Skip to content
intestino irritabile

MICI, controllo della malattia insufficiente per la metà dei pazienti

  • Alessandro Visca
  • Sanità

Sono quasi 7 milioni nel mondo e 250mila in Italia le persone che devono convivere con malattia di Crohn e colite ulcerosa, le più comuni malattie infiammatorie croniche dell’intestino, patologie sistemiche, che hanno un impatto molto pesante sulla salute e la qualità di vita di chi ne è colpito.

I risultati di uno studio osservazionale e di due survey, recentemente presentati a Milano, ci forniscono indicazioni importanti sulla realtà attuale delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), conosciute anche con l’acronimo inglese IBD (inflammatory bowel disease). Innanzitutto, nonostante i progressi delle terapie, sono ancora molti i pazienti che non hanno un controllo ottimale della malattia. Inoltre, rimangono lacune nella conoscenza delle MICI, delle possibili complicanze e degli effetti della terapia, sia tra i soggetti affetti che nella popolazione generale.

Lo studio IBD-Podcast: la metà dei pazienti non ha un controllo ottimale della malattia

Lo studio osservazionale IBD-Podcast, promosso dalla casa farmaceutica AbbVie e condotto in 103 strutture sanitarie di 10 Paesi, tra cui l’Italia, ha rilevato che su 220 pazienti italiani con IBD, il 54% dei pazienti con malattia di Crohn e il 49% di quelli con colite ulcerosa non hanno un controllo ottimale della malattia, secondo i criteri adattati dalla consensus STRIDE-II.

A compromettere il controllo della malattia sono la scarsa qualità di vita, per il persistere di sintomi come stanchezza e diarrea, le manifestazioni extraintestinali o il mancato raggiungimento della guarigione mucosale. Inoltre, può esserci un eccesso nell’uso di corticosteroidi nella colite ulcerosa e la malattia perianale attiva nella malattia di Crohn.

Lo studio ha anche evidenziato quanto possa essere differente tra medico e paziente la consapevolezza riguardo il grado di controllo della malattia e l’impatto sulla qualità di vita. I pazienti con malattia non ben controllata, per esempio, hanno ripercussioni sul benessere emotivo e sulla qualità delle relazioni sociali, spesso non percepite dal medico curante.

Lo studio ACQUIRE-IBD: cosa sanno i pazienti della loro malattia

Nel corso del 2023, l’Associazione AMICI ETS (Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino) ha realizzato un’indagine su un campione composto da 1.039 pazienti (58% donne); dei quali il 47% con malattia di Crohn e il 53% con colite ulcerosa.

Nel corso dell’ultimo anno, il 14% dei pazienti interpellati ha subito un ricovero, il 38% un intervento chirurgico e l’89% sta attualmente seguendo una terapia farmacologica. L’indagine ha verificato il livello di conoscenza dei pazienti sulle loro malattie e ha trovato, per quanto riguarda la malattia di Crohn, che il 18% ha un’alta conoscenza della patologia, il 94% sa che è possibile avere disturbi a carico di altri organi; solo il 20% conosce la probabilità di sviluppare una complicanza intestinale.

Per quanto riguarda invece la colite ulcerosa 1 paziente su 10, di quelli che hanno partecipato all’indagine, è informato della probabilità di subire un intervento di colectomia totale. Nessuno sa indicare l’evoluzione negativa dell’andamento della patologia nel corso del tempo. Il 95% del campione afferma di sapere che un miglioramento dei sintomi non significa una guarigione mucosale a livello intestinale.

Salvo Leone, direttore generale AMICI ETS, ha commentato:

l’Associazione pazienti svolge un ruolo chiave nello sviluppo di un Patient Health Engagement, cioè nel generare consapevolezza della patologia. La maggior parte dei pazienti (70%) riconosce, infatti, l’importanza dei gruppi di supporto nella gestione e accettazione della malattia. L’attenzione deve rimanere focalizzata su diagnosi tempestive, percorsi di cura sempre più appropriati e personalizzati e che tengano conto della condizione di cronicità. È quindi fondamentale garantire sostegno, anche quello psicologico, a questa comunità di malati invisibili che hanno diritto alla miglior qualità di vita possibile”.

L’indagine sulla popolazione generale

Infine, sono stati presentati i risultati dell’indagine sulla popolazione condotta, sempre nel corso del 2023 in collaborazione con l’Istituto di Ricerca IXE, su un campione di 800 persone di età compresa tra i 25 e i 45 anni con l’obiettivo di far emergere la conoscenza e la percezione delle MICI tra la popolazione: oltre il 60% degli intervistati ritiene siano malattie abbastanza diffuse, ma altre informazioni, come le categorie di popolazione più a rischio o i sintomi, sono meno note.

Poco più della metà del campione, ad esempio, crede che la probabilità di ammalarsi si concentri tra i giovani adulti e gli adulti e senza distinzioni di genere.

Il professor Massimo Fantini, direttore della SC di Gastroenterologia dell’AOCU di Cagliari, che ospita il Centro per la ricerca, diagnosi e cura delle MICI ha detto:

la diagnosi precoce nelle MICI è di fondamentale importanza poiché può limitare l’impatto della malattia sulla vita delle persone, non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo ed economico”.

Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi possono passare anche 5 anni, seppur nella maggior parte dei casi, il ritardo diagnostico è oggi inferiore a 6 mesi ed è differente, tra colite ulcerosa (più breve) e malattia di Crohn (spesso più lungo).

Alessandro Armuzzi, responsabile dell’UO di IBD–Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas conclude:

oggi, grazie alla ricerca scientifica, gli obiettivi del trattamento si stanno concentrando sulla remissione clinica, sulla ‘guarigione’ della mucosa intestinale, e sull’assenza di disabilità, migliorando la qualità di vita senza dover ricorrere all’intervento chirurgico. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nella gestione delle MICI. Dobbiamo continuare a impegnarci nel miglioramento della conoscenza, con particolare riguardo ai campanelli d’allarme che dovrebbero condurre il paziente da uno specialista gastroenterologo”.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.