
Ipercolesterolemia, nuove conferme di efficacia per l’acido bempedoico
Per i soggetti ad alto rischio cardiovascolare, le più recenti linee guida prescrivono una riduzione dei livelli di colesterolo molto ambiziosi, difficili da ottenere con i farmaci convenzionali. Le cose possono però cambiare con l’assunzione di acido bempedoico, farmaco che agisce inibendo l’azione dell’enzima ACL e con ciò la sintesi epatica del colesterolo.
Gli studi condotti finora hanno mostrato che l’assunzione di acido bempedoico è in grado di indurre una riduzione dei livelli di colesterolo LDL del 17-28%, ed è associata a un minor rischio di eventi cardiovascolari avversi maggiori nei pazienti che non possono o non vogliono assumere statine.
Ora arrivano nuove conferme dai dati resi noti nel corso del congresso della Società Europea di Aterosclerosi, tenutosi a Mannheim, in Germania.
Nello studio di fase 3 CLEAR Outcomes ridotto del 13% il rischio relativo di eventi avversi cardiovascolari maggiori
Nel corso dello studio di fase 3 , condotto dall’azienda biotecnologica statunitense Esperion Therapeutics Inc., l’uso di acido bempedoico è risultato associato a una riduzione del rischio relativo (RRR) del 13% nell’endpoint primario rappresentato dalla composizione di eventi avversi cardiovascolari maggiori, noto come MACE-4: morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o rivascolarizzazione coronarica. Significativi anche i dati relativi alla riduzione del rischio per l’endpoint chiave secondario (MACE-3), composto da morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale.
Alberico Catapano, di Multimedica IRCCS e Università degli Studi di Milano, nonché co-chairman delle linee guida EAS/ESC per il trattamento delle dislipidemie, ha commentato:
le evidenze sino ad oggi a disposizione sull’acido bempedoico riguardavano il suo effetto sulla riduzione del colesterolo LDL, ma non il suo impatto sulla morbilità e mortalità cardiovascolare. Lo studio CLEAR Outcomes risponde a questa domanda e dimostra che l’acido bempedoico riduce gli eventi avversi cardiovascolari maggiori in pazienti con o ad alto rischio di malattia cardiovascolare”
“Questo – ha aggiunto Catapano – pone l’acido bempedoico come una opzione terapeutica aggiuntiva che, attraverso la riduzione del colesterolo LDL, può aiutare i pazienti a rischio alto e molto alto a ridurre il loro rischio cardiovascolare. Inoltre, questi dati mostrano che l’acido bempedoico può rispondere a un’esigenza clinica insoddisfatta, fornendo un’opzione terapeutica efficace per quei pazienti che non vogliono aumentare il dosaggio o non possono assumere la terapia statinica”.
Lo studio osservazionale SANTORINI mostra i miglioramenti dei livelli medi di colesterolo nei pazienti a rischio alto e molto alto
Oltre a ciò sono stati diffusi i risultati di uno studio multinazionale, prospettico, osservazionale, non interventistico denominato SANTORINI, condotto per documentare, nella pratica clinica quotidiana, l’effectiveness delle attuali opzioni terapeutiche per la gestione dei livelli di C-LDL nei pazienti con ipercolesterolemia. I dati, relativi a 7.210 pazienti, hanno mostrato, nei pazienti a rischio alto e molto alto, un miglioramento dei livelli medi di colesterolo LDL di circa 0,4 mmol/L. Inoltre, a un anno di follow-up, una percentuale maggiore di pazienti ha raggiunto l’obiettivo di C-LDL rispetto al basale (31,2% vs. 21,2%)
Kausik Ray, presidente della Società Europea di Aterosclerosi, nonché sperimentatore principale dello studio SANTORINI, ha dichiarato:
sono incoraggiato dagli ultimi risultati dello studio SANTORINI, secondo cui un numero maggiore di persone sta raggiungendo gli obiettivi di colesterolo LDL, ma la strada da percorrere è ancora lunga. In Europa quasi l’80% dei pazienti a rischio alto o molto alto di eventi cardiovascolari non raggiunge gli obiettivi di C-LDL raccomandati dalle linee guida, esponendoli a un rischio elevato di incorrere in un evento cardiovascolare acuto e spesso fatale. È fondamentale che gli operatori sanitari utilizzino appieno tutti gli strumenti a loro disposizione per ridurre il C-LDL dei pazienti e, conseguentemente, il rischio di infarto e ictus ischemico.”
“I dati presentati – ha aggiunto Ray – segnano un passo entusiasmante e cruciale nel fornire ai medici le opzioni terapeutiche necessarie per mitigare l’impatto delle malattie cardiovascolari in tutta Europa e dimostrano chiaramente il ruolo essenziale che le terapie di associazione svolgono nel raggiungimento degli obiettivi di C-LDL.”