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intestino irritabile

Celiachia, nuovi dati sull’associazione con la sindrome dell’intestino irritabile

  • Alessandro Visca
  • Medicina

La sindrome dell’intestino irritabile (Irritable bowel syndrome – IBS) è un disturbo della motilità intestinale con sintomi sovrapponibili a quelli della malattia celiaca (CD), come dolore addominale ricorrente e stipsi o diarrea.

Diverse ricerche hanno evidenziato, nei soggetti con CD accertata, un rischio aumentato di avere una diagnosi di IBS. Tuttavia, il rischio di IBS nei soggetti celiaci è stato finora indicato in un ampio range che va da 2 a 10 volte rispetto a quello della popolazione generale. Queste differenze si spiegano anche con un bias relativo alla sorveglianza, ossia al fatto che molti studi hanno rilevato le diagnosi di IBS non oltre un anno dopo la diagnosi di CD.

Per questo un team di ricercatori, appartenenti a centri specialistici di Svezia e Stati Uniti, hanno svolto una nuova indagine, su un ampio database di popolazione, che si è posta l’obiettivo di quantificare il rischio di IBS nei pazienti celiaci anche a lungo termine (≥10 anni dalla diagnosi di celiachia), considerando le eventuali differenze tra diversi sottogruppi di pazienti.

La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, ha evidenziato per i celiaci un rischio di sviluppare la IBS almeno 3 volte maggiore rispetto alle persone senza celiachia, sia prima sia dopo la diagnosi di celiachia.

Lo studio sulla popolazione svedese

Per la nuova ricerca sono stati selezionati dai registri sanitari svedesi 27.262 pazienti con celiachia, diagnosticata nel periodo 2002-2017 (età media alla diagnosi 31,8 anni) e 132.922 soggetti di controllo della popolazione generale, abbinati per età e sesso. Circa due terzi erano donne.

Durante una media di 11,1 anni di follow-up, a 732 (2,7%) pazienti celiaci è stata diagnosticata l’IBS, con un tasso di incidenza di 24,3 su 10mila persone/anno. Nei soggetti di controllo le diagnosi di IBS sono state 1.131 (0,9%) con un tasso di incidenza di 7,6 su 10mila persone/anno. È stato poi stimato il rapporto di rischio (HR) per l’IBS nei celiaci, aggiustato per il livello di istruzione e comorbidità.

Complessivamente, dopo un anno di follow-up, per i pazienti celiaci l’aHR per l’IBS è stato di 3,11 (IC 95%, 2,83-3,42). Si conferma quindi un rischio superiore di oltre 3 volte rispetto ai non celiaci.

Per ridurre il potenziale bias di sorveglianza, i ricercatori hanno poi considerato la diagnosi incidente di IBS anche negli anni successivi e hanno confrontato il rischio di IBS dei celiaci con quello dei loro fratelli. Dopo più di 10 anni di follow-up è risultato un aHR di 2,00 (IC 95% 1,63-2,45) tra pazienti celiaci e popolazione generale. Inoltre nei celiaci (19.211) rispetto ai loro fratelli (32.010) il rischio di IBS a un anno dalla diagnosi di CD era maggiore di più di 2 volte (aHR 2,42; IC 95% 2,08-2,82).

La ricerca evidenzia anche che i celiaci con atrofia persistente dei villi, rispetto a quelli con guarigione della mucosa, avevano meno probabilità di ricevere una diagnosi di IBS (aHR 0,66; IC 95% 0,46-0,95). Per spiegare questo dato, i ricercatori scrivono che tradizionalmente i medici esitano a diagnosticare IBS in pazienti con un disturbo gastrointestinale organico e, in particolare, per i pazienti con atrofia persistente dei villi i sintomi dell’IBS possono essere attribuiti all’intolleranza al glutine.

Lo studio ha mostrato un aumento del rischio di diagnosi di IBS anche prima della diagnosi di CD, presumibilmente, scrivono gli autori, a causa di sintomi aspecifici della CD che possono essere erroneamente attribuiti all’IBS. È anche possibile che in una fase di malattia celiaca non completamente sviluppata, l’assunzione di glutine possa causare sintomi simili all’IBS. Pertanto, ribadiscono gli autori, si raccomanda di escludere la celiachia durante un’indagine sui sintomi dell’IBS.

Il rischio di IBS è un dato da considerare nella gestione del paziente celiaco

I ricercatori concludono:

in questo studio di coorte nazionale, i pazienti celiaci avevano un rischio maggiore di 3 volte di avere una diagnosi di IBS rispetto ai controlli abbinati della popolazione generale. Questa associazione positiva tra CD e IBS è rimasta ≥10 anni dopo la diagnosi di CD.”

Infine, gli autori dello studio sottolineano che i medici, nella gestione dei pazienti celiaci, dovrebbero essere consapevoli che il rischio di IBS aumenta significativamente prima e dopo la diagnosi di celiachia e che questa associazione rimane a lungo termine.

In collaborazione con Dr. Schär

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.