Sulla definizione di “long Covid”, ossia la condizione clinica caratterizzata da sintomi prolungati dopo la risoluzione dell’infezione da Sars-CoV-2, non esiste attualmente un consenso e una definizione unica validata, quelle proposte, infatti, si differenziano per criteri diagnostici, numero e durata dei sintomi. La mancanza di una definizione condivisa influenza le stime di prevalenza, con ricadute negative sia sull’assistenza clinica che sulla ricerca scientifica, compromettendo la comparabilità dei risultati tra studi differenti.
Al fine di valutare quanto queste differenze incidano sulle stime di prevalenza di long COVID i ricercatori hanno condotto uno studio di coorte prospettico basato sui dati dei pazienti arruolati nel registro INSPIRE (Innovative Support for Patients With SARS-CoV-2 Infections Registry). Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista JAMA Network Open.
INSPIRE ha reclutato soggetti adulti che, al momento del test SARS-CoV-2 iniziale presentavano sintomi suggestivi di infezione da COVID-19. L’arruolamento si è svolto in otto centri distribuiti negli Stati Uniti, nel periodo dicembre 2020-agosto 2022; i questionari di follow-up sono stati raccolti fino al 28 febbraio 2023.
L’analisi ha indagato la prevalenza di long Covid tra i partecipanti con test SARS-CoV-2 positivo, rispetto a quelli con test negativo, secondo le definizioni presenti in letteratura. Sono state inoltre calcolate anche sensibilità e specificità delle definizioni pubblicate, rispetto alla presenza di long Covid autoriferita dai pazienti.
Circa un terzo della variabilità nei tassi di prevalenza dipende dalle differenze tra le definizioni utilizzate
Gli Autori hanno identificato cinque studi riguardanti la sintomatologia da long Covid, e ne hanno confrontato le definizioni con la checklist utilizzata in INSPIRE, composta da 29 sintomi (21 tipici della malattia, otto riferiti all’area della fatigue). Il confronto tra le liste dei sintomi ha evidenziato che solo 5 dei 29 sintomi monitorati da INSPIRE erano presenti in tutte le definizioni analizzate.
Il numero di sintomi è risultato essere l’elemento discriminante principale tra i partecipanti Covid-positivi e con long Covid. Indipendentemente dalla definizione utilizzata, i soggetti positivi hanno riportato un numero medio di sintomi associati al long Covid superiore rispetto ai soggetti negativi.
L’applicazione di cinque definizioni pubblicate per il long Covid ha prodotto stime di prevalenza comprese tra il 30,84 e il 42,01% a tre mesi, e tra il 14,23e il 21,94% a sei mesi dall’infezione. Alle differenze nella lista di sintomi utilizzata per definire il long Covid può essere attribuita una percentuale di variabilità compresa tra 24,8 e 32,9%.
Per quanto riguarda gli outcome secondari, le definizioni pubblicate hanno mostrato una sensibilità di grado lieve-moderato (fino al 66,32% a 3 mesi e 45,53% a 6 mesi), e una elevata specificità (fino all’81,29% a 3 mesi e 94,26% a 6 mesi).
Riassumendo, la ricerca evidenzia come fino a un terzo della variabilità nei tassi di prevalenza possa essere attribuita alle differenze tra le definizioni utilizzate. Tale risultato evidenzia la necessità di consenso rispetto a una definizione di long Covid validata, standardizzata e condivisa; questo permetterebbe di migliorare il riconoscimento clinico della condizione e la comparabilità delle ricerche, a favore di diagnosi e strategie terapeutiche più accurate.



