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Beta-talassemia grave, un nuovo farmaco migliora la qualità di vita

Nella Giornata Mondiale della Talassemia è stato annunciato l’arrivo di un farmaco che può sensibilmente migliorare la condizione di chi soffre della forma grave di beta-talassemia. Questi pazienti, che in Italia sono circa 7mila, sono costretti  a trasfusioni di sangue ogni 2-3 settimane e devono assumere una terapia per limitare l’accumulo di ferro in organi vitali come cuore, fegato e pancreas. Il nuovo farmaco (luspatercept), sviluppato da Celgene ora parte di Bristol Myers Squibb, è in grado di ridurre il numero di trasfusioni necessarie, limitando anche l’accumulo di ferro e le comorbidità conseguenti, con una speranza di miglioramento sulla sopravvivenza. i risultati dello studio di fase III, BELIEVE registrativo del farmaco sono stati pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’.

“I sintomi della beta-talassemia major – spiega Maria Domenica Cappellini, Ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano – compaiono già nei primi mesi di vita e, se non si interviene con adeguate terapie, le conseguenze possono essere grave anemia, deformazioni ossee, ingrossamento di milza e fegato, problemi di crescita, complicazioni epatiche, endocrine e cardiovascolari. Negli anni Sessanta del secolo scorso, i pazienti affetti da talassemia major non sopravvivevano oltre i 10-15 anni, oggi grazie alla combinazione della terapia trasfusionale e ferrochelante la loro aspettativa di vita può superare i 50 anni.”

La professoressa Cappellini sottolinea:

Oggi, per la prima volta, una molecola innovativa, luspatercept, è in grado di ridurre la necessità di trasfusioni. Consiste in un’iniezione sottocutanea ogni 21 giorni e può essere somministrato potenzialmente a tutti i pazienti colpiti da beta-talassemia, a differenza di altre opzioni disponibili come il trapianto di midollo, unica terapia che può condurre alla guarigione ma con il limite della disponibilità di un donatore compatibile, o della terapia genica, ancora da consolidare. Luspatercept riduce l’eritropoiesi inefficace, consentendo la produzione di globuli rossi maturi.

l’Italia è uno dei paesi del mondo più colpiti dalla talassemia

“Nel mondo, vivono circa 90 milioni di portatori della mutazione genetica, in grado di determinare uno dei tipi di beta-talassemia – spiega la professoressa Cappellini – In Italia i portatori sani sono circa 3 milioni. Se muta un solo gene delle catene beta dell’emoglobina, si parla di beta-talassemia minor, che non causa sintomi rilevanti e non ha bisogno di terapia. Se sono mutati entrambi i geni delle catene beta che formano l’emoglobina, si ha la forma di beta-talassemia major, che presenta un quadro clinico severo, con grave anemia. L’Italia è uno dei Paesi al mondo più colpiti. La malattia era presente soprattutto tra le popolazioni di aree malariche, come le isole, le Regioni del Sud e l’area del delta del Po, poiché la malaria è stato un fattore di selezione naturale del difetto talassemico. Oggi la patologia ha ampia diffusione nel bacino del Mediterraneo, in Medio Oriente, Nord Africa, India e Sud est asiatico, zone ancora endemiche per malaria.”

L’obbligo di trasfusione compromette la qualità di vita dei pazienti: le proposte delle associazioni

La terapia trasfusionale è effettuata, in media, a intervalli di 2-3 settimane e ogni seduta in ospedale dura sino a 5 ore. Innanzitutto, il paziente si reca nella struttura per eseguire il prelievo di compatibilità con il sangue del donatore. Il giorno successivo viene chiamato e deve trovarsi in ospedale 2 ore prima della trasfusione, che dura più di 70 minuti per ogni unità di globuli rossa trasfusa (in media ne sono somministrate 2) e, al termine, rimane nel centro per più di mezz’ora per il monitoraggio delle reazioni avverse.

“Il peso della malattia sulla quotidianità dei pazienti è davvero importante – spiega Raffaele Vindigni, Presidente United Onlus (Federazione Nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare) -. Si stima che queste persone trascorrano, in media, più di 30 giorni all’anno in ospedale per le trasfusioni e gli esami di controllo. È tempo sottratto alla famiglia, allo studio, al lavoro, al tempo libero e alle vacanze. La loro vita, di fatto, ruota intorno al centro trasfusionale. Inoltre, in Italia, la malattia non è curata in modo uniforme su tutto il territorio. La beta-talassemia non richiede solo trasfusioni di sangue, ma anche protocolli molto chiari con esami strumentali da eseguire con frequenza precisa. Oggi vi sono centri che effettuano queste analisi ogni 4 o 6 mesi, altri ogni 2 anni. È una situazione molto grave. Nel 2017, con la Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie (SITE), abbiamo presentato al Ministero della Salute la proposta di istituzione della Rete della Talassemia, in modo che tutti i centri siano collegati con una piattaforma digitale, in cui possono scambiarsi le informazioni per migliorare le cure e, soprattutto, uniformarle sul territorio. Il Decreto ministeriale attuativo è stato firmato ed è ora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Inoltre è grandissima l’attesa dei pazienti nei confronti delle terapie innovative, in grado di migliorare la qualità di vita e di offrire l’opportunità di diminuire il fabbisogno di sangue. Chiediamo alle Istituzioni di ascoltare le esigenze dei malati, che non possono aspettare.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.