L’acufene e il possibile legame con una perdita di udito nascosta
L’acufene, o tinnito, è un disturbo dell’udito caratterizzato dalla percezione ininterrotta di suoni come ronzii, trilli, scrosci. Questa condizione che riduce la qualità della vita e rappresenta un frequente motivo di richiesta di consulto medico, nelle forme più gravi può diventare una patologia debilitante, caratterizzata da deprivazione del sonno, isolamento sociale, ansia e depressione.
Una delle maggiori difficoltà per il trattamento di questo disturbo sta nell’individuazione delle cause. L’acufene infatti può essere originato da patologie dell’orecchio, problemi muscolari, cardiovascolari o neurologici.
Un nuovo studio condotto da ricercatori del Mass Eye and Ear Infirmary, ha mostrato che i soggetti che soffrono di acufene presentano un danno del nervo acustico che i convenzionali esami audiometrici non sono in grado di rilevare. Si tratta di una scoperta significativa in quanto, nonostante sia diffusa la convinzione che gli acufeni si manifestano in soggetti caratterizzati da una perdita uditiva, in realtà il danno all’udito non è rilevato in tutti coloro che presentano questo disturbo.
Il lavoro si inserisce in una serie di ricerche sulla sinaptopatia cocleare, comunemente indicata come “perdita di udito nascosta” ossia associata a un calo di efficienza a livello del nervo acustico, in presenza di una capacità uditiva nella norma. I risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, potrebbero aprire la strada a una migliore comprensione delle origini di questo disturbo.
Lo studio dell’acufene in pazienti con capacità uditiva nella norma
I ricercatori hanno cercato di determinare se danni nascosti all’udito potessero essere associati con gli acufeni, in una coorte di 294 persone (154 donne) con un’età tra 18 e 72 anni, una capacità uditiva normale e senza precedenti di disturbi all’udito. Il campione è stato suddiviso in tre gruppi, in base alla frequenza del disturbo: il primo gruppo, considerato di controllo, era composto da persone che non avevano mai, o solo occasionalmente e per pochi minuti, sperimentato l’acufene; il secondo gruppo da individui che avevano avuto almeno un episodio di acufene di durata inferiore a sei mesi, e il terzo gruppo da chi aveva avuto il disturbo per almeno sei mesi continuativi.
Per tutti i soggetti esaminati gli esiti dell’esame audiometrico del puro tono (che rileva la capacità di percepire i diversi suoni trasmessi dall’aria) sono risultati nella norma; in un tipo di differente di test, gli elettrodi hanno misurato la risposta a stimolazioni sonore a livello dell’orecchio interno, del nervo acustico e del cervello. Questo test ha rilevato, nel gruppo di soggetti che presentavano acufeni, una risposta ridotta nei nervi acustici e un’iperattività a livello del tronco encefalico.
Il lavoro sembra confermare l’ipotesi che gli acufeni possano essere scatenati da un danno al nervo acustico anche in soggetti con udito nella norma, il cervello compenserebbe la parziale perdita di funzionalità del nervo aumentando la sua attività, provocando la percezione di un “suono fantasma”; per questo l’acufene viene anche paragonato alla sindrome dell’arto fantasma.