Il rischio cardiovascolare delle donne rimane sottovalutato
Le malattie cardiovascolari (CVD) sono la principale causa di morte per le donne nei Paesi sviluppati. Tuttavia, rimangono nella classe medica e nella popolazione, pregiudizi di genere che inducono a sottostimare questo rischio. Una conferma viene un’indagine condotta su più di 5.000 donne afferenti a 49 centri cardiologici in Italia, dalla quale emerge una sostanziale sottovalutazione del proprio livello di rischio e una scarsa propensione a migliorare il proprio stile di vita.
Lo studio multicentrico
Lo studio multicentrico, battezzato Cardiovascular risk awareness of italian women (CARIN WOMEN), pubblicato sul Journal of Clinical Medicine, è stato condotto su un totale di 5.590 donne in 49 ambulatori cardiologici italiani dal gruppo Medicina di Genere di A.R.C.A. (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali) con il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo Italia.
Il pregiudizio culturale
Come è noto in età fertile le donne statisticamente subiscono meno eventi cardiovascolari degli uomini, ma dopo la menopausa sviluppano più malattie cardiovascolari e una prognosi peggiore del sesso maschile. Pertanto, non è possibile affermare che il rischio cardiovascolare maschile sia superiore a quella femminile, eppure questa sembra essere la convinzione più diffusa, tanto che viene confermata anche dal CARIN WOMEN: il 57% delle donne sapeva che il RCV femminile è almeno allo stesso livello di quello maschile, il 25% delle donne non ha risposto e il 18% ritiene che il RCV femminile sia inferiore. Dunque, dal 36% al 43% delle donne sottovaluta o non conosce il rischio cardiovascolare femminile.
La sottovalutazione del rischio
Tra le donne che hanno partecipato all’indagine solo il 6,3% aveva avuto precedenti eventi CV e la popolazione esaminata era piuttosto eterogenea per età, scolarità e stato civile.
Dalle risposte è emersa una sostanziale sottovalutazione del proprio rischio cardiovascolare: il 23% delle donne a rischio e ben il 63% delle donne con un alto rischio cardiovascolare non hanno una percezione corretta del proprio livello di rischio. Una percezione sulla quale sembra influire anche un pregiudizio culturale, infatti fino al 43% delle donne ha sottostimato il rischio cardiovascolare femminile rispetto a quello maschile.
I fattori di rischio sono noti, ma ancora poco considerati nella pratica
Il 94% delle intervistate ha dimostrato di conoscere fattori di rischio cardiovascolari tradizionali (ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia e abitudine al fumo), tuttavia solo una minoranza dichiara uno stile di vita sano: il 21,8% è fumatrice, solo il 45,9% svolge una sufficiente attività fisica , solo il 30,4% consuma più di due porzioni giornaliere di frutta e verdura.
Un altro elemento che dimostra la difficoltà di avere una coscienza del proprio stato di salute riguarda la percezione del proprio peso: il 46,9% delle partecipanti aveva un indice di massa corporea (BMI) >26 ma solo il 20,2% ha dichiarato di essere in sovrappeso. Il 71,79% di coloro che avevano un BMI compreso tra 26 e 30 e il 41,47% delle donne con un BMI >30 non ha riconosciuto di essere sovrappeso o obesa.
Adele Lillo, responsabile ambulatoriale Cardiologia , ASL BA DSS 10 Ospedale Fallacara Triggiano, e principale autrice dello studio, commenta:
La nostra indagine ha evidenziato una buona conoscenza dei fattori di rischio ma allo stesso tempo una sottovalutazione del proprio rischio cardiovascolare. Nelle donne italiane, questa sottostima è maggiore tra le più giovani e soprattutto tra quelle con rischio cardiovascolare molto elevato. Il fattore culturale, quindi, sembra influenzarela conoscenza dei fattori di rischio ma non la percezione del proprio rischio. Il divario culturale nella riduzione del rischio cardiovascolare femminile purtroppo persiste, e anche gli stili di vita sani sono ben noti ma poco praticati. Riteniamo che l’educazione alla valutazione del proprio rischio CV e al perseguimento di abitudini di vita sane debba iniziare già nelle scuole e debba continuare a essere perseguita da tutti gli operatori sanitari. È inoltre giunto il momento di porre fine al pregiudizio secondo cui le donne sono meno esposte al rischio cardiovascolare rispetto agli uomini.”