Iniezioni intravitreali di anti-VEGF e rischio di deficit cognitivo
Una recente analisi preliminare di uno studio cross selectional ha sollevato il dubbio che le ripetute iniezioni intravitreali di anti-VEGF in pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età (AMD) possano essere correlate con un deficit della funzione cognitiva.
Subhransu K Ray, che lavora per Bay Area Retina Association, Clinical Trial Center a Walnut Creek in California ha presentato al virtual meeting dell’American Society of Retina Specialists lo studio Brain Health Assessment in Macular Degeneration (BHAM), che include 143 pazienti con AMD. Lo studio, tuttora in corso, ha l’obiettivo di arruolare 100 pazienti con AMD secca e 300 pazienti con AMD umida.
È stato considerato che i farmaci anti-VEGF iniettati nel vitreo sono rilevabili nella circolazione sistemica a livelli biologicamente attivi, che in rari stati patologici esiste una comunicazione diretta tra la cavità vitreale e il sistema nervoso centrale SNC), che il VEGF ha un ruolo essenziale nella salute del SNC, ma non si conosce la modalità con cui la barriera vitreo-SNC possa essere danneggiata dalla IVT con anti-VEGF. Sinora non erano stati condotti studi per valutare l’influenza della IVT sulla funzione cognitiva dei pazienti.
I pazienti arruolati nello studio avevano una età compresa tra 65 e 85 anni con BCVA uguale o migliore di 20/50 in almeno un occhio e diagnosi di AMD, con anamnesi negativa per malattie del SNC e non già in trattamento sistemico con anti-VEGF. Le funzioni cognitive sono state valutate mediante il BHA test, consistente in un tool su tablet, della durata di 10 minuti, atto a riconoscere precocemente la demenza e i deficit cognitivi.
Rischio aumentato di deficit cognitivo lieve
La percentuale dei pazienti che avevano effettuato più di 10 iniezioni mostravano un alto rischio per un un lieve deficit cognitivo, rispetto a coloro che avevano effettuato un numero di iniezioni inferiore a 10. Il 49% di coloro che avevano effettuato più di 20 iniezioni, evidenziava una alta probabilità di deficit cognitivo lieve. Non è stato possibile distinguere i pazienti in base al farmaco anti-VEGF somministrato.
Ulteriori temi per studi futuri sono stati proposti da Ray, ma sono complessi e richiedono tempi lunghi. L’autore dello studio invita però nel frattempo gli oculisti a non mutare gli attuali protocolli terapeutici, ma piuttosto a considerare il grado di salute mentale dei pazienti durante il percorso curativo.
L’analisi dell’originalità dello studio invita a considerare anche la ricaduta della IVT con anti-VEGF sulla psiche dei pazienti affetti da AMD per la durata del percorso terapeutico, le implicazioni professionali, sociali, economiche e purtroppo anche l’influenza negativa esercitata dalle conseguenze dell’attuale pandemia.