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Telemedicina

Sanità digitale, i medici di famiglia guidano la rivoluzione

La più recente indagine dell’Osservatorio sanità digitale del Politecnico di Milano rivela che il 52% degli MMG intervistati utilizza servizi di televisita e il 46% ha sperimentato una AI generativa

Mentre le piattaforme digitali regionali del PNRR sono ancora in fase di implementazione, i medici di medicina generale sembrano già avviati sulla strada rivoluzione digitale, con un certo vantaggio sugli specialisti.

Lo rivela la più recente indagine dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano Il 52% degli MMG intervistati utilizza servizi di televisita e il 46% ha sperimentato l’intelligenza artificiale generativa, quasi il doppio rispetto agli specialisti ospedalieri, ma lo fanno in modo sporadico, spesso improvvisato, utilizzando strumenti non adatti come WhatsApp per comunicare con i pazienti.

Dietro questi numeri si nasconde una sfida cruciale: come trasformare questi comportamenti spontanei, ma frammentaria, in un approccio sistematico e sostenibile? La risposta non sta nell’attendere che le infrastrutture tecnologiche siano completate, ma nel ripensare fin da subito i processi di cura, integrando gradualmente il digitale nella pratica quotidiana senza perdere di vista la centralità del rapporto medico-paziente.

I vantaggi sono tangibili: ogni medico di famiglia potrebbe recuperare fino a due settimane lavorative all’anno grazie all’AI, liberando tempo prezioso dalle incombenze amministrative. Ma la vera trasformazione, quella che sopravviverà oltre il PNRR, non è solo tecnologica: è culturale. E passa dalla consapevolezza che il digitale, quando ben integrato, può rafforzare anziché indebolire il rapporto di fiducia con i pazienti.

Questo è quanto emerso dalla presentazione della ricerca dell’Osservatorio, significativamente intitolata: “Primi germogli della trasformazione digitale del Sistema Sanitario”.

A margine del convegno, medicoepaziente.it ha posto alcune domande a Chiara Sgarbossa, direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale.

Considerando che le piattaforme regionali PNRR sono ancora in fase di implementazione, quali sono le strategie concrete che i medici di famiglia possono adottare fin da subito per integrare efficacemente la telemedicina nella loro pratica quotidiana? E come si può superare il gap tra l’utilizzo episodico attuale e un approccio sistematico?

anche in assenza di piattaforme regionali pienamente operative, i medici di medicina generale possono iniziare a ripensare i propri processi di cura per integrare gradualmente la telemedicina nella pratica quotidiana. Non si tratta semplicemente di aggiungere un nuovo canale di comunicazione, ma di ridefinire i percorsi assistenziali, individuando con chiarezza quali prestazioni possano essere erogate da remoto e come gestire il follow-up in modo sicuro ed efficace. Un passaggio fondamentale in questa direzione è la possibilità di integrare i software gestionali di studio con le nuove piattaforme di telemedicina, per evitare la frammentazione operativa e garantire continuità nell’assistenza. Accanto agli aspetti organizzativi, è cruciale investire nella formazione su nuove competenze, indispensabili per un uso efficace e consapevole della telemedicina. In particolare, occorre sviluppare la capacità di comunicare con il paziente attraverso strumenti digitali: gestire una televisita non è solo una questione tecnica, ma richiede ascolto attivo, empatia e chiarezza in un contesto in cui il contatto diretto e in presenza è assente. Serve quindi una formazione mirata, che aiuti i medici a instaurare e mantenere una relazione di qualità anche a distanza. Infine, per passare da un utilizzo episodico a un approccio più strutturato, è necessario accompagnare il cambiamento con linee guida chiare, che aiutino i medici a capire quali pazienti possono beneficiare della telemedicina e per quali tipologie di prestazioni sia più appropriata. Solo così sarà possibile consolidare modelli di cura realmente sostenibili e centrati sul paziente”.

I dati mostrano che il 46% dei MMG ha già utilizzato l’AI generativa per avere vantaggi in termini di gestione del tempo lavorativo. Tuttavia, emerge la preoccupazione per le responsabilità medico-legali. Come può un medico di famiglia bilanciare concretamente i benefici dell’AI – soprattutto per le attività amministrative – con la necessità di mantenere la sicurezza clinica e la chiarezza delle responsabilità professionali?

l’adozione dell’AI generativa può rappresentare un’opportunità concreta per alleggerire il carico burocratico che grava sui medici di medicina generale, soprattutto in ambiti come la certificazione di malattia, la prescrizione di farmaci o la redazione di piani terapeutici. Tuttavia, anche per queste attività, che rientrano nell’area amministrativa, ma hanno implicazioni cliniche, è fondamentale mantenere un controllo pieno da parte del medico. L’AI può offrire un supporto utile nella stesura preliminare dei documenti, nella sintesi delle informazioni o nel recupero automatico di dati, ma il medico deve sempre rivedere, validare e firmare quanto prodotto. La responsabilità resta infatti in capo al professionista. Per garantire un uso sicuro ed efficace di queste tecnologie, è necessario agire su più fronti: formazione specifica dei medici, disponibilità di strumenti affidabili e trasparenti e definizione di regole d’uso condivise, che chiariscano ambiti applicativi e limiti. Nel breve periodo, un approccio equilibrato consiste nell’impiegare l’AI in ambiti dove l’automatizzazione può portare a benefici immediati, in termini di tempo risparmiato e semplificazione operativa, privilegiando strumenti affidabili, come la piattaforma di Intelligenza Artificiale per la medicina primaria che sarà sviluppata nei prossimi mesi. In questo modo, è possibile alleggerire il carico amministrativo, recuperare tempo per l’attività clinica, e allo stesso tempo preservare la centralità del ruolo medico nella presa in carico del paziente”.

Dottoressa Sgarbossa, lei ha sottolineato l’importanza della sostenibilità degli interventi oltre l’orizzonte PNRR e la necessità di una trasformazione culturale. Dal punto di vista del medico di medicina generale, che spesso lavora in studi piccoli o isolati, quali sono gli elementi chiave per consolidare una ‘cultura digitale’ duratura? E che ruolo può giocare la medicina generale nel guidare questa trasformazione dal basso, considerando la sua posizione di primo contatto con i cittadini?

la vera trasformazione digitale non è solo tecnologica, ma culturale. Per i medici di medicina generale, che rappresentano il primo contatto con il cittadino, questa trasformazione passa dalla consapevolezza che il digitale può migliorare la qualità della cura, semplificare la burocrazia e rafforzare il rapporto con i pazienti. Per far sì che questa trasformazione duri nel tempo, servono alcuni elementi fondamentali: formazione continua che risponda ai bisogni reali, accesso a strumenti semplici e ben integrati nella routine quotidiana, un supporto concreto per l’adozione e soprattutto un coinvolgimento attivo dei medici stessi nei processi di cambiamento. Il digitale funziona davvero solo quando è percepito come uno strumento utile, non come un obbligo imposto dall’alto. Proprio perché i MMG rappresentano un riferimento rilevante per i pazienti, possono essere loro stessi a guidare questo cambiamento, partendo dai bisogni concreti delle persone. I medici possono inoltre supportare i pazienti a utilizzare in modo consapevole gli strumenti digitali, migliorando così la gestione della cura, l’aderenza alle terapie e la prevenzione”.

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Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.

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