Osteoartrosi, non sottovalutare i campanelli d’allarme
L’osteortrosi (OA) è una patologia cronica e degenerativa che colpisce le articolazioni, nella maggior parte dei casi viene diagnosticata dopo i 50 anni, ma può riguardare anche soggetti più giovani. Il riconoscimento precoce della malattia consente di intervenire con trattamenti in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti.
La campagna nazionale di sensibilizzazione “Not a Good Moarning?”, promossa da IBSA Italy, con il patrocinio di ANMAR ODV, Associazione Nazionale Malati Reumatici si focalizza sui sintomi non immediatamente riconoscibili dell’osteoartrosi. Uno di questi, spesso ignorato, è la rigidità mattutina che i pazienti sperimentano dopo periodi di inattività prolungata e che la campagna ha simbolicamente rappresentato attraverso una statua raffigurante una donna “pietrificata” mentre si alza dal divano nelle prime ore del mattino.
Mario Vetrano, professore associato di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università Sapienza di Roma, spiega:
È fondamentale riconoscere presto i campanelli d’allarme dell’osteoartrosi per arrivare ad una diagnosi tempestiva ed avviare un trattamento efficace. Imparare ad ascoltare il proprio corpo è essenziale per prevenire la progressione del danno articolare e rivolgersi prontamente al medico, intervenendo nelle fasi precoci della malattia, può migliorare significativamente il benessere e la qualità di vita del paziente”.
Silvia Tonolo, presidente di ANMAR ODV aggiunge:
oltre al riconoscimento dei sintomi, è importante sensibilizzare anche sulla necessità di promuovere percorsi diagnostico-terapeutici appropriati, che coinvolgano più specialisti nella presa in carico multidisciplinare del paziente, tra cui il reumatologo, il fisiatra e l’ortopedico per una patologia invalidante come l’osteoartrosi. Basti pensare che oltre il 15% delle visite dal medico di medicina generale sono dovute all’osteoartrosi per capire la dimensione del problema. Non va dimenticato neanche l’impatto psicologico della malattia, che influisce non solo sulla qualità di vita del paziente, ma anche sui suoi rapporti sociali e familiari. La limitazione delle attività quotidiane può generare nervosismo e depressione e richiedere una ridefinizione degli obiettivi di vita”.
Nonostante non esistano cure definitive per l’OA, ad oggi ci sono diverse opzioni terapeutiche per gestire al meglio la patologia e per vivere una vita attiva. Andrea Reggiani, socio fondatore dell’Associazione Nazionale Fisiatria Interventistica (ANFI), spiega:
il trattamento dell’osteoartrosi si basa su un approccio graduale e flessibile, che mira a controllare il dolore e rallentare il processo degenerativo articolare. Le linee guida internazionali prevedono diversi step terapeutici, a seconda della severità della malattia, che vanno dal trattamento farmacologico con antinfiammatori alle infiltrazioni di acido ialuronico, fino alla sostituzione protesica nei casi più gravi. In parallelo, seguire un corretto stile di vita attraverso una dieta bilanciata e un’attività fisica costante ed equilibrata è fondamentale per migliorare la qualità della vita e il benessere delle articolazioni”.