Osteoporosi dopo la menopausa, intervenire prima per evitare fratture
Un intervento farmacologico precoce e più aggressivo nelle donne che hanno già avuto una frattura. Questa è una delle raccomandazioni più importanti contenute nel documento sul “Trattamento farmacologico dell’osteoporosi nelle donne dopo la menopausa”, presentato a ENDO 2019, il meeting annuale dell’americana Endocrine Society.
Si tratta di linee guida che spronano i medici ad avere un atteggiamento più interventista sia sul fronte dello screening diagnostico, sia per quanto riguarda la terapia farmacologica.
“Dobbiamo essere aggressivi nel trattare le donne che hanno già avuto una frattura”, ha detto Clifford J. Rosen, direttore del Centro per la Ricerca Clinica e Traslazionale del Maine Medical Research Institute, Scarborough (Usa).
Le nuove linee guida anzitutto raccomandano per tutte le donne in postmenopausa uno stile di vita e un’alimentazione utile alla salute delle ossa, in particolare con il giusto apporto di calcio e vitamina D.
Per quanto riguarda la terapia, in prima linea, oltre a bifosfonati e denosumab, sono consigliati anche trattamenti anabolici per le pazienti con osteoporosi molto grave, fratture multiple e/o densità ossea molto bassa.
Per le donne che sono in terapia con bifosfonati da 3 a 5 anni, è necessario valutare il rischio di frattura. Se risulta un rischio di frattura da basso a moderato dovrebbe essere prescritta una sospensione del farmaco. Questo perché risulta che gli stessi bifosfonati, in una bassa percentuale di pazienti, possono aumentare il rischio di fratture femorali atipiche e uno dei fattori di rischio è proprio la durata della terapia.
In ogni caso tutte le donne che seguono terapie per l’osteoporosi, dovrebbero assumere calcio e vitamina D con l’alimentazione o con integratori.
Rosen si è detto preoccupato della diminuzione delle prescrizioni di terapia e di esami nel sistema sanitario americano. In particolare c’è un calo, anche a causa problemi di rimborsabilità, di utilizzo della DEXA, assorbimetria a raggi X a doppia energia. Un esame che, secondo Rosen, “è un ottimo predittore di rischio di fratture a 10 anni.”
Rosen fa notare che, parallelamente al calo degli esami di screening, si registra la stabilizzazione del numero di fratture all’anca che, negli Usa, erano in calo da diversi anni.