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metaboloma

Ricerca, nuove possibilità per capire come il cibo ci trasforma

L’uomo è ciò che mangia. Questo celebre aforisma del filofoso tedesco Ludwig Feuerbach ben si adatta a uno dei filoni di ricerca più promettenti della biochimica contemporanea, la metabolomica, ossia lo studio dei metaboliti, i prodotti finali (o intermedi) dei processi metabolici.

I metaboliti sono prodotti o utilizzati dall’organismo quando scompone cibo, farmaci, sostanze chimiche o i suoi stessi tessuti e si possono rintracciare in campioni di sangue o di feci, attravero diverse tecniche di analisi. In definitiva la metabolomica fotografa le impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari e ci fornisce così una base oggettiva per capire come gli alimenti, i nutrienti e altri fattori ambientali influiscano sul nostro stato di salute e sullo sviluppo di patologie acute e croniche.

La metabolomica non mirata

Dalla California arriva una notizia che ci può dare un’idea dei rapidi progressi in corso in questo campo di studi. Un team internazionale di scienziati, guidato da ricercatori dell’Università di San Diego, ha pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology i risultati di un nuovo metodo di analisi dei campioni di sangue e feci che permetterebbe di identificare un maggior numero di prodotti del metabolismo e collegarli meglio ad alimenti o altre sostanze ambientali.

I ricercatori hanno utilizzato il metodo della “metabolomica non mirata” (untargeted metabolomics) che permette di identificare, in campioni biologici, un ampio numero di molecole derivate dal metabolismo e hanno confrontato i risultati con un ampio database di alimenti presenti nella dieta in diverse parti del mondo. In questo modo è stato compilato un catalogo molto più ampio di quello attualmente dipsonibile di “firme molecolari” create dal consumo di cibo o dai prodotti dei processi digestivi.

Il senso della ricerca è sintetizzato così da Pieter Dorrestein, direttore della Collaborative Mass Spectrometry Innovation Center presso la Skaggs School of Pharmacy and Pharmaceutical Sciences  dell’Università della California (UC) a San Diego:

Possiamo utilizzare questo approccio per ottenere informazioni su come si alimenta una persona in modo oggettivo e comprendere meglio le relazioni con il suo quadro clinico. Ora è possibile collegare agli effetti sulla salute le molecole che sono prodotte dall’alimentazione non una alla volta, ma tutte insieme.”

Gli alimenti e il territorio da cui provengono

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato migliaia di alimenti forniti da persone in tutto il mondo nell’iniziativa Global FoodOmics lanciata all’UC San Diego sette anni fa.

Gli autori hanno affermato che il nuovo metodo ha consentito loro di analizzare i modelli dietetici (vegani contro onnivori, ad esempio), il consumo di alimenti specifici e, più in generale, di confrontare i dati con qualsiasi database di riferimento esistente.

Rob Knight, direttore del Center for Microbiome Innovation alla UC di San Diego aggiunge:

Questo progresso è fondamentale perché i metodi tradizionali per valutare l’alimentazione, come i diari alimentari o i questionari sulla frequenza degli alimenti, sono difficili da compilare e molto difficili da eseguire con precisione.”

“La possibilità di leggere direttamente la dieta da un campione di sangue o di feci – aggiunge Knight, – ha enormi implicazioni per la ricerca in popolazioni come, per esempio, le persone con malattia di Alzheimer, che potrebbero non essere in grado di ricordare o spiegare cosa hanno mangiato.”

Di particolare interesse, hanno affermato Dorrestein e Knight, sono stati i grandi miglioramenti  nell’identificare le diverse molecole nel sangue o nelle feci che sono attribuibili a un cibo abbinato a una specifica popolazione. E ha citato l’esempio di cibi italiani abbinati a persone della penisola del Cilento dove gli  scienziati di Diego stanno collaborando a uno studio sui centenari. Commenta Knight:

Sarà importante ottenere campioni di cibo e test clinici da persone di tutto il mondo per capire come le nostre molecole e i microbi lavorano insieme per proteggere oppure minacciare la nostra salute.”

“Questo studio indica anche la strada per spiegare la materia oscura (quello che non conosciamo ndr) nel nostro metaboloma – ha aggiunto Dorrestein – non solo in termini di dieta, ma anche nell’esposizione alle sostanze chimiche, nei vestiti che indossiamo, nei farmaci che assumiamo, nei prodotti di bellezza e in tanti altri fattori ambientali. Ci permetterà davvero di esplorare le connessioni chimiche tra noi e il mondo in cui abitiamo”.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.