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Healthcare professional with a digital tablet reviewing medical data.

Oncologi e social media, comunicazione efficace ma senza regole

Che ruolo ha la comunicazione sui social media nel rapporto tra oncologi e pazienti? Che rapporto hanno gli oncologi con la rivoluzione digitale nella comunicazione medica?
A queste domande ha cercato di rispondere, almeno in parte, lo studio SMARTY, una ricerca condotta dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano in collaborazione con il CRO di Aviano e l’Università Bocconi, recentemente pubblicata sul JCO Global Oncology.

Lo studio multicentrico, trasversale e osservazionale ha incluso 245 tra oncologi e specializzandi in oncologia italiani, intervistati da luglio a dicembre 2023 sul loro uso dei social media. Dei 245 partecipanti che hanno accettato l’invito, 116 hanno completato l’intero sondaggio. In questo sottogruppo, l’età media dei partecipanti era di 43,6 anni (intervallo, 26-71), e il 51% era di sesso femminile. Inoltre, il 76% era composto da oncologi medici e il 24% da specializzandi in oncologia.

Il profilo degli oncologi italiani più attivi sui social media (social addicted) 31%: prevalentemente specialisti, con età media di 45 anni, operanti soprattutto nel Sud Italia (44%). La cui maggioranza si occupa di cancro al seno (67%) e mantiene sia profili personali che professionali. I risultati mostrano un uso strategico dei social per rafforzare le relazioni professionali e divulgare informazione scientifica. Gli oncologi privilegiano accuratezza e chiarezza nella comunicazione, mantenendo un tono professionale ma amichevole. Pur riconoscendo rischi legati a privacy e inappropriatezza, evidenziano benefici significativi nel miglioramento della relazione medico-paziente e della compliance alle terapie.

Gli oncologi “scettici social”31%, prevalentemente specialisti (75%) operanti nel Nord Italia (72%), mostrano una presenza limitata sui social media, con una netta preferenza per i profili personali (97%) rispetto a quelli professionali (8%). L’età media è di 43 anni.
Questi professionisti attribuiscono scarsa importanza ai social nelle interazioni con pazienti e colleghi Pur riconoscendo il potenziale ruolo nella promozione della salute e nel contrasto alle fake news, esprimono forte preoccupazione per privacy e rischi di comunicazione inappropriata.

Medico e paziente ha chiesto un approfondimento a Manuelita Mazza, oncologa con specializzazione in senologia dell’Istituto Europeo di Oncologia, IEO, tra i principali autori dello studio.
“Partiamo da un presupposto – commenta l’oncologa – i social media sono un territorio affascinante, ma rumoroso e senza regole, dove chiunque può divulgare informazioni più o meno autorevoli. L’utente finale che cerca una notizia, spesso, non ha modo di discriminare le fonti attendibili.
Dall’analisi dei dati emersi dalla ricerca si sono identificati tre profili di oncologi: i ‘social addicted’, 31% (altamente attivi sui social), i ‘social scettici’, 31% (riluttanti all’uso dei social media) e i ‘moderatamente social’ 38% (che riconoscono i benefici, ma mantengono un approccio cauto). Contrariamente alle aspettative, i più entusiasti utilizzatori non sono risultati i giovani del Nord, ma i professionisti più esperti e spesso del Sud Italia. È possibile che alcune persone più adulte e più ‘skillate’ siano più a loro agio nel parlare col pubblico, ipotizza l’Oncologa. I giovani specializzandi sono molto preparati su privacy e deontologia, temi oggi caldissimi e questo li rende più cauti”.
“Tra i vantaggi emersi, sottolinea l’esperta, lo studio evidenzia il miglioramento della comunicazione medico-paziente, particolarmente prezioso in un’epoca di tempo sempre più risicato per le visite e la creazione di reti professionali tra specialisti. Non mancano però le criticità: dalla diffusione di fake news alla violazione della privacy, fino alla difficoltà di mantenere confini professionali appropriati”.

Comunicazione efficace, ma che necessita di regole

“Capita spesso che le persone mi chiedano consulti personali sui social, nonostante io specifichi sempre che ciò non è possibile,” racconta Manuelita Mazza, che gestisce una pagina professionale seguita da oltre 13mila persone, principalmente donne con esperienza di tumore al seno. “Essere attiva sui social è un’esperienza ‘one to many’ che aiuta tantissime donne, e aiuta anche me a capire come essere più efficace in ambulatorio.”
La ricerca apre la strada a nuove domande sulla regolamentazione etica dei social media in ambito medico. “Dobbiamo sederci a un tavolo con medici, pazienti, operatori sanitari e psicologi, per definire come meglio rispondere e contenere i rischi,” sottolinea Mazza. “Inoltre, aggiunge l’oncologa, il gruppo di ricerca sta già lavorando a un’analisi speculare dal punto di vista dei pazienti, per comprendere le loro aspettative sulla presenza degli oncologi sui social media.
“Lo studio SMARTY, conclude Manuelita Mazza, rappresenta un primo passo verso la definizione di nuove linee guida etiche per la presenza dei medici sui social, in un’epoca in cui il “dottor Google” lascia spazio al “paziente 3.0” e la medicina digitale diventa sempre più parte integrante della pratica clinica”.

Il parere di Paziente Esperto EUPATI

L’indagine è stata supportata da ASSD (Associazione Scientifica per la Sanità Digitale) nella persona della sua presidente, Laura Patrucco, Paziente Esperto EUPATI, che così commenta:

“Nell’evoluzione della comunicazione col paziente  il baricentro è sempre più spostato dalla cura alla comunicazione co il suo interlocutore. Il tema del dialogo tra tecnologia e salute ha bisogno di un supporto, non per darsi valore, ma per generare valore. La vera sfida è realizzare accoglienza, immaginando la comunicazione sui social come mezzo ancillare alla cura sempre più human oriented.”

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.