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Influenza stagionale, il ruolo dei medici di famiglia

Un'indagine mostra fiducia in crescita nel medico curante come figura di riferimento per la gestione dei sintomi, anche se rimane bassa la propensione a vaccinarsi

La stagione influenzale si prospetta intensa, e molto simile a quella che ha caratterizzato gli ultimi due anni. La circolazione di virus influenzali, insieme a SARS CoV-2, virus respiratorio sinciziale (RSV) e a decine di virus parainfluenzali, potrebbe arrivare a coinvolgere fino al 25% della popolazione in Italia e interessare, in linea con lo scorso anno, circa 18 milioni di persone. A rischio soprattutto anziani e fragili, con ricadute per il carico del sistema sanitario.

Sono alcuni dei dati comunicati durante un recente incontro promosso da Assosalute-Federchimica, sulle infezioni respiratorie stagionali e su come gli italiani affrontano la stagione influenzale.

Anche se le previsioni dovranno essere rimodulate più avanti in base alle condizioni climatiche, secondo Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio:

i segnali che arrivano dall’emisfero australe invitano a non abbassare la guardia: la stagione potrebbe essere intensa, con un aumento dei casi a partire da metà ottobre e con un picco invernale, in corrispondenza di temperature rigide per più giorni consecutivi e dell’aumento dell’umidità; condizioni ideali per la replicazione e trasmissione dei virus. Per quanto riguarda l’influenza, protagoniste della prossima stagione saranno le varianti virali A/H3N2 e B/Victoria, immunoevasive.”

Automedicazione responsabile guidata dal medico

Presentata anche la nuova edizione dell’indagine, condotta da Human Highway su un campione di 2.000 persone, sull’atteggiamento degli italiani nei confronti dei virus respiratori. La figura del medico curante, verso il quale la fiducia è in crescita rispetto al passato (+12% rispetto al 2020) resta il punto di riferimento per il 64,6% degli italiani. Lo stesso dato si ritrova per la scelta dei farmaci da banco, che si confermano essere l’opzione terapeutica preferita insieme a integratori e vitamine (16,9%).

“L’automedicazione, se effettuata in modo responsabile, è una scelta terapeutica adeguata per la gestione dei sintomi influenzali e rappresenta una risorsa preziosa per ridurre la pressione sui servizi sanitari- sottolinea Pregliasco – Ma esistono elementi di personalizzazione che il medico, driver della scelta tra i tanti principi attivi disponibili, può guidare. Il consiglio rischia, talvolta, di essere generico, mentre invece ci sono aspetti da tenere sempre presente quando si trattano popolazioni multi-morbide o fragili. Un esempio fra tutti, la somministrazione concomitante di FANS e farmaci anticoagulanti, che dovrebbe essere sempre evitata.”

“Da una ricerca condotta nel periodo pre COVID-19 in collaborazione con la FIMG – aggiunge Pregliasco – risultava che circa il 30% dei medici di famiglia intervistati avvertiva la necessità di una formazione più ampia rispetto alla gestione dei sintomi dovuti alle infezioni respiratorie virali, così da meglio indirizzare i propri pazienti verso una automedicazione consapevole. Le indicazioni variano da caso a caso, in base alla sintomatologia; al medico il compito di consigliare al paziente la molecola più adatta. In alcuni casi, per la “vera” influenza stagionale -che si riconosce facilmente per la concomitanza di un brusco esordio febbrile oltre i 38°C, la presenza di almeno un sintomo respiratorio e di almeno un sintomo sistemico- possono essere indicati anche i farmaci composti da più principi attivi, come antipiretico/antinfiammatorio/decongestionante.”

Ancora troppo alta la quota di chi dichiara di considerare gli antibiotici una possibile terapia per l’influenza: si tratta del 15,4% degli intervistati, soprattutto nella fascia 18-24 e appartenenti al genere maschile.

Ruolo fondamentale del MMG per favorire la copertura vaccinale

“La vaccinazione resta la misura più efficace per proteggere sé stessi e i propri cari, soprattutto i più fragili – precisa Pregliasco – Non garantisce l’assenza totale dei sintomi, ma riduce il rischio di complicanze gravi. Ma occorre ricordare che la copertura vaccinale per l’influenza è piuttosto bassa, e si assesta negli over 65 intorno al 53,5%.”

Secondo i risultati dell’indagine, il 59% degli italiani riconosce la vaccinazione come strumento fondamentale di protezione, ma solo il 36,6% dichiara di avere una reale intenzione di vaccinarsi; la propensione è più alta tra gli over 65 (57,3%) e tra chi considera l’atto vaccinale una routine (41%). Tra le motivazioni del “no” prevalgono la percezione di bassa gravità dell’influenza, e la convinzione di ammalarsi raramente.

“Sarebbe invece importante – conclude Pregliasco – cogliere ogni occasione per vaccinarsi, anche integrando più vaccinazioni nello stesso appuntamento.”

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Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.

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