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Leucemia linfatica cronica. Inquadramento clinico e indicazioni di terapia

Francesca Martini*, Emanuela Sant’Antonio*, Lydia Scarfò, Paolo Ghia

Programma di ricerca strategica sulla leucemia linfatica cronica, Università Vita Salute e IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano
*FM e ES hanno ugualmente contribuito come primi autori

La leucemia linfatica cronica (LLC) è la forma più frequente di leucemia dell’adulto nel mondo occidentale e coinvolge soprattutto la popolazione anziana. La malattia viene spesso diagnosticata occasionalmente, in corso di esami ematici eseguiti di routine o per altre comorbidità in pazienti altrimenti asintomatici. Molto spesso all’esordio richiede unicamente un follow up periodico, e un programma di screening e diagnosi precoce con particolare attenzione al rischio di altre neoplasie, in particolare cutanee, e infettivo, che caratterizza i pazienti con LLC.
Uno snodo cruciale è la decisione su quando iniziare un trattamento specifico, che, se necessario, al giorno d’oggi grazie agli sviluppi della ricerca, può avvalersi di farmaci biologici innovativi.

La leucemia linfatica cronica (LLC) è un disordine linfoproliferativo cronico, ad andamento generalmente indolente, che rientra tra le neoplasie a cellule B-mature della classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). L’età media dei pazienti al momento della diagnosi è intorno ai 70 anni; il sesso maschile è colpito 1,5-2 volte più frequentemente rispetto a quello femminile. Nei Paesi occidentali l’incidenza è pari a 2-6 casi/100.000 abitanti all’anno, ed è crescente in base all’età (da 1 caso/100.000 abitanti all’anno fra 40-50 anni, fino a 20 casi/100.000 abitanti all’anno fra i 70 e gli 80 anni).

Diagnosi e quadro clinico

La LLC viene generalmente diagnosticata in occasione di esami del sangue routinari in pazienti asintomatici, che presentano all’emocromo una linfocitosi assoluta e/o ombre di Gumprecht (ovvero linfociti rotti durante l’esecuzione dello striscio di sangue venoso periferico perché più fragili). La diagnosi di LLC si basa sul riscontro di un numero di linfociti B clonali su sangue venoso periferico ≥5.000/µl, che alla valutazione citofluorimetrica risultano CD19+, CD5+, CD23+, CD200+, CD20 a bassa intensità, con CD22 e/o CD79b debolmente positivo e debole espressione delle immunoglobuline di superficie associata a restrizione delle catene leggere.

La forma di malattia caratterizzata da un prevalente coinvolgimento linfonodale (cosiddetto linfoma a piccoli linfociti o small lymphocytic lymphoma, SLL), che è un quadro di presentazione meno frequente, viene diagnosticata tramite biopsia linfonodale in pazienti che presentino linfoadenopatie in assenza di linfocitosi B clonale ≥5.000/µl. Infine i soggetti con una conta B linfocitaria clonale minore di 5.000/µl e assenza di manifestazioni di malattia (linfoadenomegalie, organomegalie), vengono classificati come linfocitosi B monoclonale o monoclonal B-cell lymphocytosis (MBL), considerata la forma preleucemica della LLC.

Le manifestazioni caratteristiche della malattia che possono essere presenti alla diagnosi oppure comparire durante il decorso della malattia comprendono: ingrandimento linfonodale, epato-splenomegalia, citopenie periferiche (generalmente anemia e piastrinopenia). La valutazione di questi elementi è alla base delle storiche classificazioni di Rai e Binet (TABELLA 1).

Stadiazione di Rai e Binet

Tabella 1

È importante distinguere tra forme di anemia e piastrinopenia autoimmuni e forme di citopenie cosiddette iporigenerative (cioè legate a una riduzione di alcune filiere midollari quando il midollo è occupato da infiltrato linfocitario patologico) sia perché le forme autoimmuni non rientrano negli stadi avanzati di Binet e Rai, sia perché il loro trattamento è diverso.

Altri disturbi, caratteristici dei linfomi in generale, sono i cosiddetti sintomi B (astenia, febbricola serotina, calo ponderale significativo >10% del peso corporeo in un periodo <6 mesi in presenza di adeguato apporto calorico, sudorazione profusa soprattutto notturna), che in genere si presentano in una minoranza dei pazienti e, quando presenti, sono quasi sempre associati ad altre manifestazioni di progressione.

I pazienti con LLC presentano una compromissione del sistema immunitario che li rende più fragili nei confronti delle infezioni, che sono infatti le principali cause di morbidità e mortalità. Il sistema immunitario è globalmente sovvertito a più livelli ed è comune la presenza di ipogammaglobulinemia. Pertanto, viene consigliato il vaccino antinfluenzale annuale, antipneumococcico a cadenza quinquennale, anti varicella-zoster (vaccino ricombinante) e dosi booster di vaccino per SARS-CoV-2, mentre si evita l’utilizzo di vaccini vivi attenuati. La somministrazione di immunoglobuline endovena o sottocute è raccomandata solo nei casi con ipogamma-globulinemia severa e infezioni (generalmente batteriche) ricorrenti, soprattutto durante l’evento.

Data la ridotta risposta al vaccino per SARS-CoV-2 rispetto alla popolazione generale, come sieroconversione e titolo anticorpale, nonostante le dosi booster, i pazienti con LLC sono da considerarsi potenziali candidati alla profilassi passiva. Inoltre, i pazienti con LLC sono risultati più vulnerabili al rischio di evoluzione in forma grave dell’infezione, ed è quindi indicata la terapia antivirale precoce (entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi).

Soprattutto in corso di trattamento per la LLC, vi è il rischio di sviluppare infezioni opportunistiche (come polmoniti da Pneumocystis jirovecii o infezioni fungine da Aspergillus) e riattivazioni di HBV. Pertanto, al momento dell’inizio del trattamento, in relazione alla terapia e alla storia del paziente, può rendersi necessaria la prescrizione di profilassi anti-infettive. Proprio le complesse alterazioni immuni che caratterizzano la LLC espongono i pazienti a un maggiore rischio di sviluppare altre neoplasie (ematologiche e non), più frequentemente cutanee (ad esempio carcinomi baso e spino-cellulari), per cui è consigliata sorveglianza dermatologica, fotoprotezione e adesione ai periodici programmi di screening oncologico (FIGURA 1).

Elementi chiave per la gestione del paziente con diagnosi di leucemia linfatica cronica

Figura 1

 

Le alterazioni del sistema immunitario possono manifestarsi anche come patologie autoimmuni, più frequentemente citopenie, molto più raramente manifestazioni non ematologiche (pemfigo, angioedema, vasculiti, glomerulonefriti, Sjögren ecc.).

In rari casi (5-10%) i pazienti con LLC possono sviluppare una forma aggressiva di linfoma, la cosiddetta trasforma zione di Richter (TR). Nella TR le cellule del linfoma risultano appartenere allo stesso clone delle cellule LLC, come documentato dal riarrangiamento dello stesso gene delle immunoglobuline. Clinicamente la TR si caratterizza per un rapido deterioramento clinico con sintomi sistemici, aumento asimmetrico dei linfonodi e prognosi generalmente sfavorevole. La diagnosi necessita della conferma istologica su biopsia linfonodale.

Eziopatologia

Benché l’esatta eziologia della LLC non sia nota, i dati in letteratura suggeriscono il ruolo di alcuni fattori genetici nel modulare il rischio di sviluppare la patologia, mentre più controverso è il ruolo dei fattori ambientali, come l’esposi zione ad alcuni pesticidi. Infatti, nelle popolazioni orientali la malattia è più rara, rispetto a quelle occidentali; inoltre, gruppi etnici che migrano verso paesi diversi da quelli di origine tendono a mantenere un rischio comparabile a quello del proprio paese di provenienza. Nonostante la caratteristica tendenza all’aggregazione familiare, è bene sottolineare che non vi è indicazione a uno screening dei familiari di un paziente con diagnosi di LLC.

La cellula di origine

È noto da tempo che i casi di LLC possono essere suddivisi in due grandi gruppi sulla base del fatto che le cellule leucemiche presentino o meno i segni biologici del passaggio attraverso il centro germinativo, ossia l’accumulo di mutazioni somatiche a carico della sequenza del gene codificante per la porzione variabile delle catene pesanti delle immunoglobuline (IGHV). I casi in cui la cellula leucemica presenta >2% di mutazioni somatiche rispetto alla sequenza germline sono stati ricondotti all’espansione di linfociti B memoria che hanno incontrato un antigene T-dipendente e che hanno attraversato la fase di maturazione che avviene nei centri germinativi. I casi in cui, invece, la cellula leucemica presenta un’elevata omologia (≥98%) con la sequenza germline potrebbero derivare da linfociti B che hanno incontrato l’antigene in maniera T-indipendente e hanno sviluppato un fenotipo “memoria” senza passaggio attraverso il centro germinativo.

Ruolo della via di segnalazione del BCR e suscettibilità all’apoptosi

La sopravvivenza della cellula leucemica dipende dall’interazione con il microambiente in cui si trova, che avviene attraverso l’espressione di alcune molecole di superficie, e in particolare a seguito della stimolazione da parte di antigeni che si legano con il recettore immunoglobulinico presente sui linfociti B (B-cell receptor, BCR). La centralità del ruolo del BCR e del signaling che esso attiva a livello intracellulare è testimoniata dall’efficacia terapeutica dei farmaci in grado di inibirlo.

La trasmissione intracellulare del segnale coinvolge a cascata una serie di molecole, quali la Bruton tirosin chinasi (BTK) e la subunità delta della fosfatidil-inositol-3 chinasi (PI3K delta); queste ultime rappresentano bersagli molecolari per terapie targeted di comprovata efficacia.

A differenza di quanto ritenuto in passato, le cellule della LLC presentano una loro attività replicativa, che coinvolge quotidianamente una frazione piccola ma non trascurabile di cellule, pari a circa lo 0,1-1% del totale. I meccanismi di regolazione dell’apoptosi (morte cellulare programmata) delle cellule leucemiche sono di grande interesse ai fini terapeutici. Infatti, tra i farmaci comunemente utilizzati vi è il venetoclax, che è un inibitore potente e selettivo della proteina anti-apoptotica BCL2, che risulta essere sovraespressa nelle cellule leucemiche. Bloccando l’azione di tale proteina, il venetoclax è in grado di uccidere le cellule LLC.

Anomalie citogenetiche e mutazioni ricorrenti

Grazie all’utilizzo di tecniche quali la ibridazione in situ a fluorescenza (FISH) è emerso come la maggior parte dei casi di LLC esprima una o più tra 4 alterazioni genetiche ricorrenti, di cui la più importante ai fini prognostici e predittivi è la delezione del braccio corto del cromosoma 17 (TABELLA 2).

Anomalie citogenetiche ricorrenti nella leucemia linfatica cronica e relativa frequenza alla diagnosi

Tabella 2

Va inoltre considerato che le anomalie genetiche delle cellule leucemiche possono andare incontro a modifica ed evoluzione nel corso del tempo (cosiddetta evoluzione clonale), anche per effetto delle terapie che i pazienti ricevono.

17p-/mutazione TP53

Nei pazienti con LLC il gene oncosoppressore TP53, che mappa sul locus 17p13, può essere alterato per delezione o per mutazione inattivante. La perdita della proteina p53 funzionale, che sorveglia il ciclo cellulare e la corretta replicazione del DNA, porta dunque a una perdita del controllo del ciclo cellulare, e a un relativo accumulo di cellule leucemiche con multiple alterazioni genetiche, per resistenza all’apoptosi. L’impatto prognostico sfavorevole, in termini di ridotta sopravvivenza, e il ruolo predittivo delle alterazioni di TP53 è stato ben documentato, anche se i farmaci targeted ne hanno mitigato il tradizionale significato sfavorevole legato alla chemioresistenza. Questa anomalia è più rara tra i pazienti alla diagnosi (2-5% dei casi) e molto più comune nei casi di malattia recidivata o refrattaria (20-30% dei casi). Sono inoltre oggetto di studio attivo altre mutazioni di geni quali ad esempio NOTCH1, SF3B1, BIRC3, RPS15, la cui determinazione non rientra, al momento, nella valutazione del paziente nella pratica comune.

Cariotipo complesso

La definizione di cariotipo complesso così come mutuata dal setting delle leucemie acute, racchiude quei casi che presentano almeno tre alterazioni cromosomiche, identificate mediante analisi citogenetica convenzionale. Il ruolo prognostico indipendente del cariotipo complesso nel campo della LLC è attualmente dibattuto, incluso il numero di anomalie per definire la complessità, anche se tale caratteristica genetica sembra mantenere un significato sfavorevole indipendente anche in pazienti trattati con nuovi farmaci targeted.

Terapia e indicazioni al trattamento

La gestione clinica dei pazienti affetti da LLC è stata completamente rivoluzionata negli ultimi anni, grazie all’introduzione di utili markers predittivi e di nuovi agenti terapeutici non chemioterapici.

Il primo importante punto nella gestione di un paziente con LLC è la decisione su quando iniziare il trattamento. Non essendo dimostrato alcun beneficio di un trattamento precoce, la maggior parte dei pazienti necessita, almeno inizialmente, solo di un follow up (che si avvale di valutazione clinica, esami ematici ed ecografia addome).

I principali criteri che pongono indicazione all’inizio della terapia sono:

• Segni di insufficienza midollare quali: anemia con emoglobina <10 g/dl (è importante escludere le forme secondarie a deficit marziale, deficit di B12 e/o folati, emolisi); piastrinopenia <100.000/μl ingravescente o sintomatica (valori di piastrine inferiori a 100.000/μl ma stabili nel tempo possono essere ancora monitorati se il paziente rimane asintomatico). Anche in questo caso devono essere escluse forme autoimmuni o carenziali.

• Linfoadenopatie ≥10 cm o sintomatiche (ad esempio per compressione di organi addominali).

Tradizionalmente sono annoverati tra questi criteri anche il rapido incremento della conta linfocitaria (tempo di raddoppiamento <6 mesi), la splenomegalia di rilievo clinico (≥6 cm sotto l’arcata costale), la presenza di sintomi B. Questi aspetti, sebbene significativi, raramente inficiano la qualità di vita del paziente in modo rilevante e quasi mai rappresentano un criterio isolato per l’inizio della terapia.

Un discorso a parte deve essere fatto per le citopenie autoimmuni quali anemia emolitica autoimmune (AEA) o piastrinopenia autoimmune. In questi casi la terapia steroidea rappresenta la prima linea. Nei casi refrattari o recidivanti, deve essere considerata la terapia specifica per la LLC; in alternativa, soprattutto i pazienti che non abbiano altre indicazioni al trattamento per la LLC, possono beneficiare dell’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab.

Una volta definita la necessità di trattamento, quest’ultimo deve essere scelto sulla base di una valutazione complessiva delle caratteristiche biologiche di malattia (analisi FISH per delezione cromosoma 17, ricerca mutazione del gene TP53 e analisi dello stato mutazionale IGHV) nonché dell’età e delle comorbidità del paziente.

Attualmente, sin dalla prima linea di trattamento sono disponibili farmaci biologici che interferiscono con il signaling intracellulare mediato da BTK (ibrutinib, acalabrutinib) o da PI3Kdelta (idelalisib) o con l’attività di BCL2 (venetoclax). Questi farmaci possono essere utilizzati in prima linea o nelle linee successive, in monoterapia o in associazione ad anticorpi monoclonali (obinutuzumab, rituximab) diretti contro la proteina di superficie dei linfociti B CD20. I farmaci biologici sopra citati sono efficaci anche nei pazienti che presentano delezione del cromosoma 17 o mutazione di TP53, alterazioni che conferiscono resistenza alla chemio-immunoterapia. Gli inibitori di BTK determinano all’inizio del trattamento una linfocitosi periferica che può anche essere rilevante, ma regredisce in alcuni mesi e non va interpretata come segno di mancata risposta.

Un altro fattore che viene considerato nella scelta della terapia è la diversa modalità di trattamento, con alcune terapie che prevedono una durata a termine (es. venetoclax + anticorpo monoclonale anti-CD20) e altre una somministrazione continuativa (ibrutinib, acalabrutinib) (TABELLA 3).

Algoritmo terapeutico nei pazienti con leucemia linfatica cronica

Tabella 3
Tabella 3-2

 

Nei pazienti alla recidiva viene inoltre incorporata nell’algoritmo decisionale anche l’esposizione alle precedenti linee terapeutiche con relativa qualità e durata della risposta di ciascuna nonché delle tossicità eventualmente sviluppate.

Nei pazienti giovani e in buone condizioni, trattati con farmaci biologici come gli inibitori del BCR e di BCL2, e che successivamente perdano la risposta, può essere valutata l’opzione del trapianto allogenico midollare, che è però gravata dal rischio di una tossicità notevole e pertanto riservata a casi selezionati.

Recentemente sono stati eseguiti studi per valutare l’efficacia della combinazione di due o più farmaci biologici (inibitori di BTK e venetoclax +/-anticorpi monoclonali anti-CD20) al fine di ottenere risposte più profonde e durature. Sono inoltre in via di sviluppo farmaci con meccanismi d’azione innovativi, quali inibitori non covalenti di BTK, anticorpi bispecifici e linfociti T CAR (Chimeric Antigen Receptor) ovvero cellule T ingegnerizzate al fine di colpire specificamente le cellule leucemiche.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.