L’attività fisica regolare riduce il rischio di insonnia
L’attività fisica svolge un ruolo primario nel mantenimento di un buono stato di salute generale. Per quanto riguarda, in particolare, la qualità del sonno, numerose ricerche hanno evidenziato come i soggetti fisicamente attivi tendano ad avere una migliore qualità del sonno rispetto ai sedentari.
Una conferma viene da un nuovo studio recentemente pubblicato su BMJ Open, che in un periodo di dieci anni ha valutato il legame tra attività fisica e sintomi dell’insonnia, durata del sonno e sonnolenza diurna, in un campione di adulti di età compresa tra 39 e 67 anni.
Il campione valutato proveniente da 9 paesi europei
La ricerca ha coinvolto nove paesi europei, per un totale di 4.399 partecipanti, originariamente reclutati per due rilevazioni dello studio internazionale European Community Respiratory Health Survey -ECRHS II (1998-2002) e III (2011-14)- focalizzato su asma e malattie allergiche.
I partecipanti sono stati seguiti per dieci anni con l’obiettivo di valutare se frequenza, durata e intensità dell’attività fisica svolta ogni settimana avessero un ruolo nel determinare i sintomi dell’insonnia, le interruzioni del sonno e la sonnolenza diurna.
Le informazioni sul sonno sono state auto-riportate, così come quelle sull’attività fisica, per mezzo di strumenti validati: in particolare, il Basic Nordic Sleep Questionnaire per i sintomi dell’insonnia e l’Epworth Sleepiness Scale per la durata del sonno e per la sonnolenza diurna.
Sono stati classificati come “fisicamente attivi” i partecipanti che avevano dichiarato di allenarsi almeno due volte alla settimana, per almeno un’ora, per tutto il periodo dei dieci anni considerati.
Complessivamente, il 25% dei partecipanti è sempre rimasto attivo e il 18% è diventato fisicamente attivo nel tempo. Il 37% del campione si è mantenuto persistentemente inattivo, mentre una quota del 20%, nel tempo, ha smesso di praticare attività fisica, ed è stato classificato come “inattivo” alla seconda rilevazione.
Svolgere attività fisica favorisce un sonno migliore
Rispetto agli “inattivi”, i soggetti “persistentemente attivi” avevano minori probabilità di avere difficoltà ad addormentarsi (OR 0,60: IC al 95% 0,45–0,78), così come di dormire meno di sei ore per notte (OR 0,71; IC al 95% 0,59–0,85). Inferiore anche il rischio di dormire eccessivamente, ossia oltre nove ore per notte (OR 0,53; IC al 95% 0,33–0,84).
Questi risultati sono indipendenti da fattori potenzialmente confondenti. L’analisi statistica ha infatti tenuto conto anche della possibile influenza sull’associazione tra lo svolgimento di attività fisica e la presenza di sintomi di insonnia cronica di variabili come età, genere, indice di massa corporea, salute generale, tipo di esercizio svolto e stato di fitness complessivo. I partecipanti più attivi erano più probabilmente di genere maschile, più giovani, con un peso inferiore e meno dediti al fumo.
Riassumendo, i soggetti persistentemente attivi avevano maggiori probabilità di avere un sonno “normale” rispetto a quelli persistentemente inattivi, anche dopo l’aggiustamento per età, sesso peso, fumo, e centro di appartenenza. Un altro dato interessante riguarda coloro che sono diventati attivi nel corso del tempo, i quali avevano maggiori probabilità di avere un sonno normale, rispetto agli inattivi. Per la sonnolenza diurna e le difficoltà a mantenere il sonno, invece, non sono stati riscontrati legami con la pratica di attività fisica.
La continuità nel tempo dell’esercizio fisico è importante
Nonostante non sia stato possibile valutare obiettivamente i cambiamenti nei livelli di attività fisica nei due momenti di rilevazione, dallo studio emerge che gli effetti positivi dell’attività fisica hanno un forte legame con la continuità della pratica nel tempo, per i soggetti inizialmente attivi e poi diventati inattivi, infatti, l’associazione tra attività fisica e miglior qualità del sonno non è stata confermata.