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Antipsicotici in gravidanza, non sembrano influire sul neurosviluppo del bambino

Gli antipsicotici sono comunemente impiegati per il trattamento di svariate condizioni cliniche, anche nelle donne in età riproduttiva e in gravidanza, che includono disturbo bipolare, schizofrenia, ansia, depressione, insonnia e disturbi dello spettro autistico.

Uno studio di popolazione condotto dalla University of New South Wales (UNSW) di Sydney, e pubblicato sulla rivista eClinicalMedicine, ha valutato se l’esposizione a farmaci antipsicotici durante la gravidanza sia associato a un aumento dei rischio a lungo termine di disturbi del neurosviluppo e di difficoltà di apprendimento nel nascituro.

Uno studio multinazionale

Le ricerche finora condotte sui possibili effetti a distanza di una terapia con antipsicotici durante la gestazione avevano mostrato risultati talvolta contrastanti, e in alcuni casi gli studi non erano di numerosità sufficiente a trarre conclusioni.

I ricercatori si sono quindi concentrati sui dati provenienti da paesi con sistemi educativi e sanitari simili, ossia Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, relativi al periodo 2000-2020 e contenenti informazioni sulle donne in gravidanza con diagnosi psichiatrica. Restringere l’analisi ai nati da donne con un disturbo psichiatrico diagnosticato, ha permesso di controllare meglio l’influenza di altri fattori potenzialmente confondenti, come età e BMI più elevati, fumo, assunzione di altri farmaci, basso livello di scolarizzazione, più frequenti nelle donne in terapia con antipsicotici e che possono influire sulla salute del bambino.

Per valutare l’eventuale presenza di difficoltà di apprendimento, i dati sono stati associati con quelli relativi al primo test scolastico standardizzato eseguito a livello nazionale, somministrato tra gli 8 e i 10 anni.

I bambini esposti agli ad antipsicotici nel periodo prenatale non hanno mostrato problemi di apprendimento

Lo studio ha quindi coinvolto 213.302 bambini, seguiti per 6,7 anni (valore mediano); il 5,5% di questi era stato esposto ad antipsicotici nel periodo prenatale.

L’analisti statistica non ha riscontrato un aumento del rischio di disabilità intellettiva, scarsa resa negli studi accademici nell’ambito matematico o linguistico, e nemmeno per quanto riguarda i disturbi del linguaggio e dell’apprendimento.

Secondo Paola Bruno, farmaco-epidemiologa presso la School of Population Health della UNSW  e prima autrice dello studio:

i risultati sono realmente rassicuranti, sia per le donne che per i professionisti sanitari che si trovano a gestire condizioni psichiatriche nel periodo della gravidanza. E inoltre l’assunzione di antipsicotici durante la gestazione non aumenta il rischio di autismo e ADHD, come altre ricerche condotte dal nostro team hanno già mostrato.”

I risultati non sembrano variare in base al trimestre della gravidanza durante il quale la gestante ha assunto i farmaci, e alla presenza di fratelli.

Solo nel caso di un singolo farmaco, la clorpromazina, è stato evidenziato un potenziale aumento del rischio di ritardi nel linguaggio; questi risultati tuttavia si riferiscono a campioni di soli 8-15 bambini, e pertanto necessitano di ulteriori ricerche a conferma di questo potenziale legame.

In un ambito, come quello della sicurezza delle terapie farmacologiche in gravidanza, caratterizzato dalla difficoltà di eseguire valutazioni e confronti per ragioni etiche, i risultati emersi dallo studio possono rappresentare un supporto per clinici e pazienti che debbano trattare un disturbo mentale durante la gestazione.

Redazione

articolo a cura della redazione