro ha spinto i ricercatori belgi a redigere un catalogo dei gruppi batterici capaci di produrre o degradare molecole potenzialmente in grado d’interagire col sistema nervoso centrale (12).
BIBLIOGRAFIA
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