
Smartworking, i rischi per la salute fisica e psichica
Tra i cambiamenti più eclatanti che la pandemia da Covid-19 ha apportato alla vita quotidiana c’è sicuramente la diffusione del lavoro a distanza, definito smartworking per l’utilizzo di tecnologie informatiche.
Poter lavorare da casa, o comunque in un luogo diverso dall’ufficio, è certamente una forma di lavoro che offre numerosi vantaggi al lavoratore, a partire dal risparmio sui tempi di trasferimento casa-ufficio e la possibilità di conciliare meglio il tempo lavorativo con la propria vita privata e familiare. Tuttavia, ora che l’emergenza sanitaria ha obbligato milioni di persone a lavorare in smartworking emergono anche le controindicazioni. Lo spunto arriva da una ricerca commissionata da Fellowes, azienda che produce accessori e tecnologia per ufficio.
Gli effetti di postazioni di lavoro scomode e improvvisate
Secondo questo sondaggio condotto dalla società Atomik Research su 1.000 impiegati italiani che hanno lavorato in smartworking per almeno 4 mesi a causa dell’emergenza sanitaria, più della metà di loro soffre di stanchezza oculare (51%) e sono molto diffusi anche mal di testa (48%), mal di schiena (30%), torcicollo (32%) e dolore alle spalle (28%).
Oltre la metà degli intervistati (51%) afferma che la propria postazione di lavoro domestica è fonte di un maggiore affaticamento rispetto alla scrivania in ufficio. Emerge con chiarezza che spesso chi lavora da casa non dispone di una postazione comoda e adeguatamente attrezzata. Nella stessa indagine infatti il 15%, degli intervistati dichiara di utilizzare il tavolo da pranzo, l’11% il tavolo della cucina, il 5% il divano e il 3% il letto. Un fenomeno da valutare anche sotto il profilo della medicina del lavoro
“L’ergonomia domestica e quella lavorativa hanno esigenze distinte e separate. I fattori di rischio da malattie professionali muscolo-scheletriche sono numerosi, in special modo, se non si dispone di strumentazione idonea a salvaguardare i delicati equilibri dell’organismo. afferma Michele Montagna, Chinesiologo – Posturologo docente di Ergonomia, Prevenzione e Trattamento dei Disturbi Muscolo-Scheletrici DMS da Lavoro – Nel contesto di smartworking attuale, gli squilibri che si determinano, anche per la mancanza di dispositivi ergonomici adeguati e di supporto, implicheranno nel breve, medio e lungo termine, modifiche delle forme anatomiche e delle relative funzionalità fisiologiche”
Smartworking e nostalgia dell’ufficio
Lo smartworking per molti ha un impatto negativo anche sotto il profilo psicologico. Lavorare a casa, infatti, non sempre offre ai lavoratori dei vantaggi in termini di conciliazione tra lavoro e vita familiare. Circa la metà (49%) degli intervistati afferma di lavorare più ore quando si trova a casa rispetto all’ufficio, il 41% ritiene di dover essere sempre disponibile in ogni momento della giornata, mentre il 36% dichiara di non essere in grado di separare vita privata e professionale. Gli effetti di questo approccio allo smartworking si riflettono sull’impatto psicologico: 45% dei lavoratori si sente stressato, isolato, stanco (36%) e triste (33%).
Lo stress e i sintomi depressivi vanno naturalmente messi in relazione anche alla pandemia e al suo impatto sulla vita sociale, oltre che lavorativa. Come mostra una ricerca su 6700 individui italiani firmata da marco Delmastro dell’AGCOM e Giorgia Zamariola dell’università di Bologna, pubblicata su Scientific Reports, la pandemia ha provocato un aumento generalizzato di ansia e depressione. I punteggi più alti di sintomi depressivi son ostati rilevati nelle donne, nei giovani adulti, nelle persone in una condizione di incertezza professionale e con uno status socio-economico inferiore. È stata trovata una correlazione positiva anche per gli individui che vivono da soli e in coloro che non potevano uscire di casa per andare a lavorare.
Se l’attuale smartworking in molti casi è stata una risposta all’emergenza e non il risultato di una scelta consapevole è comunque previsto che il lavoro a distanza nei prossimi anni avrà una diffusione molto più ampia e rimane la necessità di considerare nuovi fattori di rischio per la salute di chi lavora da casa.