Nonostante i documentati benefici delle misure di prevenzione primaria, l’effettiva messa in atto di comportamenti a tutela della salute non è facile da ottenere. Perché le persone, anche se coscienti dei rischi potenziali, faticano a mettere in pratica comportamenti che possono tutelare la salute a lungo termine?
A questa domanda hanno tentato di rispondere epidemiologi e psicologi in un recente articolo pubblicato sul portale Medscape.
Christopher Dye, docente di epidemiologia all’Università di Oxford, afferma:
la comprensione dei meccanismi che guidano le decisioni individuali legate alla salute richiede una profonda esplorazione di valori, motivazioni e percezioni individuali. Le misure di salute pubblica si traducono nella prescrizione di comportamenti e indicazioni, ma se non riusciamo a capire come le motivazioni alla base delle scelte e perché sembrino essere meno interessate alla prevenzione che al rischio di ammalarsi in futuro, non sarà possibile passare da un approccio curativo a uno preventivo”.
Bias psicologici e fattori socio-economici influenzano le scelte relative alla salute
Perché le persone non migliorano il proprio stile di vita, pur riconoscendo il valore della prevenzione? Nella valutazione di potenziali minacce future, secondo gli esperti, entrano in gioco due fattori chiave: la gravità del pericolo e il costo per cercare di prevenirlo. Quindi, l’azione diventa più probabile quando il pericolo è significativo e il costo di mitigazione è basso; tanto più grave è il pericolo per la propria salute, tanto maggiore sarà la probabilità che questo venga preso seriamente.
Quindi, con pragmatismo tipicamente anglossassone, gli esperti inglesi sottolineano l’interazione di tre distinti fattori: gravità, probabilità, tempo. Quando le tre variabili si combinano con un basso costo di mitigazione, gli incentivi all’azione sono più efficaci.
Una minaccia, per quanto seria, non susciterà troppa preoccupazione, se la percezione della probabilità che si verifichi è bassa. E una minaccia nell’immediato futuro è più preoccupante di quella che potrebbe realizzarsi a distanza di anni.
Il concetto di “costo”, inoltre, non è circoscritto agli oneri da sostenere dal punto di vista finanziario, ma comprende lo sforzo necessario alla pratica, volontà, accesso all’informazione e inclinazioni personali. Allo stesso modo, la percezione della minaccia è definita non solo dai dati epidemiologici, ma anche da valori soggettivi e interpretazioni culturali.
In linea generale si tende ad attribuire maggior valore al “qui e ora”, e al dato presente, piuttosto che al domani; investire risorse per prevenire un disturbo che potrebbe anche non verificarsi, quindi, non è attrattivo, afferma Theresa Marteau, psicologa comportamentale presso l’Università di Cambridge.
Spesso le persone sottovalutano i futuri rischi legati alla salute a causa di un bias cognitivo, per cui la gratificazione immediata appare prioritaria rispetto ai possibili benefici a lungo termine di un dato comportamento; una tendenza che rende difficile affrontare la prevenzione di patologie che potrebbero manifestarsi solo dopo anni, e che rappresenta una sfida per la salute pubblica.
Un esempio significativo riguarda i fumatori, che spesso sono poco inclini a considerare gli effetti delle sigarette sulla salute negli anni a venire, in quanto le persone sono portate a focalizzarsi sulle problematiche di immediata risoluzione. Inoltre, la capacità di concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine è propria di chi gode di stabilità e risorse; le persone finanziariamente sicure, con lavori stabili, famiglie di supporto, hanno un migliore equipaggiamento sociale per investire nel futuro e dare priorità alla propria salute. Al contrario, per le persone che vivono in condizioni di povertà o di instabilità sociale, l’urgenza legata al quotidiano, supera, spesso, i benefici percepiti delle misure preventive di salute.
Portare il futuro nel presente
Secondo Dye è necessario rendere i comportamenti preventivi più appetibili nel breve termine; gli interventi efficaci spesso prevedono meccanismi basati sulla combinazione deterrente-ricompensa.
Disincentivare i comportamenti dannosi per la salute, per esempio rendendoli più difficilmente praticabili come nel caso dell’aumento del prezzo delle sigarette, è considerato un intervento efficace per ridurre il tasso dei fumatori; ma, nel lungo periodo, il numero di persone che abbandona il fumo raggiungerà un plateau, e coloro che appartengono agli strati socio-economici più bassi saranno quelli che più probabilmente continueranno a fumare.
Per contro, offrire una ricompensa immediata per la messa in atto di comportamenti preventivi fornisce un incentivo potente.
Azioni come sottoporsi a check-up regolari, vaccinarsi, seguire programmi di fitness, che portano benefici tangibili, possono motivare gli individui a impegnarsi in attività che preservano la salute. Spiega Dye:
la chiave è assicurare che questi benefici siano tempestivi e significativi, in quanto le ricompense ritardate sono meno efficaci nel superare i naturali bias esistenti nei confronti del presente.”
Infine, l’articolo di Medscape sottolinea il ruolo fondamentale degli operatori sanitari, che si trovano nella posizione migliore per aiutare le persone a impegnarsi nell’adozione di comportamenti virtuosi, indirizzandole a servizi adeguati come, per esempio, percorsi per la disassuefazione dal fumo, programmi per la perdita di peso o di sostegno alla salute mentale.