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Antibiotico-resistenza, test rapidi PCR per ridurre l’inappropriatezza

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità l’antibiotico-resistenza (AMR, Antimicrobial resistance) è una delle prime dieci minacce alla salute pubblica a livello globale. Nel 2021, in Italia, l’utilizzo di antibiotici è stato pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti die (Rapporto Aifa 2021). Un dato in flessione del 3,3% rispetto al 2020. Tuttavia, nel nostro paese i consumi complessivi sono ancora superiori a quelli di molti paesi europei.

Il possibile ruolo dei test rapidi PCR per aumentare l’appropriatezza prescrittiva degli antibiotici

Una parte sostanziale dell’uso eccessivo di antibiotici e quindi della antibiotico-resistenza, deriva da prescrizioni inappropriate effettuate nell’ambito delle cure primarie ad adulti e bambini con sintomi di infezioni del tratto respiratorio. Un possibile strumento per guidare il processo decisionale sulla terapia antibiotica sono i test diagnostici rapidi per la determinazione quantitativa della proteina C-reattiva nel sangue (PCR point-of- care).

A indicarlo è la recente Consensus Conference Enaspoc (European Network for Antibiotic Stewardship at the Point of Care), iniziativa creata con il supporto di Abbott, tenutasi a Bruxelles, che ha riunito clinici specializzati in malattie infettive e antibiotico-resistenza e stakeholder della sanità pubblica provenienti da tutta Europa, Italia compresa, per discutere le soluzioni atte a facilitare una più ampia adozione di queste soluzioni diagnostiche contro l’uso eccessivo di antibiotici.

“Uno dei possibili strumenti a disposizione per una prescrizione più appropriata è quello dell’utilizzo dei test diagnostici rapidi per la determinazione quantitativa della proteina C-reattiva (PCR) nel sangue, test che sono utili per ridurre il margine di incertezza diagnostica e per guidare il processo decisionale sulla terapia antibiotica.”

Afferma Fabrizio Pregliasco, virologo, professore associato di Igiene Generale e Applicata all’Università degli Studi di Milano, che aggiunge:

“L’uso di questi test rapidi è stato oggetto della Consensus Conference ENASPOC. Secondo quanto indicato, i PCR point-of-care test rappresentano uno strumento consolidato che ha dimostrato di ridurre in modo efficace e sicuro la prescrizione eccessiva di antibiotici per le infezioni delle vie respiratorie inferiori negli adulti nell’ambito dell’assistenza sanitaria di base.”

“La PCR – spiega Pregliasco –  è un biomarcatore utilizzato per valutare la gravità dell’infiammazione e per prevedere la gravità di un’infezione. Le infezioni autolimitanti (sia virali che batteriche) sono quelle che tendono a risolversi da sole senza ulteriori trattamenti. Nelle cure primarie, circa il 74% dei pazienti adulti che presentano sintomi di infezioni respiratorie ha valori di PRC <20 mg/L, il che indica infezioni autolimitanti per le quali il trattamento antibiotico non ha alcun beneficio aggiuntivo”.

“Per affrontare l’AMR – continua Pregliasco – è necessaria un’azione collettiva su più fronti: dobbiamo mettere a disposizione delle aggregazioni funzionali territoriali (AFT) o delle farmacie collegate agli studi medici, i dispositivi per eseguire il test della PCR, come è stato fatto con successo in altri Paesi europei, e supportare gli operatori sanitari con una formazione specifica. A livello di sistema inoltre, dobbiamo garantire un flusso costante di informazioni tra i prescrittori e le autorità sanitarie preposte alla sorveglianza.”

“Attualmente, si sta discutendo del possibile ruolo del farmacista nella gestione di questi test perché la possibilità di effettuare vaccini e tamponi e usare il pungi-dito per il prelievo di sangue capillare sono pietre miliari che hanno permesso di reinventare il ruolo del farmacista, a cui si potrebbe aggiungere – conclude Fabrizio Pregliasco – la possibilità di fare il PCR test proprio per promuovere un uso più appropriato dell’antibiotico”.

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.