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oncologia donna

Tumori ginecologici, la mappa degli ospedali “bollino rosa”

La Fondazione Onda ha promosso una mappatura degli ospedali con il Bollino Rosa e avviato un’indagine conoscitiva tra le pazienti

Nel nostro Paese, le donne colpite da tumori dell’ovaio e dell’endometrio si trovano spesso a dover affrontare un percorso di cura complesso, in cui il carico di angoscia e di smarrimento non trova un adeguato supporto da parte del sistema ospedaliero. È per questo che Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, ha voluto redigere una mappa degli ospedali con il Bollino Rosa, in cui cioè le donne con tumori ginecologici possono accedere a percorsi e servizi improntati all’alta specializzazione, alla multidisciplinarietà della presa in carico, nonché all’umanizzazione e alla personalizzazione dell’assistenza.

All’iniziativa, che ha ottenuto il sostegno incondizionato di GSK, hanno aderito 130 ospedali, mediate questionario online, mentre il riconoscimento è stato conferito da un’apposita commissione che ha infine individuato 40 istituti “a misura di donna”. (leggi qui l’elenco).

Un’indagine ha raccolto le testimonianze delle pazienti

Accanto alla mappatura, la Fondazione Onda ha realizzato, in collaborazione con Elma Research, un’indagine conoscitiva tra le pazienti con tumore ginecologico per comprendere l’esperienza soggettiva della malattia e del contatto con le realtà assistenziali e di cura. Nel emerge un racconto drammatico di un viaggio che inizia con la diagnosi e che continua con un percorso di cura che spesso comprende l’intervento chirurgico, vissuto come una mutilazione che altera decisamente la percezione di sé e limita fortemente la qualità della vita.

In occasione della presentazione dell’indagine presso il Senato della Repubblica, Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, ha spiegato:

una malattia che muta radicalmente lo scenario e le prospettive di vita delle pazienti vissuta come un invasore mostruoso, e che attiva meccanismi di difesa estremi come la negazione, nel tentativo di allontanare il ‘male’ da sé e predisporsi a lottare per sconfiggerlo. È questo il primo aspetto che emerge dalla nostra indagine sulle donne colpite da tumore all’ovaio o all’endometrio. La presenza di metastasi già all’esordio è un ‘trauma nel trauma’, talmente angosciante che in alcuni casi è in qualche modo ignorata, rimossa, in molti altri attiva sensi di colpa per la mancata prevenzione. Di fronte a questo impatto spesso le donne si sentono prive di un percorso che le rassicuri, che dia loro informazioni dettagliate sulle possibilità di cura, che attivi una piena presa in carico. L’obiettivo del nostro lavoro di mappatura è proprio questo: aiutare queste donne a orientarsi in un percorso già difficile, con tutti gli strumenti che ci sono per affrontare al meglio la loro condizione.”

Una presa in carico spesso poco strutturata

Per quanto riguarda l’impatto con le strutture ospedaliere, emerge spesso una presa in carico poco coordinata e strutturata, in cui hanno molto spazio fattori casuali e soggettivi, con un percorso di accertamenti diagnostici e di cure con tempi lunghi e incerti, nonché obiettivi poco chiari.

Significative, per esempio, sono le indicazioni che emergono dall’indagine di una tendenziale mancanza di consapevolezza e conoscenza, che toccano temi come il ruolo della chemioterapia in associazione alla chirurgia, le possibilità offerte dalla terapia orale nel carcinoma ovarico o le potenzialità delle diagnosi molecolari nell’orientare le scelte terapeutiche. Emerge inoltre il bisogno di poter fare riferimento a centri specializzati vicini al domicilio dove si possa accedere a un percorso multidisciplinare accogliente e protettivo, con obiettivi terapeutici chiari e condivisi.

Sul tema dell’assistenza ospedaliera, Roberto Angioli, presidente della Società Italiana Oncologia Ginecologica (SIOG), ha dichiarato:

centri di riferimento, medicina del territorio e multidisciplinarietà: queste le tre parole chiave del patient journey; per garantire una presa in carico effettiva della paziente, in grado di superare le criticità organizzative, è necessario disegnare l’intero percorso che integra in modo armonico le singole fasi del processo di cura, dall’accesso alla diagnosi, ai trattamenti, al follow-up della paziente oncologica, senza dimenticare l’importanza che le cure palliative hanno in questo ‘viaggio’.”

Rimangono differenze nell’assistenza tra le regioni

Occorre infine sottolineare come permangono ancora forti differenze tra una regione e l’altra nella qualità dell’assistenza. Sull’argomento, è intervenuta la senatrice Maria Domenica Castellone, vicepresidente del Senato della Repubblica:

anche nell’ambito dell’oncologia ginecologica, grazie alla ricerca, abbiamo a disposizione metodi diagnostici e percorsi di cura sempre più innovativi, ma permane il gap territoriale e dunque resta obiettivo prioritario mettere in campo ogni iniziativa tesa a ridurre, fino a cancellarlo del tutto, il divario provocato dalla disparità nell’approccio al trattamento di patologie tumorali. Nelle regioni più virtuose, dove si è proceduto nella riorganizzazione a rete dei presidi ospedalieri e dell’offerta sanitaria, è più semplice accedere alla diagnostica preventiva e anche a percorsi di cura più efficaci mentre il dato più significativo delle regioni meno virtuose resta quello dei viaggi della speranza, ossia il fenomeno migratorio di chi è costretto a spostarsi in altre regioni dalla propria per potersi curare. La direzione da intraprendere è sicuramente quella che ci vede compatti nell’investire sempre di più in ricerca. Ma soprattutto dobbiamo colmare i divari, in prevenzione, diagnosi e cura. Ecco perché sentir parlare di rafforzare il potere delle regioni e di applicare l’autonomia differenziata non può vederci d’accordo. La storia e la pandemia ci hanno mostrato che le disuguaglianze indeboliscono l’intero Paese e proprio in virtù di questo insegnamento io spero che non si perda di vista l’obiettivo primario, quello di rafforzare la nostra sanità e di farlo omogeneamente, da Nord a Sud.”

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico