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Sicurezza dei pazienti, a cosa serve la ricognizione farmacologica

  • Alessandro Visca
  • Medicina

Un’alta percentuale di pazienti anziani in politerapia è esposta a potenziali interazioni tra farmaci, che, in almeno un terzo dei casi, necessiterebbe di un monitoraggio attento o di un cambiamento nella terapia. A questo scopo esistono procedure come la ricognizione della terapia farmacologica (raccolta dati sui pazienti e sui farmaci assunti), che sono state anche oggetto di specifiche disposizioni come la Raccomandazione ministeriale n. 17 sulla riconciliazione della terapia farmacologica

Un’interessante fotografia della situazione attuale dei pazienti in politerapia ci è offerta da una ricognizione farmacologica eseguita in 46 unità, (équipe e singoli medici o farmacisti) con INTERCheck, un sistema di supporto alle prescrizioni sviluppato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS. Un sistema che, tra l’altro, è messo a disposizione gratuitamente per gli operatori sanitari coinvolti nella gestione del farmaco (medici, farmacisti e infermieri).

L’niziativa è stata attivata, in occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza dei Pazienti, dall’Italian Network For Safety in Healthcare (Insh), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e con patrocinio e il sostegno dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS.

Un’alta percentuale di pazienti è esposta a potenziali interazioni tra farmaci

Luca Pasina ricercatore del Mario Negri, in un’intervista pubblicata dal sito TrendSanità, ha riassunto i dati più significativi di questa indagine :

Sono state raccolte informazioni relative alla terapia farmacologica su 488 soggetti con un’età media di 72 anni, il 60% di sesso maschile. In media questi soggetti assumevano otto farmaci e mezzo, un dato che identifica chiaramente il campione del paziente anziano in politerapia. La percentuale di soggetti esposti a potenziali interazioni tra farmaci è molto alta, il 95%, ma mentre alcune non hanno alcun effetto sul piano clinico, altre potrebbero necessitare di un attento monitoraggio o un cambiamento della terapia, e queste interessano i due terzi del campione”.

Psicofarmaci, i rischi delle combinazioni

Dall’indagine emergono dati specifici sull’utilizzo di alcune categorie di farmaci, come ad esempio gli psicofarmaci. Precisa Pasina:

Il 15% del campione assumeva almeno tre farmaci attivi sul sistema nervoso centrale: benzodiazepine, antipsicotici, antidepressivi, oppioidi o antiepilettici. Questo è uno dei criteri inclusi nelle liste di farmaci potenzialmente inappropriati negli anziani: tre è il numero limite al quale fare attenzione nella prescrizione perché questa combinazione potrebbe comportare più rischi che benefici”

“Sempre per quanto riguarda gli psicofarmaci – aggiunge Pasina – sono stati considerati anche i soggetti che assumevano due farmaci della stessa categoria terapeutica, con lo stesso meccanismo d’azione e che tendono ad aumentare i possibili eventi avversi. Globalmente si tratta di numeri non molto elevati, ma che identificano situazioni di rischio e di scarsa appropriatezza prescrittiva: circa 4% prendeva almeno due benzodiazepine, stessa cosa per gli antipsicotici, e il 3% almeno due antidepressivi”.

Il carico anticolinergico

Un’altra rilevazione importante dell’indagine riguarda il carico anticolinergico a cui sono esposti gli anziani. Spiega Pasina:

Ci sono diverse scale in letteratura che vanno a definire questo indicatore, che è associato a disturbi del sistema nervoso centrale, come deficit della memoria, dell’attenzione o all’insorgenza di confusione mentale. In INTERCheck abbiamo utilizzato quella che sembra fornire la miglior correlazione fra il carico anticolinergico globale e il peggioramento delle performance cognitive”

“Il punteggio medio – aggiunge Pasina – non era molto alto, ma abbiamo riscontrato grosse variabilità, perché c’erano persone che non assumevano farmaci con effetti anticolinergici (punteggio zero) e altre con un punteggio molto alto, pari a 11. Questo risultato va considerato alla luce del fatto che la soglia di attenzione è fissata ad un punteggio pari o superiore a 4. Le persone con punteggio elevato e che potrebbero beneficiare di una revisione della terapia mirata a ridurre il carico anticolinergico erano 53 soggetti, che significa il 16% di coloro che avevano almeno un farmaco con questi effetti e poco più del 10% del totale.”

Inibitori di pompa protonica, rischio di iperprescrizione

Tra le classi di farmaci più prescritti emergono gli inibitori di pompa protonica e le benzodiazepine. Spiega Pasina:

È risultato che il 70% dei soggetti assumevano inibitori di pompa protonica: un dato decisamente alto. Sappiamo già che sono farmaci molto usati in qualunque contesto di cura, dall’ospedale al territorio alle case di riposo, ma, stando alla letteratura, nella metà dei casi in maniera non appropriata. Anche in questo caso è risultata la prima classe impiegata, con una prevalenza molto alta.”

“È molto difficile – commenta Pasina – dare un giudizio sull’appropriatezza di queste prescrizioni non disponendo delle diagnosi, ma, rispetto al dato atteso, sembra abbastanza evidente che con buone probabilità questi farmaci sono troppo prescritti anche nel campione esaminato.”

Proseguendo nell’analisi delle classi farmacologiche , le benzodiazepine sono risultate molto usate, circa nel 30% del campione. “In generale – aggiunge Pasina – abbiamo visto che gli psicofarmaci sono molto usati: alle benzodiazepine  seguono gli antidepressivi con il 22% e gli antipsicotici con il 13%. È opportuno considerare che parliamo di soggetti anziani, in cui l’uso di psicofarmaci andrebbe valutato sempre con molta cautela”.

Interazioni tra classi di farmaci

Infine per quanto riguarda le interazioni per classi di farmaci, Pasina afferma:

quelle con potenziale cardiotossicità sono risultate prevalenti con il 24%. Poi ci sono una serie di interazioni che vedono coinvolti gli antidepressivi serotoninergici, con rischio emorragico quando si usano insieme all’aspirina a bassa dose per la cardioprotezione, oppure all’iponatremia quando usati nelle persone che assumono diuretici.

“Altre interazioni di rilievo che abbiamo messo in evidenza – conclude Pasina – sono quelle legate al rischio di emorragia gastrointestinale, dovute all’associazione di Fans insieme agli antiaggreganti piastrinici o agli anticoagulanti orali. Infine, è emersa l’associazione fra alcuni calcioantagonisti e alcune statine (perché non è un’interazione che interessa le classi terapeutiche ma i singoli principi attivi), con possibili interazioni che portano a un aumento della tossicità della statina e quindi al rischio di miopatie o rabdomiolisi”.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.