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Microplastiche nell’ambiente, crescono le evidenze sui rischi per la salute

Negli ultimi anni diversi studi si sono occupati di indagare le reali concentrazioni di microplastiche nell’organismo, i possibili meccanismi di danno cellulare e gli effetti in termini di salute pubblica. I filoni di ricerca sono diversi e in sviluppo, e molto resta da chiarire sulle implicazioni per la salute di questi contaminanti ubiquitari

Uno studio di Leslie HA e altri ricercatori della Libera Università di Amsterdam, pubblicato su Environment International nel 2022, ha segnato un punto di svolta: ha dimostrato e quantificato la presenza di microparticelle di plastica nel flusso sanguigno (1).

La concentrazione media delle micro-nanoplastiche (per la definizione si veda di seguito) nel sangue dei 22 volontari esaminati era di 1,6 microg/ml. Come spiegano gli Autori, la via di ingresso di tali particelle è con tutta probabilità attraverso il contatto con le mucose, per inalazione o ingestione. Meno probabile la via dermica, se non in presenza di lesioni.

Le concentrazioni ritrovate nel sangue rappresentano la somma derivante da molte potenziali vie di esposizione a fonti molteplici di microplastiche, non solo aria, acqua e cibo, ma anche prodotti per l’igiene personale che possono essere ingeriti (es. dentifrici, rossetti), polimeri usati per le cure dentali, frammenti di impianti e di protesi, nanoparticelle usate nella formulazione di farmaci, residui di inchiostro da tatuaggi (1).

Sebbene non esente da critiche (protocolli poco rigorosi al fine evitare la contaminazione accidentale, non ripetizione delle prove, esiguità del campione) (2), lo studio ha suscitato l’attenzione dei media, perché ha messo in evidenza che le microparticelle di plastica entrano nel circolo sanguigno e possono raggiungere organi e apparati anche distanti dalla sede di assorbimento.

Numerosi studi negli ultimi anni hanno indagato gli effetti potenziali sui sistemi respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare e la possibile immunotossicità e neurotossicità delle microplastiche derivanti dall’inquinamento ambientale (FIGURA 1). Tutti hanno una conclusione unanime: molto rimane da indagare sulle reali concentrazioni di microplastiche nell’organismo, sui meccanismi di danno cellulare e sui possibili problemi di salute pubblica (3-8).

 

Concentrazione delle microplastiche negli organismi viventi
e potenziali vie di esposizione per l’uomo

Concentrazione delle microplastiche negli organismi viventie potenziali vie di esposizione per l’uomo
Figura 1 – La plastica è degradata in microplastiche primarie e secondarie attraverso l’acqua del mare, la luce solare e altri processi chimici e biologici. Le microplastiche possono essere ingerite dai pesci e passare nella catena alimentare. Microplastiche ad alta densità diventano sedimenti che danneggiano l’ecosistema marino. Fonte: modificata da Yang W et al. Front Toxicol, 2022

Micro e nanoplastiche

La plastica consiste in un assemblaggio di polimeri che differiscono nella composizione chimica e nella densità, quali polietilene (PE), polipropilene (PP), polistirene (PS), polivinilcloruro (PVC), polietilene tereftalato (PET), policarbonato (PC), poli-metil-metacrilato (PMMA), poliuretano (PU) poliestere (PES) e poliammidi (PA). L’aggiunta di additivi come filler, stabilizzanti, pigmenti, agenti schiumogeni, lubrificanti, ritardanti di fiamma e plasticizzanti aumenta le prestazioni e le applicazioni innumerevoli della plastica (FIGURA 2).

 

Definizione di plastica e di microplastiche

Definizione di plastica e di microplastiche
Figura 2 – Note: PE, polietilene; PP, polipropilene; PS, polistirene; PVC, polivinilcloruro; PET, polietilene tereftalato; PC, policarbonato; PMMA, poli-metil-metacrilato. Fonte: modificata da Hirt N, Body-Malapel M. Part Fibre Toxicol, 2020

Le particelle di plastica si dividono in due grandi categorie: primarie, ovvero contenute nei manufatti industriali e rilasciate direttamente nell’ambiente, e secondarie, ovvero derivate dalla frammentazione e degradazione di pezzi di plastica più grandi attraverso processi meccanici, idrolitici, fotolitici, ossidativi, biologici e termici. La degradazione della plastica produce detriti di forme e dimensioni diverse: nanoplastiche (<100 nm), microplastiche (100 nm-5 mm), mesoplastiche (0,5–5 cm), macroplastiche (5–50 cm) e megaplastiche (>50 cm) (4-6).

Le microplastiche (MP) sono di solito definite come “piccole particelle di plastica ubiquitarie di diametro <5 mm”, sebbene non via sia al momento consenso unanime su tale definizione (4, 9). Le microplastiche possono essere categorizzate in funzione della forma delle particelle, per esempio granuli (nei prodotti per l’igiene personale), fibre (derivanti dai tessuti sintetici), schiume (dall’industria alimentare, dal packaging), frammenti (dai processi di degradazione), palline, filamenti, film ecc.

Come per le microplastiche, non c’è consenso unanime sulla definizione di nanoplastiche (NP). L’European Food Safety Authority (EFSA) le definisce “un materiale contenente particelle allo stato libero o come aggregati o agglomerati, nel quale il 50 per cento o più delle particelle ha una o più dimensioni esterne nel range da 1 a 100 nm” (10). Gli effetti delle microplastiche sull’organismo hanno una prima suddivisione in tre categorie: chimici, fisici e biologici, come riassume il diagramma in FIGURA 3 (5).

 

Effetti potenziali sulla salute umana delle microplastiche

Figura 3 – Le linee tratteggiate rappresentano filoni di ricerca in corso. Fonte: modificata da Blackburn K, Green D. Ambio, 2022.

 

Effetti chimici delle microplastiche

Vi sono evidenze che additivi come i coloranti e i plasticizzanti possano avere effetti tossici, carcinogeni e mutageni (4-6). Gli ftalati, per esempio, sono usati comunemente per conferire flessibilità alla plastica. Essendo additivi, non hanno legami chimici covalenti con i polimeri e pertanto è più facile che siano rilasciati e trasferiti nell’ambiente. Oltre l’80 per cento dei plasticizzanti usati nel mondo sono ftalati.

Ne è stata dimostrata la presenza nella polvere domestica, nelle urine e nel latte materno. Vi sono evidenze di una associazione tra i livelli di ftalati nell’ambiente e l’incidenza di asma e di allergie soprattutto nei bambini, oltre alla riconosciuta tossicità di questi composti per la riproduzione umana.

Per il bisfenolo-A (BPA) sono stati riscontrati effetti potenzialmente nocivi per la salute dell’apparato riproduttivo, per lo sviluppo dell’organismo e per il sistema immunitario. Studi di biomonitoraggio dei tessuti e dei fluidi corporei mostrano che le sostanze chimiche usate nella manifattura della plastica, come BPA, ftalati e stirene, hanno un’ampia diffusione nella popolazione generale, a concentrazioni capaci di causare danni nei modelli animali e di porre questioni di salute pubblica (5).

Effetti fisici

Inalazione. Vari studi mostrano che le microplastiche sono presenti nell’atmosfera e possono essere inalate (11). La produzione di fibre tessili sintetiche rappresenta almeno il 16 per cento della produzione mondiale di plastica. Queste fibre possono essere rilasciate dai tessuti con l’uso e con il lavaggio e possono essere inalate o ingerite.

Uno studio condotto nel centro di Londra ha riscontrato che le microplastiche in forma di fibre erano il 92 per cento di tutta la plastica ritrovata nell’atmosfera (12). Un altro studio sulle particelle sospese nell’atmosfera di Shanghai ha riportato che il 67 per cento erano microfibre, il 30 per cento frammenti e il 3 per cento granuli, avvalorando quindi l’ipotesi che i tessuti sintetici siano la fonte più probabile della maggioranza delle micro plastiche nell’aria (13).

Gli effetti sulla salute umana dell’inalazione di tali microplastiche sono ancora poco conosciuti. Si ritiene che la maggior parte delle fibre possa essere rimossa dal sistema respiratorio, tuttavia una parte può procedere verso i polmoni e causare risposte infiammatorie e lesioni, soprattutto nei soggetti con meccanismi di clearance compromessi. Vi sono evidenze sperimentali che le MP inalate possano traslocare anche in altri tessuti e agire da stimolo per il sistema immunitario (5).

Ingestione. È noto che le microplastiche sono presenti nei frutti di mare, nell’acqua, nel sale, nella birra e potenzialmente in molti cibi o bevande di consumo abituale (FIGURA 4).

 

L’ingestione di microplastiche attraverso il cibo e l’acqua

Figura 4 – Note: PE, polietilene; PP, polipropilene; PS, polistirene; PVC, polivinilcloruro; PET, polietilene tereftalato; PA, poliammide. Fonte: modificata da Hirt N, Body-Malapel M. Part Fibre Toxicol, 2020

Una valutazione di Cox et al. del 2019, riguardante il numero di microplastiche assunte in media in un anno con il cibo, riporta un range di 39mila-52mila particelle (fino a 600 particelle al giorno). Includendo anche l’assunzione di acqua in bottiglia, si è calcolato che un individuo possa arrivare a ingerire in un anno ulteriori 90mila particelle, o 40mila consumando acqua del rubinetto (14).

Il maggior rilascio di microplastiche è stato riscontrato nei biberon per lattanti (da 1 milione 300 particelle a oltre 16 milioni per litro, ed è stato calcolato che l’assunzione può arrivare a oltre 4 milioni di particelle al giorno), fenomeno almeno in parte ascritto alle alte temperature usate nel processo di sterilizzazione delle bottigliette (15).

Effetti biologici

È dimostrato che i batteri possono colonizzare rapidamente la superficie delle microplastiche e formare biofilm microbici nell’ambiente marino. Alcuni ricercatori hanno studiato questa comunità microbica definita “plastisfera” e hanno documentato che la superficie idrofobica dei frammenti di plastica è ideale per la formazione di biofilm e che il genere più abbondante era Vibrio (16).

Vibrio spp. potenzialmente patogene sono state trovate su campioni di microplastiche galleggianti nei Mari del Nord e Baltico, il che suggerisce che le MP possano funzionare come vettori per i patogeni dispersi nell’acqua, e che la presenza di MP nei frutti di mare meriti indagini più approfondite (17).

Alcune evidenze suggeriscono che le MP possano essere vettori potenziali di pesticidi, fungicidi e patogeni vari, i quali una volta ingeriti possono alterare la composizione del microbiota intestinale e anche in questo modo essere una minaccia per la salute.

Un’area ulteriore di interesse sono i batteri resistenti agli antibiotici (ARB) che sono stati trovati su alcune microplastiche. Uno studio di Zhang et al. riporta una conta di ARB da 100 a 500 volte più alta sulle microplastiche rispetto all’acqua e anche un rapporto tra ARB e batteri totali più alto nelle MP che nell’acqua. I ricercatori hanno inoltre esaminato i batteri multiresistenti agli antibiotici e hanno riscontrato che quelli resistenti a penicillina, eritromicina, tetracicline e sulfafurazolo erano il 25,4 per cento sulle microplastiche rispetto al 23,9 per cento nell’acqua. L’ipotesi è che le MP possano offrire una superficie favorevole agli ARB per formare un biofilm che facilita il trasferimento orizzontale di geni, evenienza non fattibile nell’acqua, e possano quindi portare a un arricchimento di “superbatteri” (18).

L’impatto con la mucosa intestinale

Le conoscenze sul destino intestinale delle micro e nano plastiche una volta ingerite sono state passate in rassegna in uno studio EFSA sulla base di dati in vitro e in vivo (10). Le microplastiche con una dimensione >150 micron non sono assorbite, ma rimangono legate al muco intestinale ed entrano in contatto diretto con la parte apicale delle cellule dell’epitelio intestinale. Questo può portare a infiammazione dell’intestino e avere effetti locali sul sistema immunitario.

Le particelle più piccole (<150 micron) possono attraversare la barriera mucosa gastrica. Vari meccanismi entrano in gioco nell’uptake dimensione-dipendente di tali micro e nanoparticelle:

  • endocitosi, attraverso gli enterociti,
  • transcitosi, attraverso le cellule M del tessuto linfoide associato alle mucose,
  • passaggio attraverso le discontinuità presenti sulla sommità dei villi intestinali in conseguenza della perdita di enterociti,
  • diffusione paracellulare tra gli enterociti.

Sebbene questi meccanismi di uptake siano considerati poco efficienti, l’assorbimento intestinale delle particelle può portare a una esposizione sistemica rilevante dal punto di vista tossicologico. Studi su modelli animali mostrano che le nanoplastiche assorbite possono distribuirsi al fegato, alla milza, al cuore, ai polmoni, al timo, agli organi riproduttivi, al rene e al cervello attraversando la barriera emato-encefalica (8, 10).

Secondo alcuni studi, anche le microplastiche inalate possono avere un impatto sul tratto digestivo. La frazione più piccola delle particelle presenti nell’aria, assorbita dall’epitelio polmonare, raggiunge la circolazione sistemica e può esercitare effetti immunitari sul cosiddetto asse intestino-polmoni. Una quota di particelle più grandi può invece seguire la stessa via delle particelle ingerite (19). Pertanto, sia le particelle ingerite sia quelle inalate sono in grado di interagire con i tessuti intestinali, di raggiungere il sangue circolante e (potenzialmente) di disregolare la risposta immunitaria (FIGURA 5).

 

Prospetto degli effetti potenziali della contaminazione da nano- e microplastiche sulla salute dell’intestino e la risposta immunitaria

Figura 5 – Fonte: modificata da Hirt N, Body-Malapel M. Part Fibre Toxicol, 2020

L’interazione con il sistema immunitario

In aggiunta ai sopra citati effetti fisici, biologici e chimici, i piccoli frammenti di plastica mettono alla prova il sistema immunitario, costituendo un ulteriore fattore di stress per l’organismo. Come spiega una review di Yang et al. su Frontiers in Toxicology, la tossicità per il sistema immunitario legata all’uptake cellulare delle microplastiche deriva soprattutto dall’induzione intracellulare di specie reattive dell’ossigeno (ROS), dall’alterazione della funzione mitocondriale e dall’alterazione delle vie di segnale intracellulare. Lo stress ossidativo può portare infine all’apoptosi della cellula e al rilascio delle microparticelle con la lisi cellulare. A seguito dell’endocitosi nei macrofagi e nei neutrofili, le MP sono in grado di scatenare una catena di reazioni infiammatorie. Una endocitosi massiva di MP può causare la morte cellulare dei neutrofili, che a sua volta induce i meccanismi di intrappolamento extracellulare dei neutrofili (NET), che catturano le microplastiche e le trattengono nell’organismo (3).

Effetti sul sistema vascolare e sul tessuto cardiaco

Una recente review di Persiani E. e altri ricercatori dell’Università di Pisa pubblicata su Biomedicines nota che, a prescindere dalle vie di ingresso nell’organismo e dai processi di interna lizzazione con meccanismi attivi o passivi, micro e nanoplastiche (MNP) possono raggiungere organi distanti attraverso il sistema circolatorio. Pertanto l’apparato cardiovascolare, sebbene non sia il target principale in termini di accumulo, è la via principale di distribuzione delle MNP (7) (FIGURA 6).

 

Gli effetti delle micro- e nanoplastiche sul sistema vascolare e sul cuore

Figura 6 – Fonte: modificata da Persiani E et al. Biomedicines, 2023

È stato riscontrato che differenti tipi di particelle di pla stica possono accumularsi nel cuore, trasportati dal flusso sanguigno. Studi sui mammiferi hanno riportato alterazioni della contrattilità cardiaca, apoptosi dei cardiomiociti nei neonati e attivazione di processi fibrotici. Nell’insieme, i dati finora raccolti suggeriscono che l’interazione delle MNP con un cuore in via di sviluppo danneggi la funzione cardiaca, in un range che va da una severa perdita funzionale a un danno completo della morfogenesi cardiaca nelle fasi precoci dello sviluppo, ad alterazioni come aritmie e ridotta contrattilità nelle fasi successive e con probabilità anche negli adulti. Gli effetti potenziali sulla funzione cardiaca sono aggravati dall’affinità di queste particelle per i patogeni, i metalli pesanti e altri inquinanti organici persistenti.

Neurotossicità

Un numero sempre più consistente di studi mostra che micro e nanoplastiche possono attraversare la barriera emato encefalica e accumularsi nel tessuto cerebrale di varie specie viventi incluso l’uomo. Una review di Prüst M et al. su Particle and Fibre Toxicology ricorda che le MNP hanno il potenziale di indurre stress ossidativo nelle cellule del sistema nervoso. La produzione incontrollata di ROS può colpire vari processi intracellulari, quali l’ossidazione delle proteine, il danno del DNA cellulare, i livelli di perossidazione lipidica, la destabi lizzazione della membrana cellulare, il danno delle proteine mitocondriali e lo stress del reticolo endoplasmatico. I danni che ne risultano includono la morte cellulare e la neuroin­fiammazione (8).

Poiché lo stress ossidativo e l’infiammazio­ne del sistema nervoso centrale sono stati collegati a varie malattie neurodegenerative, come Alzheimer, Parkinson, malattia di Huntington e SLA, prende corpo l’ipotesi che l’esposizione alle MNP possa contribuire all’insorgenza o all’aggravamento di tali patologie. La maggior parte degli studi sugli effetti neurotossici dell’esposizione alle rnicro e nanoplastiche riporta una inibizione dell’attività dell’ace­ tilcolinesterasi (AChE) superiore al30%, indicando quindi un chiaro potenziale neurotossico delle MNP, che si ac­ compagna ad alterazioni dei livelli dei neurotrasmettitori e a cambiamenti comportamentali (FIGURA 7).

 

 Panoramica dei potenziali effetti neurotossici delle micro- e nanoplastiche

FIGURA 7 – Le particelle possono raggiungere la circolazione sistemica e infine il cervello attraverso l’intestino, i polmoni o direttamente dalle cavità nasali. Nel cervello, le particelle possono indurre stress ossidativo con danno cellulare e neuroinfiammazione, e in ultima analisi aumentare l’insorgenza e lo sviluppo di disordini neurodegenerativi. Possono anche causare inibizione dell’acetilcolinesterasi (AChE) e alterazioni dei livelli dei neurotrasmettitori, contribuendo a cambiamenti comportamentali. Fonte: modificata da Prüst Met al. Part Fibre Toxicol, 2020

I ricercatori avvertono che ulteriori studi dovranno focalizzarsi anche su endpoint funzionali più sottili, legati a livelli di esposizione più realistici di quelli sperimentali, e non solo su quelli di aperta neurotossicità come la morte cellulare (8).

Conclusioni

Nel 2021, la produzione globale di plastica è salita a oltre 390 milioni di tonnellate (rispetto a 335 milioni di tonnellate nel 2016). A livello mondiale, il trattamento di questi rifiuti è ormai ingestibile e si stima che solo il 9 per cento della plastica sia riciclata (20, 21). La citotossicità delle micro e nanoplastiche è influenzata dalle dimensioni delle particelle, dalla presenza di gruppi funzionali sulla superficie e dalla loro carica.

In generale, la citotossicità si manifesta con induzione dell’apoptosi cellulare, produzione di specie reattive dell’ossigeno, alterazione delle membrane e delle funzioni mitocondriali. Le MNP sono in grado di alterare la struttura e/o le funzioni del sistema immunitario, disturbando le vie di segnale intracellulari e modificando l’omeostasi immunitaria sia verso l’immunosoppressione, sia verso l’immunostimolazione. Molto rimane da chiarire sulle implicazioni per la salute di questi contaminanti ubiquitari in ogni ambiente.

 

Bibliografia

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Piera Parpaglioni

Medico, divulgatore scientifico.