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Parkinson, segni e sintomi che possono precedere la diagnosi

La Malattia di Parkinson è una malattia neurologica, che si manifesta in media intorno ai 60 anni di età e che colpisce oggi 5 milioni di persone nel mondo, di cui circa 400.000 in Italia. La diagnosi precoce e l’inizio tempestivo di una terapia mirata possono modificare il decorso della malattia. Lo ha ricordato la Società Italiana di Neurologia (SIN), in occasione della Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson celebrata lo scorso 11 di aprile.

Per diagnosticare la Malattia di Parkinson nella fase pre-sintomatica, ricorda la SIN, bisogna prestare attenzione alle manifestazioni cliniche non specifiche, la cui presenza aiuta ad identificare i soggetti a rischio di sviluppare la malattia.

Segni che possono precedere di anni la diagnosi

I sintomi non-motori più importanti nella fase pre-sintomatica sono il deficit olfattivo (ipo o anosmia), la depressione, dolori alle articolazioni, e, soprattutto, il disturbo comportamentale durante il sonno REM (Rapid eye movement Behavioural Disorder RBD), caratterizzato da comportamenti anche violenti durante il sonno, quali urlare, scalciare, tirare pugni. L’RBD rappresenta, al momento, uno dei marker predittivi i più importanti della malattia di Parkinson: circa il 60% dei pazienti con disturbo comportamentale in sonno REM, infatti, sviluppa la malattia di Parkinson entro 10-12 anni.

La diagnosi della malattia è essenzialmente clinica e si basa sui sintomi, ricorda ancora la SIN, gli esami strumentali come la risonanza magnetica dell’encefalo possono contribuire a escludere quelle malattie che hanno sintomi analoghi al Parkinson. La conferma della diagnosi può arrivare da esami specifici come la SPECT (Tomografia Computerizzata ad Emissione Singola di Fotoni).

Nelle fasi già iniziali di malattia è possibile ora dimostrare la presenza della alfa-sinucleina, proteina che si accumula in modo abnorme in tale malattia, e che può essere dosata nei liquidi biologici e fra questi anche nella saliva.

Alfredo Berardelli, Presidente della SIN e Ordinario di Neurologia presso La Sapienza Università di Roma, ha dichiarato:

Iniziare il trattamento in una fase precoce di malattia o meglio ancora nella fase pre-sintomatica è importante sia per controllare i sintomi che per rallentare l’evoluzione della malattia di Parkinson. In queste fasi, infatti, i farmaci dopaminergici o farmaci neuroprotettivi (attualmente in studio) potrebbero davvero modificarne il decorso”.

Le novità della terapia

Per ciò che riguarda le possibilità terapeutiche la SIN ricorda che per alcuni pazienti con tremore è possibile utilizzare oggi gli ultrasuoni focalizzati sotto guida della Risonanza Magnetica in grado di determinare una lesione di una piccolissima parte di tessuto cerebrale, il talamo, riducendo da subito i tremori, con un’efficacia che si mantiene a lungo. La durata del trattamento è di circa 3 ore e si caratterizza per una scarsa invasività.

Recenti studi scientifici hanno confermato anche la grande efficacia della Deep Brain Stimulation in associazione ai farmaci, una combinazione che è superiore ai farmaci da soli. Peraltro le recenti linee guida hanno anticipato l’impiego della DBS in pazienti più giovani. Nuove metodiche di stimolazione profonda sono inoltre all’orizzonte (ad esempio la DBS adattativa). Infine, un adeguato stile di vita è importante per rallentare la progressione di malattia.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.