Skip to content
trapianto

Trapianti e donazione di organi, qual è il ruolo del MMG?

  • Silvia Pogliaghi
  • Sanità

Offrire un’informazione corretta sul processo della donazione, sfatare falsi miti, sostenere i familiari chiamati a prendere decisioni difficili. Sono diverse le modalità con cui il medico di medicina generale può favorire la donazione di organi e tessuti, un atto che offre nuove possibilità di vita a chi è in attesa di trapianto.

Il MMG come fonte affidabile di informazioni sulla donazione

Tutti i cittadini si confrontano con la possibilità di donare i propri organi e tessuti, in sede di rilascio o rinnovo della carta d’identità o con altre modalità previste dalla legge.. Come spiega Anna Guermani, medico del Coordinamento regionale delle donazioni e dei prelievi di organi e tessuti del Piemonte-Valle d’Aosta:

se il cittadino decide di vivere questa scelta, lo può fare in maniera semplicistica con un rapido sì o un rapido no, affidandosi a volte, ad informazioni raccolte qua e là. Oppure deve addentrarsi in una realtà molto articolata e strettamente correlata alla morte, un tema che fa paura a tutti. Anche il familiare del paziente in terapia intensiva si può trovare nella condizione di dover prendere una decisione, se il proprio caro non si è espresso. Nasce quindi la necessità di un supporto, ed il medico di medicina generale nella sua relazione umana con il paziente può essere il professionista che informa e aiuta nel prendere una decisione”.

“Informarsi e formarsi è fondamentale – aggiunge Raffaele Potenza, altro medico del Coordinamento – il ruolo del medico di medicina generale è strategico perché ha un rapporto confidenziale con il paziente. È importante sfatare i falsi miti e dare ai propri pazienti e ai familiari informazioni sicure: quando si prelevano gli organi la persona è deceduta, anche le persone anziane possono donare gli organi e i tessuti, anche in presenza di patologie. Inoltre, nessuna religione è contraria alla donazione e al trapianto di organi e tessuti. Il corpo non viene deturpato ed il prelievo degli organi viene condotto con molta attenzione da parte dei chirurghi sia per non lesionare l’organo da trapiantare, sia per il dovuto rispetto nei confronti del donatore.” E aggiunge:

Un’altra informazione che deve essere diffusa con estrema chiarezza è che gli organi vengono destinati alle persone che sono inserite in una lista d’attesa trasparente e condivisa con i tre livelli della Rete Nazionale Trapianti (Locale, Regionale e Nazionale) nonché tracciabile in ogni sua parte. Gli organi prelevati non vengono venduti, non vengono destinati con criteri discutibili, ma utilizzati su cittadini che hanno il diritto ad essere curati attraverso il trapianto. Infine, ma non meno importante è l’effetto consolatorio che la donazione può determinare nei familiari, in modo particolare, quando la morte è improvvisa o colpisce i giovani o, ancor di più, i bambini.”

“Il medico di medicina generale ha un ruolo molto importante anche per i pazienti di culture diverse, aggiunge Anna Guermani, perché anche loro possono esprimersi in sede di rilascio della carta di identità. Nella nostra regione (Piemonte) l’8% dei potenziali donatori è rappresentato da persone provenienti da altri Paesi”.

L’Italia, seconda in Europa dopo la Spagna per le donazioni di organi

Dal Report 2023 della Rete Nazionale dei Trapianti emerge una crescita importante per le donazioni di organi nel nostro paese, che, per la prima volta, hanno superato quota 2mila, per l’esattezza sono 2.042 (+11,6%), mentre la cifra dei trapianti si attesta a ben 4.462 trapianti d’organo, 586 in più rispetto al 2022 (+15,1%).  Numeri mai visti in Italia. Tuttavia, c’è ancora molta disparità tra le regioni del Nord e del Sud.

“Il 2023 è stato un anno veramente eccezionale per quanto riguarda il numero delle donazioni, sottolinea Anna Guermani – perché l’Italia è salita a 28 donatori per milione di abitanti. Questo rende l’Italia la seconda nazione in Europa, dopo la Spagna, la quale è sempre stata leader. Ciò è stato possibile per alcuni motivi: il primo è dovuto al Piano Nazionale Donazione che ha reimpostato e ristrutturato le varie organizzazioni degli ospedali. Nonostante questo accordo sia stato pubblicato a ridosso della pandemia da Covid-19, oggi si è concretizzato e molte regioni ne hanno avuto un beneficio organizzativo importante; il secondo motivo è dovuto all’aumento in maniera considerevole della donazione di organi da soggetto deceduto con standard cardiologico, il cosiddetto donatore DCD (Donation after Cardiac Death), ossia della donazione a cuore fermo”.

L’evoluzione della medicina dei trapianti

“La medicina dei trapianti – spiega Raffaele Potenza – ha compiuto i primi progressi grazie agli organi prelevati da donatori a cuore fermo. Dalla fine degli anni ’60 ci si è rivolti quasi esclusivamente a donatori a cuore battente, ma dalla fine degli anni ’90 l’attenzione si è tornati a guardare con interesse i donatori a cuore fermo. In entrambi casi, i donatori sono morti, cambiano solo i criteri con i quali i medici determinano la morte (morte biologica) e le regole per l’accertamento/certificazione della morte (morte legale). Ma sono entrambe donazioni da persone decedute. Questo passaggio deve essere rimarcato con forza perché non devono esserci fraintendimenti”.

Nella donazione a cuore battente la morte di una persona è stabilita attraverso la rilevazione dell’assenza di tutte le funzioni encefaliche, mentre nella donazione a cuore fermo la morte è stabilita attraverso l’assenza dell’attività respiratoria e circolatoria per un tempo sufficiente affinché si realizzi la cessazione di tutte le funzioni dell’encefalo.

“In molte situazioni cliniche di lesione encefaliche (trauma cerebrale, emorragia cerebrale, ischemia cerebrale p.e.) è necessario sottoporre il paziente a cure intensive che richiedono l’uso di apparecchiature indispensabili a mantenere le funzioni vitali – continua Raffaele Potenza – Quando le cure non portano al risultato sperato e le persone muoiono per “cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo” si rende necessario interrompere tutti i supporti artificiali impiegati nella cura della persona. In caso di volontà donativa, i supporti vengono interrotti in sala operatoria immediatamente prima del prelievo, così da garantire il continuo nutrimento delle cellule degli organi destinati al trapianto. Questo è il caso della donazione a cuore battente. Per limitare il danno che le cellule subiscono per l’assenza di ossigeno, gli organi prelevati vengono posti in ghiaccio fino al momento del trapianto”.

“Quando invece la donazione è a cuore fermo – aggiunge Raffaele Potenza – vi è assenza di circolazione e assenza di ossigenazione, per cui le cellule degli organi diventano ischemiche. Fino a quando non abbiamo determinato la morte con i criteri medici ed ottemperato alle procedure di legge previste (registrazione di un elettrocardiogramma per non meno di 20 minuti primi) le cellule non ricevono nutrimento e quindi soffrono, tuttavia, attraverso due stratagemmi è possibile prelevare gli organi da usare per il trapianto. Il primo: è la perfusione ex vivo in situ che fa ‘ripartire’ la circolazione in una porzione del corpo, solitamente dal diaframma in giù e, in alcuni casi, ri-perfondendo anche il cuore, ma senza riperfondere gli arti superiori, il collo e la testa. C’è poi perfusione ex vivo ex situ, ossia una tecnica che permette di tenere in vita gli organi al di fuori del corpo. In questo caso gli organi vengono prelevati e posti all’interno di macchine particolari (perfusion machine) dove vengono studiati e se superano i test previsti vengono, in seguito, trapiantati.”

Tra Cuneo e Torino, primo eccezionale doppio trapianto con organi funzionanti fuori dal corpo

Questa tecnica è stata applicata nell’eccezionale doppio trapianto di cuore e fegato  avvenuto a Torino ad inizio anno, con organi prelevati a Cuneo e trasportati non in ghiaccio, come avviene normalmente, ma mantenuti funzionanti fino al momento del trapianto. Come spiega Raffaele Potenza

a  Cuneo si sono unite le due equipe cardiochirurgiche ed anestesiologiche di Cuneo e di Torino, e l’equipe di prelievo fegato di Torino, oltre al personale medico, infermieristico e di supporto di Cuneo, indispensabile nelle diverse fasi del prelievo degli organi, raggiungendo così le 40 unità. Grazie al Servizio Autisti delle Molinette è stato possibile trasferire materiali, tecnologie e professionisti da Torino a Cuneo e poi nuovamente a Torino, disponendo di quattro mezzi diversi per l’intera durata delle procedure”.

Una complessa macchina organizzativa

L’esecuzione di un trapianto richiede il coinvolgimento di un team multidisciplinare che deve lavorare con tempestività e stretto coordinamento. In Piemonte, spiega Federico Genzano Besso, direttore del Centro Regionale Trapianti.

in tandem con il Coordinamento Regionale delle Donazioni opera il Centro Regionale Trapianti, che fa la valutazione e la gestione del donatore e della sua idoneità, garantendo la sicurezza dei riceventi. La ‘macchina’ è complessa e comprende non solo medici ed infermieri, ma si va, dal centralinista che risponde al telefono, al personale al cancello che deve saper indicare la sala operatoria ai chirurghi del prelievo che possono arrivare in auto anche da centinaia di chilometri di distanza.”

“Per ogni singola donazione – aggiunge Genzano Besso – c’è il coinvolgimento di un team multidisciplinare che vede dalle 20 alle 60 persone coinvolte il cui compito finale è quello di valutare l’idoneità del donatore e dei singoli organi e di portare a termine il trapianto nei riceventi, che non sono solo quelli in lista di attesa nelle nostre Regioni, ma possono essere in lista in un’altra regione in diversi stati di urgenza per i programmi nazionali. Per questo è indispensabile ricercare tutte le tracce di possibili malattie del donatore, con molti esami e anche chiedendo alla famiglia del donatore notizie che datano indietro negli anni.  Se il team riesce a fare un buon lavoro è possibile effettuare una corretta valutazione del rischio e del suo rapporto con il beneficio del trapianto, e dunque quale ricevente ne trarrà il miglior vantaggio.” E aggiunge:

dal momento della segnalazione di un potenziale donatore ‘a cuore battente’, il meccanismo che si mette in moto parte con moltissime ore di lavoro da parte della struttura dove c’è il donatore e moltissime ore di lavoro da parte della struttura di dove si trova chi riceve l’organo. Per le donazioni ‘a cuore fermo’ queste ore possono esser molte di più: dalle 16 alle 18 ore del primo caso fino alle 48 ore del secondo. E in una giornata possono esserci, ad esempio, come capita nella Città della Salute e della Scienza di Torino, anche 5 equipe di prelievo in movimento e 5 trapianti con organi che arrivano da diverse Regioni”.

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.