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calcoli reni

Malattia renale policistica, i possibili vantaggi della dieta chetogenica

Secondo uno studio randomizzato condotto dall’Università di California, Santa Barbara, negli Stati Uniti, e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports Medicine, la dieta chetogenica potrebbe essere un valido supporto per il controllo della malattia renale policistica (Polycystic Kidney Disease PKD). Il risultato positivo di questo studio ha stimolato ulteriori ricerche e deve essere confermato su una scala più ampia.

La ricerca è il frutto di una collaborazione internazionale, volta ad indagare gli effetti della chetosi sul processo di formazione e ingrossamento delle cisti renali, e prende spunto dall’osservazione casuale, nel modello animale, di un effetto della restrizione calorica sulla crescita delle cisti, apparentemente glucosio-dipendenti.

La dieta chetogenica come spiega il ricercatore Thomas Weimbs: “si caratterizza per un bassissimo contenuto di carboidrati, e viene molto spesso finalizzata alla perdita di peso. La versione più diffusa di questo tipo di regime dietetico è ricca di carne e proteine animali, certamente non la più adatta a pazienti con malattia renale. Tuttavia esistono modelli di dieta chetogenica più incentrati sui vegetali, come la dieta Ren.Nu, specificatamente pensata per le persone con PKD.”

Lo studio di confronto tra 3 diversi regimi dietetici in pazienti con PKD

Lo studio ha coinvolto 66 pazienti affetti da malattia renale policistica (PKD) poi assegnati, in modo casuale, a tre diversi gruppi di trattamento: il gruppo di controllo ha ricevuto il counselling abitualmente erogato per questa patologia; un secondo gruppo è stato sottoposto a digiuno intermittente (in cui in alcuni giorni vengono assunti solo liquidi e sali minerali) per tre giorni ogni mese; il terzo gruppo, infine, ha osservato una dieta chetogenica, a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto di grassi. I pazienti sono stati quindi seguiti per tre mesi, e sottoposti a periodici prelievi ematici ed esami con diagnostica per immagini.

Alla fine di questo periodo, nel gruppo di controllo è stato riscontrato, in linea con le aspettative, una crescita della dimensione dei reni, mentre nel gruppo che aveva aderito alla dieta chetogenica si è osservato un arresto della crescita degli organi, e una lieve tendenza alla riduzione delle loro dimensioni. Occorre precisare che quest’ultimo risultato non presentava una significatività statistica; mentre è risultato statisticamente significativo il miglioramento della funzionalità renale, osservato nei pazienti che aderivano alla dieta chetogenica.

La funzionalità reale è stata misurata mediante la concentrazione della proteina cistatina C, in quanto sue concentrazioni ematiche elevate indicano una diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare; un indicatore che risulta peggiorato nel gruppo di controllo.

I pazienti, che si sono sentiti motivati a controllare la propria condizione attraverso delle scelte alimentari, hanno giudicato la dieta chetogenica, concordata con medici e nutrizionisti, gradita e fattibile.

Altri trial in avvio con un alimento speciale

Sulla base di questi risultati, altri due trial clinici -in Canada e in Giappone- saranno presto avviati per valutare l’efficacia di un alimento (KetoCitra) appositamente sviluppato per indurre lo stato di chetosi in questo tipo di pazienti. Si tratta di una formulazione di chetone Beta idrossibutirrato, generato durante il digiuno.

Gli studi coinvolgeranno 80 persone in Canada e 200 in Giappone; queste saranno seguite per un anno, al fine di valutare l’efficacia della dieta chetogenica Ren.Nu, in associazione a KetoCitra.

I risultati potrebbero rappresentare un’opportunità, per i pazienti con PKD, di tenere sotto controllo una malattia genetica progressiva, destinata ad evolvere verso insufficienza renale, dialisi o trapianto e comporta un importante deterioramento della qualità della vita. In conclusione Weimbs afferma:

il miglioramento della funzionalità renale nel gruppo sperimentale è un risultato inatteso, nell’ambito di una condizione che notoriamente può solo peggiorare nel tempo. Se quanto osservato dopo tre mesi dovesse essere confermato da studi a lungo termine, ci attendiamo di osservare differenze ampie e caratterizzate da significatività statistica.”

Redazione

articolo a cura della redazione