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Diabete tipo 2, come valutare i fattori di rischio

Il diabete di tipo 2 (T2D), malattia cronico-degenerativa collegata ad obesità e inattività fisica, costituisce attualmente uno dei maggiori problemi di sanità pubblica a livello globale, con almeno 500 milioni di casi, che potrebbero diventare 800 milioni nei prossimi vent’anni.

Per questo motivo la ricerca dedica particolare attenzione agli strumenti disponibili per individuare le persone con un rischio più alto di sviluppare la malattia, dalle indagini genetiche agli esami di laboratorio, come la valutazione della glicemia a digiuno.

Un nuovo studio, da poco pubblicato su JAMA Network Open cerca di comprendere il valore predittivo e soprattutto le interazioni di alcuni fattori di rischio riconosciuti come livelli di glucosio plasmatico a digiuno al di fuori del range 80-94 mg/dL, sesso maschile, età avanzata e BMI al di fuori della norma.

I risultati indicano che i valori della glicemia danno indicazioni significative solo se messi in relazione con i dati antropometrici.

Lo studio

Lo studio è firmato da ricercatori della Mayo Clinic, che hanno incluso nella ricerca 44.992 partecipanti (età media 43,7 anni; 57,8% donne; BMI medio 28,9) con almeno due misurazioni della glicemia a digiuno tra gennaio 2005 e dicembre 2017; i partecipanti sono stati seguiti per un tempo medio di 6,8 anni, per valutare il rischio di diabete incidente.

La diagnosi di diabete è stata definita come livello di glicemia a digiuno ≥126 mg/dL. Sono stati esclusi i pazienti con diagnosi di diabete prima o al momento della misurazione della glicemia.

Il rischio di diabete è stato valutato sulla base di sei categorie di BMI basale (sottopeso, peso normale, sovrappeso e obesità di classe I, II e III), nove categorie di livelli iniziali di glicemia a digiuno compresi tra <70 e 120-125 mg/dL, quattro fasce di età compresa tra 18 e 65 anni e sesso (maschio o femmina). I risultati sono riportati nella tabella.

Fonte: Jama Network Open 2025, mod.

Nel periodo di follow-up mediano, l’8,6% dei partecipanti ha sviluppato il diabete. Rispetto a un livello di riferimento di glicemia a digiuno (80-94 mg/dL), sia i livelli bassi (<70) di glicemia a digiunosia quelli alti (120-125) hanno mostrato un’associazione positiva con un rischio aumentato di diabete, rispettivamente con un hazard ratio [HR], 3,49 (IC 95% 2,19-5,57) e un HR 12,47 (10,84-14,34).

Il sesso maschile ha dimostrato un rischio più elevato di diabete rispetto al sesso femminile (HR 1,31; 1,22-1,40); Anche l’età avanzata (≥ 60 anni) comporta un rischio più elevato rispetto all’età più giovane (HR 1,97; 1,71-2,28). Le variazioni del BMI rispetto al range normale (18,5-24,9) hanno aumentato il rischio di diabete, con sia il sottopeso (<18,5; HR, 2,42; 1,77-3,29) sia l’obesità grave (≥ 40; HR, 4,03; 3,56-4,56) che mostrano associazioni notevoli

In conclusione lo studio conferma che il livello di glicemia a digiuno, l’età, il BMI e il sesso maschile sono tutti associati allo sviluppo del diabete, con un’interazione significativa tra queste variabili. Considerare queste interazioni fornisce al medico indicazioni utili sull’evoluzione della malattia e sul rischio individuale riferito al singolo paziente.

Nel complesso queste interezioni possono guidare anche gli interventi farmacologici e sullo stile di vita per trattare i soggetti a più alto rischio di diabete e ridurre morbilità e mortalità.

alessandro visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.