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Malattie rare, l’impegno di UNIAMO per migliorare conoscenze e assistenza

Si definisce rara una malattia che colpisce meno di 5 persone su 10mila. Tuttavia, se consideriamo l’insieme di queste patologie i numeri cambiano. Si stima, infatti, che siano tra 27 e 36 milioni le persone che in Europa convivono con una malattia rara, oltre un milione delle quali in Italia.

La Giornata mondiale delle malattie rare quest’anno si celebra il 28 febbraio, ma sono moltissime le iniziative che hanno avuto luogo nel corso di tutto il mese di febbraio per portare l’attenzione sul tema.

Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare, che raggruppa oltre 200 associazioni, ha risposto ad alcune domande di “Medico e Paziente”:

Uno dei maggiori problemi dei pazienti con una malattia rara è il ritardo nella diagnosi. Quali soluzioni proponete?

“Ancora oggi il ritardo medio delle diagnosi, nell’ambito delle malattie rare, supera i 4 anni. Nello studio prospettico europeo Rare2030 ci si è dati l’obiettivo di ridurre questo intervallo a meno di un anno dalla comparsa dei primi sintomi. Per ottenere questo risultato servono più azioni congiunte: aumentare, quando possibile, il numero di patologie screenate alla nascita; in caso di sospetto di malattia senza diagnosi certa o presunta accedere allo screening genetico o dell’esoma; aumentare la formazione rivolta sia alle malattie rare che al sospetto diagnostico; aumentare l’informazione sull’esistenza di una Rete Nazionale di centri dedicati alle malattie rare, alcuni anche in rete europea, così come far conoscere il sito dedicato del Ministero (www.malattierare.gov.it) e la linea di aiuto dell’Istituto Superiore di Sanità (Telefono Verde Malattie Rare  – 800.89.69.49)”.

Quali sono gli obiettivi prioritari del Piano nazionale malattie rare?

“Il Piano nazionale, che Uniamo ha contribuito a scrivere, è tutto una priorità; dovendo scegliere fra alcuni degli obiettivi proposti sicuramente la diagnosi precoce è fondamentale; a questo si affianca la possibilità di una presa in carico che segua la persona in tutte le fasi della vita e coinvolga tutti gli stakeholders, sia clinici che territoriali, ma anche gli operatori sociali”.

Qual è la situazione attuale dei percorsi assistenzali per le malattie rare?

“Dal 2001, data di uscita del DM 279, la presa in carico delle malattie rare è stata organizzata in una Rete Nazionale, suddivisa poi nelle singole Reti Regionali; è stato previsto un Registro epidemiologico e statuita la necessità di specifici Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA).

I percorsi dei pazienti dovrebbero prevedere una fase diagnostica, garantita in gratuità grazie al codice R99 di sospetta malattia rara, una immediata presa in carico multidisciplinare da parte dei centri definiti in delibere regionali (e recentemente rivisti proprio in relazione al Piano Nazionale), la possibilità di avere un’assistenza specializzata laddove c’è maggiore competenza, ma anche una assistenza territoriale, presso il proprio medico di famiglia e le ASL (future case di comunità), per tutto quello che può essere svolto vicino al proprio luogo di residenza. Inoltre, dovrebbe essere garantita la transizione e tutto quanto necessario per migliorare la qualità di vita, tenuto conto che solo per poche patologie esiste un trattamento farmacologico. Ad oggi, solo una parte di questi percorsi, e in modo disomogeneo fra le Regioni, è stata realizzata”.

La digitalizzazione e, più in generale, l’innovazione in medicina come potranno cambiare la presa in carico dei pazienti?

“Noi ci auguriamo che lo sviluppo della telemedicina possa limitare gli spostamenti, sempre impattanti per la vita di chi ha una malattia rara. Sarà importante capire anche come saranno sviluppati maggiori raccordi fra ospedali di specializzazione e territorio, con linee dirette di comunicazione.
Ad oggi già molte app aiutano i pazienti nell’aderenza alla terapia; ci sono ausili e dispositivi medici di ultima generazione che garantiscono prestazioni elevate e cambiano spesso la qualità della vita. Questo riguarda anche i farmaci, che in alcuni casi promettono la guarigione (pensiamo alle terapie geniche).
Nell’immediato, sarebbe importante che il fascicolo sanitario elettronico funzionasse a dovere e fosse accessibile a tutti coloro che si occupano della salute del paziente”.

Quale ruolo può avere il Medico di medicina generale nel contesto delle malattie rare?

“Per la Federazione, il MMG svolge un ruolo fondamentale. È la prima sentinella che accoglie la persona che non ha ancora una diagnosi e deve indirizzarla ai centri ed è anche il professionista che segue la vita ordinaria del paziente al di là della malattia rara.
Ci si dimentica troppo spesso che la persona con malattia rara può avere anche tutte le altre patologie legate ad età, ereditarietà, stili di vita non corretti, che vanno ad aggiungersi ed intersecano la patologia rara di base. Fondamentale quindi non perderli di vista e solo il MMG può avere questo quadro completo.
Proprio per questo abbiamo organizzato, in collaborazione con SimGePed, FIMMG, SIMG, SIP e FIMP un minicorso di formazione al sospetto diagnostico, che inizierà nel mese di marzo e garantirà crediti formativi. Completamente on line, Conoscere per Assistere 2.0 è uno strumento che ci siamo dati per ri-avvicinare al nostro mondo i MMG e i PLS. Tutte le informazioni sono reperibili qui”.

In conclusione Annalisa Scopinaro ricorda che la campagna #UNIAMOleforze anche quest’anno ha offerto, in tutto il mese di febbraio, eventi, incontri, brandizzazioni di tram e bus, campagne social. Oltre 60 eventi organizzati in tutta Italia da società scientifiche, ricercatori, clinici, associazioni. E aggiunge. “Ci auguriamo che sempre più medici di medicina generale possano avvicinarsi al nostro mondo e aiutarci nel percorso di vita. Il loro/vostro supporto è indispensabile”.

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Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.

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