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bevande gasate

Bevande zuccherate, rischio cardiometabolico in crescita nei paesi emergenti

Una ricerca condotta dall’Università di Boston, e pubblicata sulla rivista Nature Medicine, ha stimato gli effetti a livello globale e regionale, del consumo di bevande zuccherate (SSB) sull’insorgenza di diabete di tipo 2 (T2D) e malattie cardiovascolari (CVD).

Il consumo frequente di bibite zuccherate è associato all’aumento del rischio di insorgenza di malattie cardiometaboliche, sia direttamente per l’elevato contenuto di glucosio che indirettamente, per gli effetti dell’aumento di peso.

La facilita e rapidità di consumo di questi prodotti produce un basso senso di sazietà; inoltre dosi elevate di glucosio causano aumento del grasso viscerale, insulino-resistenza e aumento ponderale. Il grasso in eccesso e la disfunzione metabolica attiva il rilascio di citochine infiammatorie e accresce il rischio di ipertensione, alterazione dei livelli lipidici e diabete. Fattori che sono implicati nel processo di aterosclerosi e nell’insorgenza di eventi ischemici.

Un’indagine su 184 paesi nel mondo

Ai fini del lavoro, sono stati presi in considerazione 184 paesi nel 1990 e nel 2020. Le stime sono state calcolate a livello globale, regionale e nazionale, e stratificate per età, sesso, livello di istruzione e grado di urbanizzazione.

Ogni tipo di bevanda dolcificata a livello industriale e contenente almeno 50 kcal per una porzione (una porzione equivale a 8 once, pari a circa 220 grammi) è stata considerata una SBB: bibite gassate, energy drink, succhi di frutta, punch, limonata. Non sono stati inseriti nella categoria i succhi di frutta e verdura al 100%, le bevande dolcificate artificialmente senza calorie, tè e caffè.

I dati di consumo sono stati derivati dal Global Dietary Database (indagine avviata nel 2008 sui consumi alimentari nel mondo, e finanziata dalla Bill and Melinda Gates Foundation) che include informazioni derivanti da 450 indagini, per un totale di 2,9 milioni di individui provenienti da 118 paesi, e pari all’87% della popolazione mondiale.

L’impatto sul diabete è superiore a quello sulle malattie cardiovascolari

Lo studio ha mostrato, a livello globale, che, nel 2020, 2,2 milioni di nuovi casi di diabete di tipo 2 e 1,2 milioni di nuovi casi di patologia cardiovascolare erano attribuibili alle SSB; cifre che rappresentano il 9,8% e il 3,1% dell’incidenza totale, rispettivamente.

Incidenza di diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari per milione di adulti
attribuibile all’assunzione di SSB tra gli adulti (20+ anni) in 184 paesi nel 2020

Fonte: Nature Medicine, 2025

 

Il fenomeno ha maggiormente interessato, a livello globale, gli uomini, i più giovani, i soggetti più istruiti e quelli che vivono nelle aree urbane.

Lo studio ha evidenziato che, nel 2020, gli adulti hanno consumato mediamente 2,6 porzioni di SSB (da 8 once,248 g) a settimana. Il consumo variava in base alle aree geografiche, ed è risultato più basso in Asia meridionale (0,7) e invece molto più importante in America Latina e nella regione dei Caraibi (7,3), con picchi di 17,4 in Colombia.

Dall’analisi regionale è risultato che le percentuali di carico attribuibile alle SSB più alte si sono riscontrate in America Latina e nei Caraibi (T2D: 24,4%; CVD: 11,3%) e nell’Africa subsahariana (T2D: 21,5%; CVD: 10,5%).

Dal 1990 al 2020, i maggiori aumenti proporzionali dell’incidenza di diabete e malattia cardiovascolare attribuibili alle SSB sono stati osservati nell’Africa subsahariana (+8,8% e +4,4%, rispettivamente).

Il maggior effetto sul diabete rispetto alle patologie cardiovascolari può essere spiegato, secondo i ricercatori, dal maggiore impatto dell’adiposità e dal fatto che in genere l’insorgenza del T2D si verifica in età più giovane, quando i consumi di SSB sono più elevati, rispetto alle patologie cardiovascolari. Inoltre i fattori di rischio alla base delle CVD come fumo, ipercolesterolemia e ipertensione, riducono l’impatto  relativo delle SSB sulle malattie cardiovascolari rispetto a quanto accade per il diabete di tipo 2.

La transizione nutrizionale e le politiche sanitarie

I risultati documentano il fenomeno della transizione nutrizionale da modelli dietetici tradizionali verso quelli occidentali, che sta interessando molti paesi in via di sviluppo.

Dal momento che i consumi di SSB nei paesi ad alto reddito sono rimasti stabili, o hanno mostrato una diminuzione, l’industria delle bevande si è orientata verso i mercati emergenti, dove le popolazioni, sotto la spinta del marketing, sono suscettibili ad aderire a modelli alimentari di ispirazione occidentale.

Secondo i ricercatori, i risultati dovrebbero stimolare azioni di sorveglianza e politiche sanitarie, a vari livelli, per affrontare il consumo di SSB e il carico di malattia associato. Tuttavia, viene sottolineato, dato il consumo più elevato e i carichi sanitari più alti riscontrati tra gli adulti più istruiti rispetto a quelli meno istruiti, l’educazione generale, da sola, potrebbe non essere sufficiente a ridurre efficacemente i consumi di SSB.

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Stefania Cifani

Giornalista scientifica e Medical writer

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