I rischi di complicanze neuropsichiatriche legati alle zoonosi
Secondo uno studio pubblicato su JAMA Psichiatry dall’Università di Amsterdam (1) uno dei più comuni parassiti del gatto, il Toxoplasma gondi (Tg), oltre alla zoonosi nota come toxoplasmosi particolarmente insidiosa per le gestanti (2), induce anche alterazioni cognitive con compromissione del linguaggio, delle funzioni esecutive e della memoria operativa e a breve termine.
Felini. I felini sono ospiti definitivi del parassita che può infettare tutti gli animali a sangue caldo che ne sono ospiti intermedi. Il rischio per l’uomo è basso essendo possibile la trasmissione solo per contatto con feci deposte da oltre 24 ore. Utilizzando i database PbMed, MEDLINE, Embase, Web of Science e PsycInfo, gli autori hanno condotto una review che dal 7 giugno 2019 individua 1954 studi su adulti sani sieropositivi per Tg. In alcuni casi sono stati anche contattati gli autori degli studi originali per ottenere ulteriori dati e alla fine sono risultati eligibili 58 studi per un totale di 13.289 soggetti.
La sieropositività per T. gondi è risultata associata a MCI (mild cognitive impairment) in quattro domini cognitivi: abilità verbale, memoria operativa, memoria a breve termine e funzioni esecutive.
Come controllo sono stati usati 6.586 soggetti non sieropositivi, ma, per stessa ammissione degli Autori, l’elevata età media della popolazione studiata costituisce un bias che andrà meglio valutato in quanto può rappresentare di per sé un fattore predisponente allo sviluppo di MCI a prescindere dall’infezione.
Zoonosi e alterazioni del Sistema Nervoso Centrale. Quella da Tg è comunque solo una delle zoonosi che provocano alterazioni del SNC: lo sono ad esempio le più recenti SARS del 2002 (3), la MERS del 2012 dove sono stati sospettati come fonte anche i cammelli (4) e non da ultima la SARS-Cov-2 del 2019 (5).
A tal proposito vale la pena segnalare uno studio policentrico a cui ha partecipato anche l’italiano Antonio Lanzavecchia, prima all’Università di Pavia e poi all’Istituto di Ricerca Biomedica di Bellinzona. Lo studio, passato un po’ in sordina nell’affastellarsi delle ricerche degli ultimi mesi, ha avuto il merito di segnalare su Proceedings of the National Academy of Sciences, con un’encomiabile lungimiranza, già all’inizio del 2016 (6) il rischio incombente della pandemia da COVID che poi ci ha colpiti.
Partendo dallo studio dei virus WIV1-CoV dei pipistrelli cinesi detti a ferro di cavallo, i ricercatori avvertivano del rischio di trasmissione diretta all’uomo, sollecitando già 5 anni fa la necessità di adeguate misure di prevenzione e di trattamenti con anticorpi monoclonali, gli unici allora risultati efficaci dopo il fallimento di vaccini SARS-based, più simili all’AZD1222 di Astra-Zeneca che al nuovo BNT162b2 di Pftier Biontech.
Equini. Dai pipistrelli a ferro di cavallo il passo è breve a un’infezione di più vecchia data e a lungo dibattuta come quella da bornavirus che induce disturbi ossessivo-compulsivi (OCD) e depressione bipolare (7) e il cui ospite è il cavallo.
Nota da oltre un secolo come “morbo di Borna” dal nome della cittadina tedesca della Sassonia dove nel 1885 scoppiò una grave epidemia che falcidiò centinaia di cavalli. Si manifesta per lo più fra i puledri di Germania e Svizzera, ma l’agente infettante è stato individuato anche in Giappone, Iran, Israele (dove il virus è stato trovato anche nelle ostriche), Russia e USA.
La malattia trovò una prima spiegazione nel 1939 quando ricercatori tedeschi dell’Universität Gießen scoprirono che la meningo-encefalo-mielite (8) che la caratterizza era trasmessa da un virus allora sconosciuto poi chiamato Borna Disease Virus, in sigla, BDV, che predilige il sistema limbico e ciò spiega i sintomi psichiatrici che accompagnano l’infezione nell’uomo (9).
Si tratta di un evento raro, anche se in Giappone è stato calcolato che il virus può essere rintracciato nel 23% circa dei pazienti psichiatrici (10) e uno studio dell’università di Berlino dei ricercatori del Project Bornavirus Infections del Robert Koch Institute (11) sottolineava come la prevalenza fosse sottostimata indicando nei disturbi dell’umore valori di sieropositività per BDV compresi fra il 2 e il 100% a seconda del momento della misurazione e del parametro diagnostico usato, criteri peraltro discutibili.
Streptococchi e complicanze neuropsichiatriche. Ci sono comunque infezioni non zoonotiche gravide di complicanze neuropsichiatriche: la più nota è quella da Streptococco beta-emolitico del Gruppo A responsabile delle cosiddette PITANDs (Pediatric Infection Triggered Autoimmune Neuropsychiatric Disorders, cioè disturbi neuropsichiatrici autoimmuni pediatrici a genesi infettiva), che induce in genere tics e disturbi del gruppo ossessivo-compulsivo (OCD).
Secondo uno studio della psichiatra Laura Bellodi del San Raffaele di Milano (12) molti pazienti con disturbi ossessivi compulsivi risulterebbero positivi alla ricerca dello streptococco.
Fra le forme dello spettro PITANDs la PANDAS (13), che colpisce prevalentemente la giovane età (14), veniva spesso scambiata per sindrome di Tourette, forme dello spettro autistico, Còrea di Sydenham, ADHD eccetera, con l’improprio utilizzo di farmaci neurologici, mentre un trattamento con penicillina e immunomodulatori può risolvere il quadro.
Quando la storia clinica di un soggetto orienta verso un disturbo psichiatrico con pregressa infezione streptococcica come una faringite e i dati di laboratorio non danno conferme, un’opzione dirimente è instaurare una terapia antibiotica ex adiuvantibus.
Non sempre infatti il tampone faringeo risulta positivo per il titolo anti-streptolisinico (indice TAS) che svela la risposta anticorpale al batterio: in uno studio del centro dell’Università di Firenze dell’Università di Firenze diretto da Stefano Pallanti nel 46% dei ragazzi e nell’85% delle ragazze era infatti negativo (15).
Non solo streptococco. Anche altri agenti infettivi possano essere implicati nell’insorgenza di disturbi psichiatrici e neurologici, come ad esempio la borrelia burgdoferi responsabile sia della malattia di Lyme (16) che di una sintomatologia simil-schizofenica (17) o ancora il mycoplasma pneumoniae responsabile sia di polmonite che di encefalite (18).
Encefalite letargica, epilessia e parkinsonismo. Non può essere dimenticata l’encefalite cosiddetta letargica (19) che il secolo scorso falcidiò migliaia di vittime residuando gravi postumi simil-parkinsoniani, con una vera e propria pandemia a cui si è ispirato il celebre film “Risvegli” di Penny Marshall con Robert De Niro e Robin Williams tratto dell’omonimo romanzo di Oliver Sacks.
Negli anni per l’eziopatogenesi di questa enfefalite, detta anche di Von Economo, sono stati chiamati in causa virus Coxsackie, dell’encefalite giapponese, dell’influenza AN1H1, virus herpes tipo-8 dell’uomo, virus di St. Louis e del West Nile, poliovirus e, ancora nel 2014, agenti sconosciuti (20)
Nè va infine dimenticata l’epilessia da Onchocerca Volvulus, un nematode trasmesso dalle femmine delle mosche Simulium responsabile della cecità dei fiumi dell’Africa Centrale e del Sud-America i cui sintomi principali sono intenso prurito, dermatiti e lesioni oculari fino alla cecità, ma anche una forma epilettica chiamata sindrome nodding (21) dovuta alla neurotossicità dell’auto-anticorpo leiomodina-1 attivato dal contatto col nematode (22).
Bibliografia
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