Menopausa e disturbi del sonno, non serve prolungare l’uso dei farmaci
Uno studio su un campione di donne nel periodo perimenopausale con disturbi del sonno mostra che la terapia con farmaci ipnotici prolungata per uno o due anni non ha effetti significativi sulla qualità del sonno.
Lo studio ha confrontato i disturbi del sonno riferiti dalle donne che prendevano benzodiazepine e altri ipnotici con quelli riferiti da donne che non prendevano i farmaci dopo un follow-up di un anno e non ha trovato differenze significative. Stessi risultati con un follow-up a due anni.
Gli autori dello studio hanno dichiarato a Medscape:
Gli effetti benefici dei farmaci per dormire a breve termine sono noti e ben documentati. I risultati del nostro studio osservazionale non supportano l’uso di farmaci per il sonno a lungo termine”
Lievi differenze nella qualità del sonno dopo un anno tra chi prende i farmaci e chi non li assume
Lo studio, pubblicato su BMJ Open ha incluso una coorte di donne dallo studio SWAN (Study of Women’s Health Across the Nation), uno studio longitudinale sulle donne nel periodo perimenopausale.
In totale sono state incluse 685 donne, di queste 238 utilizzavano farmaci per il sonno (benzodiazepine, agonisti selettivi del recettore per le benzodiazepine e altri ipnotici) e 447 non li utilizzavano.
L’età media delle donne era di 49,5 anni. Tutte le donne hanno riportato un disturbo del sonno in almeno 3 notti a settimana durante un intervallo di 2 settimane. Al follow-up alle donne è stato chiesto di utilizzare una scala “Likert” per valutare tre aspetti del sonno: difficoltà a iniziare il sonno, risvegli frequenti e risveglio precoce. Su questa scala, 1 significa non avere difficoltà in nessuna notte, 3 rappresenta avere difficoltà 1-2 notti a settimana e 5 rappresenta avere difficoltà 5-7 notti a settimana.
Alla partenza dello studio le utenti di farmaci avevano un punteggio medio per la difficoltà ad iniziare il sonno di 2,7, per i risvegli frequenti 3,8, per il risveglio anticipato 2,9. Molto simili i punteggi delle non utilizzatrici di farmaci, che erano rispettivamente 2,6, 3,7 e 2,7. Dopo 1 anno, non c’era alcuna differenza statisticamente significativa nei punteggi tra i due gruppi. Per difficoltà ad iniziare il sonno il punteggio medio era 2,6 con i farmaci e 2,3 senza farmaci, per i risvegli frequenti 3,8 con i farmaci e 3,5 senza, per i risvegli precoci xx con i farmaci e 2,5 senza farmaci.
I limiti dello studio e il messaggio finale
Gli autori segnalano i limiti di questo studio osservazionale. Le donne che hanno dichiarato l’uso dei farmaci non hanno fornito dati precisi sulla terapia seguita, che potrebbe essere stata intermittente, mentre le donne classificate come non utilizzatrici dei farmaci non avevano la prescrizione medica, ma potrebbero aver utilizzato prodotti da banco.
In ogni caso, secondo uno degli autori, Daniel H. Solomon, del Brigham and Women’s Hospital di Boston MA (Usa), lo studio suggerisce che:
L’uso intermittente a breve termine dei farmaci per dormire può essere utile, ma vanno impiegati con parsimonia e i pazienti vanno informati che l’uso cronico di questi farmaci non è associato a un miglioramento dei disturbi del sonno”.