Skip to content
Laboratorio

Microbiota, l’analisi della composizione batterica non basta a predire le malattie

Negli ultimi anni sta emergendo con sempre maggiore evidenza il rapporto tra modificazioni dell’equilibrio del microbiota intestinale e l’insorgenza di patologie che riguardano diversi ambiti, come quello gastrointestinale e quello reumatologico.

Una delle ricadute più interessanti di questo filone di ricerca sarebbe la possibilità di utilizzare le caratteristiche del microbiota come biomarker o segno predittivo di alcune specifiche patologie. Tuttavia, il percorso per arrivare a questo traguardo è ancora lungo e dovrà passare dalla messa a punto di metodologie di indagine standardizzate e riproducibili. È quanto emerge da un lavoro di ricercatori dell’Università di San Paolo in Brasile, che si è posto l’obiettivo di valutare il potenziale predittivo dell’analisi del microbiota in diverse patologie, elaborando modelli statistici basati sulla composizione del microbiota stesso e sui fenotipi dei pazienti.

I modelli predittivi funzionano se i dati del microbiota sono integrati con i fenotipi

I ricercatori hanno arruolato 50 individui sani e 152 individui con diagnosi di diabete tipo 1 e tipo 2, psoriasi a placche, Lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD). In entrambi i gruppi il range di età era dai 18 agli 80 anni. Motivi di esclusione dal gruppo dei sani erano, tra gli altri, l’uso di antibiotici negli ultimi 3 mesi, la presenza di malattie croniche, una storia precedente di tumore e terapie antitumorali.

In questi soggetti è stata analizzata la composizione del microbiota intestinale mediante sequenziamento del gene 16S rRNA. Inoltre sono stati definiti diversi fenotipi ed eseguite accurate anamnesi per raccogliere dati socio-demografici, storia medica, stile di vita, allergie e intolleranze, grado di attività fisica, abitudini alimentari, uso di farmaci e integratori.

Con questi elementi sono stati costruiti modelli statistici predittivi per le diverse patologie. Per tutte le malattie, i modelli hanno raggiunto le migliori prestazioni quando sono stati integrati i dati del microbiota con i fenotipi. In particolare, i modelli predittivi integrati hanno dimostrato prestazioni eccezionali per l’artrite reumatoide (AUC = 88,03%), il diabete di tipo 2 (AUC = 96,96%), il lupus eritematoso sistemico (AUC = 98,4%) e il diabete di tipo 1 (AUC = 86,19%).

Gli autori della ricerca sono giunti alla conclusione che l’analisi della composizione del microbiota del singolo individuo non è sufficiente per fungere da biomarker di patologia. E scrivono:

nel nostro studio, l’uso dei soli taxa microbici ha mostrato un potere predittivo limitato per gli esiti clinici, mentre l’integrazione delle variabili fenotipiche nei modelli predittivi ha sostanzialmente migliorato le loro capacità predittive.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.