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Colpo di frusta, l’ansia potrebbe contribuire alla cronicizzazione del dolore

Il dolore cronico influisce negativamente sul benessere fisico ed emotivo di milioni di persone nel mondo, e pesa in modo significativo sui sistemi sanitari, oltre che sulla società in generale. Spesso il dolore cronico ha origine da un trauma, ad esempio si stima che negli Stati Uniti interessi oltre tre milioni di adulti che hanno avuto un colpo di frusta. Secondo una ricerca condotta dalla Northwestern University, adeguati interventi terapeutici somministrati in fase acuta, ossia entro i primi tre giorni successivi a un infortunio di questo tipo, potrebbero contrastare il successivo sviluppo di dolore cronico.

I risultati dello studio, condotto in collaborazione con Technion-Israel Institute of Technology e la McGill University, e pubblicati sulla rivista Nature Mental Health, indicano, per la prima volta, che dopo soli pochi giorni dopo un trauma, il cervello può modificarsi e trovare un assetto che induca un aumento del rischio di sviluppare dolore cronico.

Uno studio con la diagnostica per immagini

I ricercatori hanno considerato un campione di 110 individui con infortunio da colpo di frusta, sottoposti a risonanza magnetica nucleare nei tre giorni successivi all’incidente; i dati sono stati raccolti nel periodo marzo 2016-dicembre 2021, con l’obiettivo di identificare i fattori predittivi della transizione del dolore da acuto a cronico.

Lo studio di questo tipo di popolazione mediante la diagnostica per immagini, sostengono gli autori, ha rappresentato un’opportunità unica per descrivere i mutamenti cerebrali che si verificano subito dopo un trauma, e ha permesso di esaminare l’attività cerebrale nelle regioni implicate nei processi di apprendimento e memoria, oltre che testare se gli adattamenti occorsi nella regione dell’ippocampo rappresentassero effettivamente una causa di rischio di dolore cronico, un anno dopo l’incidente.

Lo studio ha evidenziato che il grado di intensità della comunicazione tra ippocampo (importante per la formazione dei ricordi di fatti recenti) e corteccia cerebrale (coinvolta nella memoria a lungo termine), è indicativo della formazione di nuovi ricordi legati all’incidente e al dolore; a maggiore intensità della comunicazione corrisponderebbe quindi una maggior probabilità di sviluppare dolore cronico.

Inoltre, il grado di ansia che il paziente prova immediatamente dopo l’infortunio può indirizzare gli esaminatori nella previsione dello sviluppo di dolore cronico, a un anno dall’incidente.

In base all’intensità della comunicazione tra le due aree del cervello, e al livello di ansia dell’individuo dopo l’infortunio, sarebbe quindi possibile prevedere quali pazienti svilupperanno con maggiore probabilità dolore cronico.

Le ragioni per cui l’aumentata comunicazione tra le regioni del cervello può rappresentare un fattore di rischio per il dolore cronico non sono chiare; i ricercatori ipotizzano che il cervello di questi individui abbia immagazzinato un forte ricordo che associa il movimento del collo e della testa al dolore.

Secondo il primo autore dello studio Paulo Branco, docente di anestesiologia e terapia del dolore alla Feinberg School of Medicine della Northwestern University:

in genere si pensa al dolore come legato solo al trauma, ma è il cervello che in realtà costruisce l’esperienza del dolore, e decide se un determinato movimento potrebbe essere doloroso oppure no; crediamo che questo possa essere basato sui precedenti ricordi conservati nella memoria”.

Prevenire il dolore cronico agendo nel periodo critico

Sapere che il dolore cronico può svilupparsi, con maggiori probabilità, in un periodo ritenuto critico, può essere di aiuto per concentrare il trattamento sulla prevenzione, prima che nella cura. Dal momento che l’ansia gioca un ruolo importante nel favorire i mutamenti cerebrali, il trattamento con farmaci ansiolitici o altri farmaci, nei momenti immediatamente successivi al trauma, potrebbe fermare questi cambiamenti.

Nel breve periodo i ricercatori intendono approfondire i meccanismi sottostanti la risposta dell’ippocampo al trauma, valutando quali altri fattori fisiologici e psicologici (livelli di cortisolo, infiammazione, disturbi legati al trauma e allo stress, paura del movimento) possano influenzarli. L’obiettivo di ricerca a lungo termine è indirizzato, invece, all’intervento precoce nei confronti di queste risposte maladattative, al fine di testare il loro ruolo causale nello sviluppo di dolore cronico. Questo potrebbe comportare l’uso di terapie farmacologiche, cognitivo-comportamentali oppure di stimolazione magnetica intracranica.

Redazione

articolo a cura della redazione