Gravidanza, un test non invasivo per le anomalie del DNA
Un test basato sull’esame dei frammenti del DNA fetale presente nel sangue materno è in grado di rilevare la presenza nel nascituro di sindrome di Down e altre anomalie cromosomiche, come la sindrome di Edwards, di Patau, di Klinefelter, di Turner o la Monosomia del cromosoma X. Il principale vantaggio di questo test prenatale è la non invasività, basta infatti un semplice prelievo del sangue.
Il test si chiama Nativa ed è stato sviluppato da BioRep, società del Gruppo Sapio che opera nel campo delle biotecnologie in collaborazione con il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Il test raggiunge una specificità e una sensibilità del 99,9%, maggiore rispetto a un’altra modalità non invasiva ossia il test combinato, ed è in grado di individuare i soggetti a rischio per i quali è consigliabile un ulteriore approfondimento con test invasivi, come amniocentesi e villocentesi.
Secondo le linee guida ministeriali nazionali il test viene interamente eseguito in Italia nei laboratori di BioRep che hanno sede presso il Parco Scientifico San Raffaele di Milano ed è certificato CE-IVD (In Vitro Diagnostics) per l’intero processo di analisi.
I soggetti maggiormente candidati al test sono:
- le donne in gravidanza con un’età >35 anni
- le donne con esito positivo a uno screening ecografico e biochimico per anomalie cromosomiche
- le donne a rischio di aborto spontaneo
- le donne con una storia familiare di anomalie cromosomiche
- quando sono presenti evidenze ecografiche di aneuploidia.