Celiachia in Italia, aumentano le diagnosi e cresce la necessità di formazione
I celiaci in Italia sono più di 240mila, con un trend in crescita. Le nuove diagnosi nell’ultimo triennio sono state in media 9mila all’anno, con una netta prevalenza del sesso femminile (70%). Una fotografia dettagliata della diffusione della celiachia nel nostro Paese e dell’orientamento delle politiche sanitarie in questo ambito è offerta dalla Relazione annuale sulla celiachia al Parlamento (riferita al 2021), da poco pubblicata a cura della Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute.
I dati epidemiologici: diagnosi in aumento
Nel 2021 in Italia le persone con diagnosi di malattia celiaca erano 241.729 (70% donne). In media, in Italia ogni anno vengono effettuate oltre 9mila nuove diagnosi di celiachia, con una prevalenza della malattia dello 0,41%. Considerando che la prevalenza stimata della celiachia nei paesi occidentali è intorno all’1% si può ipotizzare che siano ancora molti i casi non diagnosticati. Secondo una recente indagine condotta in Italia le mancate diagnosi potrebbero arrivare al 60% dei casi.
Distribuzione percentuale dei celiaci in Italia
Inquadramento clinico: quattro forme di celiachia
Il documento del Ministero della Salute, sulla base della presentazione clinica, distingue quattro forme di celiachia:
- Classica (o tipica), che compare durante i primi 3 anni di vita, dopo una latenza di alcuni mesi dalla introduzione di cereali contenenti glutine.
- Non classica (o atipica) che viene spesso osservata in bambini di età superiore ai 3 anni, caratterizzata da sintomatologia intestinale aspecifica e/o manifestazioni extra-intestinali quali anemia sideropenica, bassa statura, ritardo puberale, ipertransaminasemia isolata o dermatite erpetiforme.
- Silente, ossia la malattia senza una chiara sintomatologia, che viene occasionalmente individuata a seguito di screening sierologico in soggetti a rischio.
- Potenziale, forma caratterizzata da un pattern sierologico tipico, in presenza di un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato.
Sintomi, segni e condizioni cliniche associati alla celiachia
Algoritmi diagnostici e rischi per gli adolescenti
La Relazione riassume gli algoritmi diagnostici per la celiachia utilizzati nelle diverse fasce d’età, con una sottolineatura particolare che riguarda l’adolescenza. In questa fascia d’età, infatti, la celiachia può andare a incidere negativamente sul processo di mineralizzazione dell’osso. La mancata diagnosi o l’abbandono della dieta senza glutine, che è un rischio frequente negli adolescenti, può quindi determinare un rischio di osteoporosi in età adulta. Il documento sottolinea che “più della metà degli adolescenti abbandona la dieta senza glutine.”
Un fenomeno spiegabile non solo con l’insofferenza alle regole tipica di questa fascia d’età, ma anche con problemi assistenziali.
“È stato calcolato – si legge nella Relazione – che solo una minoranza (meno del 20%) degli adolescenti celiaci rimane affidato a cure mediche specialistiche dopo l’adolescenza. Questo evento rappresenta uno dei fattori di maggior peso nel favorire una cattiva aderenza alla dieta aglutinata e impone la ricerca di una soluzione specifica.”
“La transizione ideale – suggerisce la relazione – dovrebbe prevedere la creazione di un ambulatorio dedicato in cui il gastroenterologo pediatra e quello dell’adulto possano interagire alla presenza dell’interessato in un paio di incontri formulando e condividendo il suo programma di controlli.”
Le strategie per l’individuazione dei casi non diagnosticati di celiachia
Nella prefazione della Relazione, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, scrive, tra l’altro:
la prevenzione è sempre più efficace della cura e l’Italia crede fortemente nei programmi e nei protocolli diagnostici e di follow-up come forma primaria di salvaguardia.”
L’individuazione dei casi di celiachia nella popolazione generale viene attualmente affidata al metodo del case-finding, ovvero “la scelta degli individui da sottoporre al test diagnostico di celiachia attraverso la valutazione dei segni e dei sintomi, della familiarità e delle comorbidità”. Tuttavia, alcuni esponenti della comunità scientifica hanno proposto lo screening della popolazione generale per far emergere i molti casi non diagnosticati.
Nella Relazione si evidenziano diverse criticità per l’applicazione alla celiachia dello screening di massa. Tra queste c’è il valore predittivo troppo basso dei test iniziali per la malattia e il fatto che la negatività a un test nei primi anni di vita non può escludere l’insorgenza della celiachia in età adulta.
La relazione conclude quindi che:
per aumentare il numero delle diagnosi di celiachia e colmare il gap tra le attuali diagnosi e quelle attese, la strategia più efficace da seguire è quella del case-finding, avviando quindi agli accertamenti sierologici solo per le persone che mostrano sintomi e segni suggestivi di celiachia e i familiari di I grado di persone già diagnosticate con celiachia e/o che presentano patologie associate alla celiachia.”
Il ruolo della medicina territoriale per una diagnosi precoce
Se la tempestività della diagnosi di celiachia non è affidata allo screening, ma alla individuazione dei casi sospetti, emerge il ruolo della medicina di famiglia e del territorio. Si legge nella Relazione:
per un’applicazione efficace della strategia del case-finding, la formazione del personale medico è fondamentale considerato che questo è deputato ad individuare i sintomi e/o segni precoci suggestivi di celiachia e avviare i pazienti ai successivi accertamenti sierologici e strumentali.”
“Questo approccio – si legge ancora nella Relazione – richiede una formazione rigorosa della classe medica, soprattutto quella territoriale, sulla celiachia e sulle caratteristiche suggestive di questa patologia considerato che devono essere in grado di intercettare i pazienti a rischio, prescrivere il primo dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi e, in caso di positività o dubbio, inviarli ai centri secondari per il completamento dell’iter diagnostico previsto dalle linee guida.”
La dieta senza glutine e la rimborsabilità degli alimenti per celiaci
Nelle Relazione si legge che:
l’unico trattamento scientificamente valido per le persone affette da celiachia è uno stretto regime alimentare senza glutine ovvero una dieta che prevede alimenti e bevande naturalmente privi di glutine e alimenti e bevande appositamente prodotti senza glutine.”
Le Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia prevedono il rimborso dei prodotti senza glutine con limiti massimi di spesa attualmente, fissati con decreto ministeriale 10 agosto 2018. nella Relazione si specifica che:
“Gli alimenti senza glutine erogabili gratuitamente alle persone celiache sono quelli classificabili come “specificamente formulati per celiaci” o “specificamente formulati per persone intolleranti al glutine” e appartenenti alle seguenti categorie:
- pane e affini, prodotti da forno salati
- pasta e affini; pizza e affini; piatti pronti a base di pasta
- preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini
- prodotti da forno e altri prodotti dolciari
- cereali per la prima colazione
Nel 2021 per i prodotti senza glutine erogati il SSN ha speso circa € 233.349.439,00.
Infine, un aspetto pratico che può essere di grande utilità per i pazienti celiaci è la dematerializzazione e la circolarità dei buoni per l’acquisto dei prodotti senza glutine. Si legge nella Relazione:
al fine di uniformare le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine, favorire la diversificazione dei canali distributivi e consentire la circolarità dell’erogazione in tutte le regioni italiane è stato previsto un investimento che mira al potenziamento del fascicolo sanitario elettronico e al completamento del Sistema Tessera Sanitaria. Nell’ambito di tale progetto è ricompresa la digitalizzazione dei buoni per la spesa per i soggetti celiaci, l’utilizzo degli stessi nella piccola, media e grande distribuzione, nonché la circolarità degli stessi buoni sull’intero territorio nazionale.”
In collaborazione con Dr. Schär