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medicina digitale

Rivoluzione digitale in sanità. Nuovi percorsi assistenziali per la longevità

  • Silvia Pogliaghi
  • Sanità

La sanità italiana deve cambiare passo. Le nuove tecnologie, i dati, l‘intelligenza artificiale, assieme alle scienze “omiche” e ad altre innovazioni metodologiche, saranno fondamentali per la diagnosi precoce della malattia, la personalizzazione delle cure, la prevenzione attiva e per garantire in ultima analisi la sostenibilità del nostro sistema sanitario nazionale (SSN). Come farlo? Lo spiega Ennio Tasciotti, fondatore dello “Human Longevity Program”, presso l’IRCCS San Raffaele di Roma.

a cura di Silvia Pogliaghi

Percorso assistenziale e nuovi strumenti digitali

Ha 15 anni di esperienza americana nel mondo della ricerca traslazionale, cioè quella branca della medicina che si occupa di trasferire e portare al letto del paziente le scoperte scientifiche provenienti dai laboratori di ricerca. Ennio Tasciotti (nella foto)  è uno scienziato che due anni fa, in piena pandemia, è tornato dagli USA per mettere al servizio della sanità italiana il suo bagaglio di conoscenze ed esperienze di alto livello.

Tasciotti – che è anche direttore del Human Longevity Program IRCCS San Raffaele Roma – racconta la sua visione dell’innovazione in sanità partendo dalla creazione dello Human Longevity Program, progetto nato dall’intersezione dell’esperienza di ricerca maturata nello studio dei fenomeni cellulari e molecolari associati all’invecchiamento fisiologico e patologico di organi e tessuti, con i nuovi principi di ingegneria dei tessuti e con gli interventi di medicina rigenerativa.

A questi temi si aggiungono le competenze relative alle innovazioni della nanomedicina nel campo del rilascio dei farmaci (targeted drug delivery), delle cellule staminali per avanzate terapie cellulari e gli approcci di medicina digitale e telemedicina per il monitoraggio delle patologie croniche, che sono una caratteristica specifica dell’anziano; ovvero, la presenza di più morbilità ed il fatto che ci sia una lenta degenerazione dei tessuti e degli organi che andrebbero rigenerati.

Il tempo è ‘giusto’ per intervenire sulla qualità della vita degli anziani di domani, poiché nei prossimi 20-30 anni un terzo della popolazione sarà sopra i 65 anni e metà della popolazione italiana sarà affetta da più di una patologia. Quindi l’idea della longevità per quanto attrattiva nel nostro immaginario, si porta dietro un sacco di problemi pratici di sostenibilità economica per il sistema sanitario nazionale. Visto che si dovrà fare i conti con un numero spropositato di malati, affinché il sogno della longevità non diventi un incubo, si dovrà ripensare l’intero approccio preventivo, diagnostico e terapeutico.

Quali sono gli strumenti innovativi che non devono mancare nella valigia del medico di medicina generale?

Stiamo assistendo – risponde Tasciotti – ad una transizione importante in ambito SSN, ovvero uno spostamento dell’attenzione dal ruolo centrale che gli ospedali hanno avuto fino ad oggi, al ruolo fondamentale che avrà il territorio, da domani in poi. L’ospedale verrà visto sempre di più come centro di “iper-specializzazione” per i casi acuti, più urgenti e quelli che richiedono un intervento clinico chirurgico, mentre dovrà essere alleggerito dalle cure che possono essere erogate sul territorio, più vicino alla casa del paziente.

Il primo cambiamento per il medico di medicina generale consta nel fatto che nel territorio ci saranno molte più strutture dotate degli strumenti sufficienti a gestire il paziente nella sua fase pre-acuta o post acuta.  La maggiore vicinanza alle cure sarà particolarmente rilevante per la gestione del paziente cronico. I pazienti cronici sono tra le principali ragioni di sovraccarico del SSN per il loro costante bisogno di cure e di monitoraggio e gli iter assistenziali che i pazienti devono seguire, pesano tanto sul paziente quanto sui caregiver. Anche da un punto di vista logistico avvicinare le cure al paziente, invece di avvicinare il paziente alle cure, incrementa la qualità dell’assistenza. Il paziente peggiora di meno, costa di meno e aumenta la sua qualità della vita. Questo è il nuovo framework nel quale si dovrà instaurare il rapporto medico e paziente”.

Quali sono i vantaggi che offrono i nuovi strumenti digitali?

Per fare un esempio tecnico, tra i vantaggi c’è la possibilità di raccogliere i così detti real world data. Mi voglio soffermare su questo punto, perché il progresso clinico terapeutico è andato avanti attraverso trial clinici randomizzati, che partono da una coorte di pazienti selezionati a seconda dei criteri di ingaggio, spesso poco rappresentativi della popolazione generale di pazienti che poi utilizzeranno quel farmaco. Si delinea quindi una disconnessione tra le evidenze che ci portano i trial clinici classici e quelle che poi raccogliamo nella fase 4, quella della farmacovigilanza post marketing approval. La possibilità di raccogliere dati del mondo reale potrà informare molto meglio l’intero processo terapeutico, perché permetterà ai medici di capire meglio quali farmaci funzionano e in quale sottoclasse di pazienti.

Per raggiungere questo obiettivo si potrà contare sul monitoraggio con wearable technology, ossia con sensori di vario tipo che raccolgono, misurano e registrano una serie di informazioni e dati relativi alle abitudini di vita del paziente: quanto e come si muove, quanto e come dorme, oltre a tutti i dati relativi alle funzioni vitali (respirazione, circolazione sanguigna, pressione, temperatura corporea, etc). L’altro blocco di tecnologie a disposizione è rappresentato dalle piattaforme digitali per la raccolta di informazioni relative a quanto spesso un paziente prende un farmaco, quanto viene tollerata la terapia e quali sono gli effetti collaterali rilevati.

Non da ultimo, una nuova classe di farmaci: le terapie digitali che non vengono somministrate in maniera classica sotto forma di pillole o iniezioni, ma sono legate all’utilizzo di un software; ad esempio, per stimolare la connettività del cervello per il recupero cognitivo dopo un ictus o nelle malattie rare”.

La prevenzione in ottica di sanità digitale: come fare?

Mettendo insieme tutte le tecnologie citate e integrandole con le scienze “omiche”. Cos’è cambiato negli ultimi dieci anni? Il fatto che oggi riusciamo a raccogliere dati del paziente come era inimmaginabile fare in precedenza. Ad esempio, vent’anni fa l’iniziale sequenziamento del genoma umano è costato più di un miliardo di dollari. Oggi ci avviciniamo ad un costo di sequenziamento per genoma di circa 1.000 dollari; sono cambiati i costi e sono cambiate le tecnologie e questo ci permetterà in un futuro molto prossimo di conoscere il background genetico di ciascun paziente. Aggiungiamo a questo le nuove modalità diagnostiche per immagini che potenziano le nostre capacità di guardare dentro il corpo.  Vediamo meglio sia le strutture, sia la funzione, con una qualità di risoluzione incredibile, che ci permette di capire esattamente la conformazione di tessuti e organi e la loro attività.

Abbiamo capito che gli stili di vita influenzano la genetica e quando si parla di così tante variabili è impossibile controllarne i processi, a meno che non si faccia ricorso ai big data, all’intelligenza artificiale e al machine learning. È grazie a questi strumenti che capiremo meglio come leggere i dati e come rapportarli all’outcome clinico e all’avanzamento della malattia. Ed è appunto qui che ci giochiamo il futuro della prevenzione: nella comprensione dell’impatto relativo dell’alimentazione, della mobilità, degli stili di vita, delle terapie nell’avanzamento della malattia e nella definizione di approcci diagnostici precoci o addirittura preventivi per rallentare il peggioramento dei sintomi della malattia grave”.

Qual è il ruolo del paziente nei nuovi modelli di sanità digitale?

Mai stato così centrale come oggi. Ci sono state tante rivoluzioni nella medicina che sono state sempre giocate dagli altri attori del sistema: il biologo molecolare che scopre un nuovo target da attaccare, l’industria farmaceutica che si inventa un nuovo farmaco, il chirurgo che sviluppa una nuova procedura interventistica. Ecco oggi, con questa rivoluzione digitale il paziente non è più solo beneficiario ultimo, ma piuttosto ne è il perno fondamentale; perché molte informazioni che raccogliamo ora, nascono dal coinvolgimento del paziente e dalla sua collaborazione nell’indossare sensori vari o a condividere le informazioni sanitarie. Quindi è bene anche informare quanto più possibile i pazienti e fare formazione. I cittadini devono capire che questa rivoluzione è possibile solo se loro sono “on board”. Se non sono d’accordo non si parte, le tecnologie ci sono, ma sono inutili senza il coinvolgimento del paziente. L’intelligenza artificiale è come un motore: senza la benzina dei dati non si va avanti. È il paziente che dovrà mettere la benzina per far girare tutto questo sistema. E per far questo è fondamentale che le persone capiscano i vantaggi a loro disposizione e superino alcuni dei loro timori, paure o semplicemente titubanze”.

Cosa si può fare per aumentare la probabilità di successo di questa transizione digitale della sanità?

La formazione è una priorità perché esistono tanti gap conoscitivi per chi si è formato nelle professioni sanitarie 10, 20 anni fa. Diventa quindi necessario formare tutti gli operatori di questo settore per spiegare i vantaggi delle innovazioni, in modo che possano usare tutte queste tecnologie. Ma qualcosa si sta muovendo anche in questo ambito. L’Accademia Nazionale di Medicina mi ha voluto al tavolo tecnico per spiegare l’importanza dell’utilizzo di queste innovazioni e per definire i percorsi dei medici del futuro. Alla paura dei medici che dicono ‘il computer sostituirà il medico… le tecnologie sostituiranno il medico…’, io dico: sicuramente no, ma i medici che non sapranno usare la tecnologia verranno sicuramente sostituiti dai medici che invece la sapranno usare. Ed è proprio in questa ottica, che per i medici di medicina generale sarà molto importante acquisire le competenze di tutti i nuovi strumenti a disposizione. Li renderanno più efficienti ed efficaci e riusciranno a fare di più, e meglio”.

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.