In Italia le persone con una diagnosi di diabete sono 3,5 milioni, e si stima che un ulteriore milione possa essere affetto dalla malattia non diagnosticata. Le complicanze del diabete sono una causa frequente di accesso al pronto soccorso e ricovero ospedaliero, secondo dati recenti un diabetico su sei viene ricoverato almeno una volta all’anno.
La gestione ospedaliera del paziente diabetico non è sempre lineare e diversi studi hanno evidenziato lunghi tempi d’attesa e problemi dopo la dimissione. Da qui la proposta di costruire un Percorso diagnostico terapeutico-assistenziale (PDTA) per gli ingressi nei Pronto soccorso dei pazienti con diabete. Il documento di indirizzo è stato presentato in un incontro organizzato dalla rivista Health Policy Brief (HPB) sotto l’egida dell’Intergruppo parlamentare diabete, obesità e stili di vita.
Paola Pisanti, già presidente e coordinatore della Commissione nazionale sulla malattia diabetica è la coordinatrice del comitato che ha redatto la proposta. Pisanti spiega a Medico e Paziente:
“Il documento nasce da studi precedenti che hanno evidenziato criticità nella gestione del paziente diabetico, soprattutto nella fase di ritorno al domicilio dopo l’accesso al pronto soccorso. L’obiettivo è fornire elementi per la costruzione di PDTA locali, considerando due categorie principali: gli adulti con diabete di tipo 2 e i giovani con diabete di tipo 1 che accedono al pronto soccorso. Per costruire un PDTA si deve tener conto non solo di elementi clinici, ma anche della realtà locale, urbanistica, strutturale, infrastrutturale. Le problematiche sono diverse se il paziente vive in città oppure in aree come i paesi di montagna o le isole. Inoltre vanno considerate le capacità umane ed economiche delle singole Aziende sanitarie o Regioni”.
Quali sono gli obiettivi del documento?
“Obiettivi specifici del documento sono definire il ruolo della medicina d’urgenza proprio nella gestione di queste patologie. Inoltre, creare un’integrazione fra il dipartimento di emergenza urgenza e il territorio, nonché creare una integrazione fra problematiche sanitarie e problematiche sociali del paziente tenendo conto anche del suo contesto: quali sono i determinanti sociali e ambientali di questa persona, per esempio, che incidono sull’aderenza alla terapia, sulla capacità di raggiungere una compliance e quindi un’integrazione con tutti gli attori del territorio.”
Quali sono le fasi dell’assistenza definite dal PDTA?
“Il nuovo documento PDTA per la gestione del paziente diabetico in pronto soccorso definisce quattro momenti fondamentali nell’assistenza. Il primo riguarda il percorso preoperatorio, con la valutazione del rischio e la preparazione all’intervento. Il secondo si concentra sull’assistenza al paziente diabetico ricoverato, con il coinvolgimento della struttura diabetologica. Il terzo punto, fulcro del documento, è l’accesso al pronto soccorso per problemi legati alla patologia diabetica, con particolare attenzione come target a ipoglicemia grave, iperglicemia, iperosmolarità o chetoacidosi e comorbilità che scompensano il diabete e che producono iperglicemia e casi di iperglicemia in persone non consapevoli di essere diabetiche. Infine, il quarto elemento chiave è la gestione della dimissione, fase cruciale in cui il paziente deve essere accompagnato con informazioni chiare e complete verso il domicilio o strutture assistenziali, garantendo la continuità delle cure attraverso il coinvolgimento di medici di base, specialisti e servizi territoriali”.
Quale approccio metodologico avete usato nella stesura del documento?
“La peculiarità dell’approccio sta nella metodologia inclusiva adottata: il gruppo di lavoro ha coinvolto non solo clinici, ma anche rappresentanti delle Associazioni dei pazienti e medici di medicina generale, cercando di integrare diversi sguardi e prospettive sul problema. La motivazione alla base delle buona riuscita di un progetto, per questo abbiamo coinvolto professionisti con esperienza, capaci di lavorare in gruppo e di diffondere ed applicare, successivamente, i contenuti del documento nelle proprie realtà operative siano esse ospedaliere, aziendali o territoriali. Inoltre, il documento include un’analisi delle realtà regionali esistenti, attraverso griglie di valutazione specifiche, propone esempi concreti di percorsi con relative matrici di responsabilità e flowchart, e suggerisce indicatori per il monitoraggio dell’implementazione”.
Il documento contiene anche proposte innovative?
“Una delle sfide principali identificate è la continuità assistenziale nel passaggio dall’ospedale al territorio. Per colmare questo ‘gap assistenziale’, il documento propone soluzioni innovative, come il coinvolgimento dell’infermiere di comunità, figura emergente che può fungere da ponte tra pronto soccorso e territorio. Fondamentale risulta anche essere la formazione del personale e l’informazione accurata a pazienti e familiari”.
Qual è, in questo contesto, il ruolo del Medico di medicina generale?
“Il ruolo del medico di medicina generale viene valorizzato sia nella fase pre-ospedaliera, con l’identificazione precoce dei fattori di rischio e la prevenzione delle complicanze, sia nella gestione post-dimissione. Nel caso del diabete tipo 1 in età evolutiva, si sottolinea l’importanza della diagnosi tempestiva da parte dei pediatri e della sensibilizzazione di figure non mediche come insegnanti e operatori sportivi”.
Uno sguardo anche ai nuovi strumenti tecnologici come la telemedicina…
“Il documento dedica spazio anche all’innovazione tecnologica, promuovendo l’utilizzo della telemedicina nelle sue varie declinazioni (televisita, teleconsulto, teleriabilitazione) come strumento per migliorare la continuità assistenziale. Tuttavia, si sottolinea che la tecnologia deve essere accompagnata da adeguata formazione sia degli operatori sia dei pazienti”.
Quali sono i prossimi passi?
“La prospettiva futura prevede l’integrazione con linee guida in fase di sviluppo e, soprattutto, la sperimentazione del modello in realtà locali specifiche. Non vogliamo che rimanga una semplice elaborazione culturale ma che diventi uno strumento operativo verificato sul campo, capace di evolversi in base all’esperienza pratica”.