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Deficit di vitamina D, un problema non solo scheletrico, ma multidistrettuale

  • Anastassia Zahova
  • Medicina

A cura di Fabio Vescini MD, PhD
Direttore SOC Endocrinologia
ASU FC-Dipartimento di Area Oncologica
P.O. Santa Maria della Misericordia di Udine

La vitamina D è comunemente associata alla salute dell’osso, ma rappresenta in realtà un vero e proprio ormone pleiotropico, che influenza molteplici distretti corporei. Classicamente la vitamina D, nella sua forma attivata (1,25-OH2 vitamina D, anche detto calcitriolo), contribuisce alla salute dell’osso favorendo l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo, componenti indispensabili della matrice ossea e, allo stesso tempo, limitandone l’escrezione a livello renale. La prima azione dipende da un effetto diretto della vitamina D sulle cellule intestinali, mentre la seconda è svolta indirettamente mediante la riduzione del paratormone (PTH), un ormone prodotto dalle ghiandole paratiroidi, che favorisce il riassorbimento renale di calcio.

Una carenza di vitamina D, soprattutto se cronica, si associa dunque ad un’alterazione del fisiologico metabolismo dell’osso, il quale non è affatto un tessuto inerte come si potrebbe ipotizzare, ma un sistema altamente dinamico. Tra le principali patologie ossee associate a carenza di vitamina D figura l’osteomalacia, ovvero un difetto nella mineralizzazione della matrice organica dell’osso, che ne altera la struttura e ne aumenta la fragilità. Se tale deficit di mineralizzazione si verifica durante l’età dello sviluppo, può causare anche severe deformazioni ossee, condizione definita rachitismo. Allo stesso tempo, in età adulta la carenza severa e cronica di vitamina D concorre allo sviluppo della cosiddetta osteomalacia, ma contribuisce anche alla patogenesi dell’osteoporosi, una malattia caratterizzata da riduzione della densità minerale ossea (BMD), che espone il paziente ad un aumentato rischio di fratture.

Numerosi studi hanno però confermato che l’azione della vitamina D non si limita solo allo scheletro, ma influenza anche molti altri processi fisiologici in diversi sistemi corporei, tra cui il sistema immunitario, il distretto muscolare, l’apparato respiratorio.

A livello immunitario, la vitamina D è coinvolta ad esempio nella modulazione della risposta agli agenti patogeni e nella regolazione della risposta infiammatoria. A livello muscolare, alcuni studi hanno evidenziato un potenziale effetto della vitamina D sulla capacità contrattile del muscolo, e, in effetti, la sua carenza severa può associarsi a debolezza e dolori muscolari. A livello respiratorio, alcuni studi hanno evidenziato che la vitamina D potrebbe essere coinvolta nel corretto sviluppo dell’alveolo polmonare e, in generale, nell’attivazione delle cellule immunitarie in questo distretto.

La carenza di vitamina D è stata, infatti, associata ad una maggiore suscettibilità ad infezione delle vie respiratorie (tra cui anche il COVID-19), e al peggioramento dei sintomi in pazienti con asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Alcuni studi inoltre hanno evidenziato che la vitamina D potrebbe anche svolgere un effetto protettivo sullo sviluppo di neoplasie e ridurre la mortalità in generale.

Queste osservazioni non implicano che la somministrazione di vitamina D sia in grado di curare tutte queste condizioni, ma la sua carenza, soprattutto se severa e cronica, rappresenta un problema, non solo scheletrico, ma “multidistrettuale”, che va adeguatamente identificato e trattato, soprattutto nei soggetti fragili e pluripatologici.

Anastassia Zahova

Giornalista medico scientifico