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Esiste una connessione tra PPI e microbiota intestinale?

Documentato il ruolo nell’aumentato rischio di infezioni enteriche

Gli inibitori della pompa protonica (PPI), indicati nel trattamento del reflusso gastro-esofageo e nella prevenzione delle ulcere gastriche, sono tra i farmaci più prescritti al mondo.

Secondo l’XI Report Health Search della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG – Edizione 20181), la prevalenza del reflusso gastroesofageo, trattato nel 48% dei casi con PPI, in Italia è triplicata nel giro di dieci anni (arrivando a circa il 18% nel 2016).

Alcuni studi hanno evidenziato che la loro assunzione è correlata a un incremento del rischio di infezioni enteriche. Sono state documentate in particolare quelle causate da Clostridium difficile, Salmonella spp., Shigella e Campylobacter.

Una recente revisione sistematica2 mostra come tali farmaci abbiano “un notevole impatto sull’architettura del microbiota” in termini di composizione e di biodiversità, e fornisce un razionale per tale effetto.

L’ipotesi è che la diminuzione dell’acidità gastrica possa permettere a un numero maggior di microrganismi di raggiungere l’intestino, colonizzandolo. Allo stesso tempo, potrebbe comportare un diverso assorbimento dei nutrienti, modificando di conseguenza il materiale nutritivo a disposizione della flora batterica per il proprio sviluppo.

Inoltre, considerato che il rischio d’infezioni enteriche è a sua volta correlato al tipo di composizione del microbiota intestinale di un individuo, Floris Imhann del dipartimento di Gastroenterologia ed Epatologia dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, ha disegnato e condotto uno studio, pubblicato sulla rivista “Gastroenterology” per verificare l’ipotesi che la correlazione tra assunzione di PPI e infezioni enteriche fosse mediata proprio da una modificazione della composizione del microbiota.

Grazie a una sofisticata analisi delle sequenze di 16S rRNA su 1815 soggetti di tre differenti coorti, gli autori hanno documentato profondi cambiamenti nel microbiota intestinale degli utilizzatori di PPI. In particolare il 20% dei taxa batterici era statisticamente modificato rispetto a quello dei non utilizzatori.

In un successivo studio pubblicato dallo stesso gruppo di ricerca sulla rivista “Gut Microbiota”, viene mostrato come risultati simili sull’influenza dei PPI sul microbiota intestinale siano stati ottenuti da due studi indipendenti. Un’ulteriore sofisticata analisi genomica condotta da Imhann e colleghi su 1135 soggetti delle stesse coorti precedenti ha dimostrato che non sono solo i PPI, ma anche altri farmaci comunemente usati come gli antibiotici, gli antidepressivi e le statine erano associati a composizioni distinte del microbiota intestinale.

Sulla base dei dati raccolti, gli studiosi concludono che i farmaci comunemente usati probabilmente influenzano il modo in cui il microbiota intestinale resiste alle infezioni enteriche, promuove o inibisce l’infiammazione intestinale, o ancora modifica il metabolismo dell’ospite.

I risultati, complessivamente, mostrano l’opportunità di condurre ulteriori studi per capire l’influenza dei farmaci comunemente usati sul microbiota intestinale e le conseguenze per la salute.

  1. XI Report Health Search. Istituto di Ricerca della SIMG: Società Italiana di Medicina Generale e della Cure Primarie
  2. Le Bastard Q. et al, Systematic review: human gut dysbiosis induced by non-antibiotic prescription medications. Aliment Pharmacol Ther. 2018;47:332–345

Il testo completo dell’articolo è disponibile su Probiotics Digest

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Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.